Decaduta dopo 90 giorni l’ordinanza del Mibac: non ci sono vincoli da rispettare
di TOMMASO VERGA
Il cantiere all’Inviolata è riaperto, i lavori di messa punto e di avvio del Tmb (l’impianto per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti) sono ormai prossimi alla conclusione. Cos’è successo? Semplice: lo stop ai lavori imposto dal ministero il 31 marzo non è stato seguito da nessun atto ostativo alla localizzazione, il che lascia supporre che non ne esistessero i presupposti, ossia vincoli da rispettare da parte del Colari, né paesaggistici né d’altro tipo. Altrettanto evidente l’assenza di condizioni per apporne altri entro i 90 giorni previsti dall’entrata in vigore dell’ordinanza. Superati i quali, lo stop è decaduto. Quindi si ricomincia (anche se si resta in attesa del pronunciamento del Tar sul ricorso presentato dai comitati dei cittadini e discusso il 9 luglio).
Ma se i rifiuti da Roma non arriveranno?
Proviamo a immaginare lo scenario con l’impianto in funzione. Ritornando all’origine, alle 190 mila tonnellate di capacità annua che il Tmb dell’Inviolata è in grado di smaltire. Da dove affluiranno? Sicuramente dalla ‘città lineare’ a est della capitale, da Subiaco a Monterotondo, comprendendo Tivoli, Guidonia Montecelio, Fonte Nuova, Mentana. Con esse, l’altra quarantina di comuni minori che da trent’anni sversano all’Inviolata. Quasi la metà dell’intera provincia di Roma. Una quantità che però non ‘copre’ la portata dell’impianto. Ma appare del tutto fuori luogo solo pensare che Manlio Cerroni abbia costruito una fabbrica sovradimensionata rispetto alla domanda. Significherebbe ignorare le qualità del personaggio e del suo senso per gli affari.
Né l’interrogativo trova risposta nello scontro aperto a inizio settimana dentro il Pd, tra capitolino, provinciale e regionale. Tutti gli eletti, a qualsiasi livello (meno una deputata, chissà perché) hanno firmato un ‘Manifesto contro l’arrivo dei rifiuti di Roma in provincia’, mettendo sotto accusa il sindaco Ignazio Marino e l’assessora Estella Marino – ossia il Campidoglio – ‘colpevoli’ appunto di voler utilizzare gli impianti nell’hinterland per ospitare l’immondizia di Roma. Una presa di posizione a dir poco singolare.
Che accomuna chi non ha mai avuto nulla a che fare con la ‘questione rifiuti’ (i parlamentari esordienti, ad esempio) con altri ben al corrente d’una storia che non inizia con la dichiarazione della Marino di voler portare l’immondizia capitolina fuori del perimetro urbano. La sensazione, piuttosto, è che siano cominciate all’interno d’un partito rissoso, dilaniato dalle correnti come il Pd romano e laziale, le ‘grandi manovre’ in vista del varo della città metropolitana e dell’assegnazione delle relative deleghe. Approfittando del tema – ma si è nell’ovvio ormai – anche per lanciare l’ennesima bordata contro il primo cittadino del Campidoglio che vede nel Pd l’unico vero oppositore alla sua gestione.
Già fatto l’accordo tra Ama e Rida ambiente di Aprilia
Perché è vero: oltre a quelli di Albano, Colfelice e Viterbo e alla nuova tritovagliatura di Rocca Cencia, Estella Marino ha parlato di altri impianti fuori Roma, contemporaneamente indicando Aprilia sede di riferimento. Aggiungendo che ciò è sufficiente a tenere sotto controllo l’emergenza capitolina senza ricorrere a ulteriori apporti. Per parte sua, dichiaratamente disponibile è il locale gestore, la Rida ambiente, società che farebbe capo a uno dei maggiori imprenditori romani, già impegnato nell’editoria, nelle costruzioni, nella finanza, nell’energia, e che tende a ulteriormente diversificare i propri investimenti. In questi giorni Rida ha raggiunto un accordo con Ama, per trattare 300 tonnellate di rifiuti provenienti dalla capitale.
C’è un ‘precedente’: è la Rida ambiente, attraverso la denuncia del suo presidente Fabio Altissimi, ad aver provocato la bufera giudiziaria contro Manlio Cerroni, fino all’arresto. La medesima ‘antipatia’ contro quest’ultimo mostra, e in maniera pubblica (ovviamente per altri motivi), anche Ignazio Marino. Il che porta a interrogarsi sul fatto che con Cerroni l’uso del Tmb dell’Inviolata dovrebbe passare attraverso una – eventuale – trattativa con Roma, segnata sin dall’inizio in senso negativo. Molto complicato. Anzi, da escludere.
Finirà con l’aumento delle tariffe e l’immondizia per le strade?
Quindi, come nel gioco dell’oca, si torna alla casella di partenza: se Roma non conferisce i rifiuti, chi potrà ottimizzare l’impianto dell’Inviolata? Perché quel che si profila è un finale di partita caratterizzato da un Tmb inutile anche sotto il profilo industriale, per mantenerlo in attività richiederà maggiori esborsi – in termini tariffari – da parte dei cittadini. Sennò? Già successo, con Malagrotta: l’immondizia resta nei cassonetti e sulle strade.
Qui va chiesta l’attenzione delle istituzioni, locali e non. Più che dei firmatari del ‘Manifesto’ serve il giudizio di Nicola Zingaretti e Michele Civita.