DOMANI ALLE ORE 11, nella «Galleria Borghese», si inaugura il MucaM, il Museo civico archeologico di Mentana e dell’agro nomentano – causa Covid-19, la cerimonia potrà essere seguita (solo) in streaming sulle pagine ufficiali dell’ente –, progettato dall’Archeoclub d’Italia sede Mentana-Monterotondo in collaborazione con l’assessorato alla Cultura. Troveranno così ristoro i reperti invisibili perché abbandonati in una stanza della biblioteca comunale.
Il Museo di Mentana non ospiterà invece, la lapide dedicata all’imperatore Adriano, un “certificato di nascita” della città, che conferma l’esistenza di Nomentum nell’anno 136 d.C.
L’attuale esposizione – si legge in un comunicato del Muga, il Museo garibaldino di Mentana –, costituisce «il punto di partenza di un percorso di conoscenza e rivalutazione della storia antica di Mentana, attraverso il futuro accrescimento della collezione museale con altre testimonianze custodite in diversi depositi museali e privati.
«Il lungo lavoro di creazione del MucaM – conclude la nota – è stato possibile grazie alla collaborazione con la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, ed in particolare con l’archeologo Zaccaria Mari, cui va il nostro ringraziamento».

I «tombaroli» sconfitti dal generale Roberto Conforti con il suo nucleo di carabinieri
Recuperata, la lapide di Adriano prende a viaggiare tra Tivoli, Villa Adriana e Monterotondo
Finalmente restaurata, nuovamente scompare (dalla stanza del sindaco di Mentana) 

DOV’E’ LA LAPIDE contenente l’epigrafe latina dedicata all’imperatore Adriano? Scomparsa. Nel Museo di Mentana domani non ci sarà. Il contenuto (ad opera di Maurizio Brunacci): «Nell’Arce di Nomentum molti anni fa fu trovata una lapide che i cittadini e l’amministrazione di Nomentum nel 136 d. C. dedicarono all’Imperatore Adriano per aver contribuito a restaurare i templi locali».
Ad un consigliere comunale, lo stesso Brunacci e Umberto Calamita chiedono se la lapide fa parte dei “pezzi” in dotazione del nuovo Museo di Mentana. Risposta: «La lapide è scomparsa!». Nonostante si tratti di un reperto essenziale nella storia della città. Attestato dalla scritta Respublica Nomentanorum.
Altra scomparsa dunque. La seconda. Però misteriosa. Del tutto diversa rispetto a quella dell’«altra volta». Quando l’epigrafe, a metà degli anni ’90, venne trafugata dai tombaroli e ridotta in pezzi (foto in alto). Ritornò a Mentana nel 1996 allorché venne recuperata dal generale Roberto Conforti, a capo del nucleo dei carabinieri impegnati nella «Tutela patrimonio culturale»; nucleo comprendente il tenente colonnello Francesco Benedetti Aloisi, il capitano Alberto De Regibus, il maresciallo-capo Roberto Lai, il maresciallo Gaetano Lombardi.
Il «ritorno a casa» fu oggetto di un grande convegno con la partecipazione di molti dei protagonisti della vicenda, tra i quali Corrado Pala, il noto archeologo autore del volume Nomentum per la Forma Italiae.
Successivamente, Maurizio Brunacci e Umberto Calamita, insieme ai carabinieri, si occuparono del deposito dei dieci frammenti della lapide nel laboratorio di restauro della Sovrintendenza a Villa Adriana. Dal quale, dopo quasi un anno, insieme con Sergio Barbadoro, assessore della Cultura di Mentana dell’epoca, la prelevarono per consegnarla al sindaco.
Collocazione precaria. Modificata prima con la motivazione che nella sala del sindaco non fosse installato un impianto d’allarme, e, poi, con la giustificazione abbastanza singolare che Monterotondo, diversamente dal Museo di Mentana, possedeva un «museo territoriale». Fatto sta che la Soprintendenza del Lazio vi trasferì la lapide, ben restaurata.
Ritenuta insufficiente anche la collocazione eretina, successivamente il reperto prese la via di Tivoli, destinazione il Santuario di Ercole Vincitore. Luogo che, in passato, venne utilizzato quale fabbrica di cannoni per lo Stato pontificio da un’azienda di Luigi Bonaparte, fratello dell’imperatore. Successivamente i pilastri del Santuario ressero le Cartiere tiburtine (le più grandi e importanti della città) di proprietà dei Segrè, la famiglia del fisico premio Nobel.
Forse la lapide è ancora lì, accatastata, come molte altre reliquie analoghe, nei capienti magazzini. Il «forse» è obbligato, perché nonostante siano passati quattro-cinque lustri, nessun amministratore mentanese (né associazioni, né altri) ha preso l’iniziativa per riportarla a Mentana. Immaginarsi quale significato e importanza avrebbero gli studi, le ricerche, gli approfondimenti sulla natura e i templi citati. Quelli che resero omaggio «all’Imperatore Adriano per aver contribuito a restaurare i templi locali».
Ma anche nel caso contrario, sarebbe comunque opportuno che l’amministrazione comunale assumesse l’iniziativa per il recupero della lapide. Considerando che al vertice dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale c’è il tenente colonnello Alberto De Regibus, che con l’omaggio ad Adriano ha già avuto a che fare. Con l’aggiunta, si presume, della disponibilità di Maurizio Brunacci e Umberto Calamita. Necessita dare un lieto fine a questo romanzo.