Villalba. Stato dell’area della scuola nel 2013

di EUGENIO MOSCETTI
Un articolo apparso su hinterlandweb del 1 giugno, dal titolo “Guidonia come Marcianise. I rifiuti tossici sotto terra” a firma di Simona Boenzi, mi ha fatto tornare in mente la storia infinita dell’asilo nido di Villalba – un progetto scolastico finito in farsa – iniziata, per me, nel lontano 28 aprile 1989.
In quella data, nella mia qualità di ispettore onorario per l’archeologia nel comune di Guidonia Montecelio, inviai infatti una dettagliata e urgente segnalazione alla Soprintendenza archeologica del Lazio, nella quale denunciavo che “a Villalba in via Palermo durante i lavori di sbancamento per le fondazioni e il piano interrato dell’asilo nido in costruzione, eseguiti dalla società ‘Sigla’, erano state distrutte e danneggiate importanti strutture murarie pertinenti ad una grande villa romana, già nota alla letteratura archeologica”. Facevo inoltre presente che “già in passato durante la costruzione dell’adiacente scuola elementare e della strada comunale erano venute alla luce e gravemente danneggiate molte strutture di detta villa”. Pertanto invitavo la Soprintendenza “ad intimare il fermo lavori e a compiere un sopralluogo che permettesse un esame della situazione”.

Gli “interventi a pioggia” – nelle aree da proteggere – delle giunte di sinistra
A questo punto e necessaria una premessa: in quegli anni le amministrazioni di sinistra socialcomuniste che governavano Guidonia – l’assessore alla Pubblica istruzione era Domenico De Vincenzi – per accontentare i cittadini che chiedevano urgenti interventi per la grave penuria di edifici scolastici, avevano adottato i cosiddetti “interventi a pioggia”, che consistevano, pur avendo a disposizione scarse risorse economiche sufficienti a malapena per costruire un solo edificio, nell’iniziare la costruzione di scuole in tutte

1989. L’asilo nido in costruzione al momento del fermo dei lavori imposto dalla Soprintendenza

le circoscrizione, pur sapendo che la loro ultimazione, per la mancanza di fondi, era destinata alle calende greche.
Inoltre, probabilmente per semplice “incultura” o nulla sensibilità verso il patrimonio lasciatoci dalla storia, venivano prescelti allo scopo terreni che presentavano evidenti tracce di ruderi archeologici, come appunto a Villalba, a Setteville e a Collefiorito.
Tornando alla scuola di via Palermo, in seguito al fermo lavori intimato dalla Soprintendenza tramite la stazione dei carabinieri di Bagni di Tivoli, furono eseguiti, nel mese di maggio del 1989, brevi saggi di scavo archeologico tutt’intorno allo sbancamento effettuato per costruire lo scheletro in cemento armato del piano interrato, previsto dal progetto a firma dell’architetto Antonio Paris. Tali saggi confermarono la distruzione di importanti strutture archeologiche, dopo di che la Soprintendenza autorizzò la ripresa dei lavori con la prescrizione che tutta l’area circostante l’edifico scolastico fosse destinata a verde.

Nel 1989 si completa il solaio del piano terra. Poi totale abbandono
La prosecuzione dei lavori, per la prevedibile mancanza di fondi, comportò unicamente il completamento del solaio del piano terra e dei pilastri in cemento armato che dovevano sorreggere il piano emergente, dopo di che furono sospesi, condannando l’intera area a un destino di progressivo, estremo degrado ed abbandono. La situazione, che andava via via peggiorando, negli anni a venire procurò numerose proteste degli abitanti che alla sera e all’alba vedevano aggirarsi intorno al moderno rudere sotterraneo sbandati, drogati e senzatetto.
Nel 2002, quella che sembra finalmente la svolta per mettere fine a tale situazione: il Comune chiede alla Soprintendenza di eseguire nuovi i saggi archeologici preventivi, per autorizzare la ripresa dei lavori per il complesso scolastico, secondo un nuovo progetto, opera dell’architetto Giancarlo Priori, lo stesso di quello di via Rosata a Collefiorito.

1989, saggi di scavo. Tomba di bambino in amphora
Nel giugno 2002 vengono quindi eseguiti nuovi saggi che interessano tutta l’area circostante la sagoma dell’edificio da ultimare, scavando 11 trincee che confermano la presenza di interessanti e imponenti strutture murarie della villa romana, pertinenti ad un peristilio con colonnato libero e un viridarium, con uno specchio d’acqua che ne delimita il perimetro, visibile dal peristilio e dagli ambiente che su di esso si affacciano.
I saggi eseguiti nell’area, nel 2002, uniti a quelli già realizzati nel 1989, hanno pertanto permesso di mettere in luce i resti di quella che doveva essere una villa rustica piuttosto estesa. Poiché dallo scavo non è emerso materiale ceramico di particolare rilievo, una datazione è ipotizzabile solo sulla base delle tecniche murarie che fanno pensare ad almeno due grandi fasi di utilizzo della villa: una fase tardo-repubblicana (metà I sec. ca.), caratterizzata dalle strutture realizzate in opera quasi reticolata, a cui si può ricondurre probabilmente il primo impianto della villa con la realizzazione del giardino e dei vani caratterizzati da questa tecnica costruttiva; una fase imperiale (II sec, d.C.), con murature in opera laterizia, riferibile ad una nuova utilizzazione dell’area con ampliamenti.
Al termine dell’indagine, la Soprintendenza autorizzò nuovamente i lavori di completamento e ampliamento dell’edificio, prescrivendo la salvaguardia delle strutture della villa presenti in un’area a verde circostante l’edificio scolastico.

Nel 2003 arriva la subsidenza, serve un nuovo progetto. Che risulta antieconomico
Purtroppo, prima della ripresa dei lavori, nel 2003, sfortuna volle che esplodesse a Guidonia il problema delle subsidenze, nella cui area a rischio, secondo i geologi, era compreso anche il sito del complesso scolastico. Furono fatte delle verifiche con strumenti sofisticati che rivelarono nel sottosuolo delle “cavità” non meglio precisate, per cui il progetto andava completamente rivisto in base al rischio geologico presente, con un aggravio di spesa che il progettista architetto Priori ritenne altamente antieconomico tanto da invitare il Comune a rinunciare al progetto scolastico e destinare tutta l’area a Parco archeologico.
Per quanto mi riguarda feci presente all’ufficio tecnico del Comune che le cavità segnalate dagli strumenti dei geologi probabilmente altro non erano se non comuni riserve d’acqua sotterranee della villa scavate dai romani. Forse l’ipotesi, tutt’altro che campata in aria, avrebbe meritato un approfondimento che non c’è stato.
Ne seguì nuovo abbandono e degrado dell’area fino al 2014, quando i lavori di bonifica del sito, con demolizione del rudere in cemento armato edificato nel 1989, sono stati bloccati per le proteste dei cittadini per l’interro di amianto e altri materiali nocivi (anche il cemento e i ferri dell’edificio demolito?) che sarebbe stato operato dalla ditta che aveva in appalto i lavori

2002, saggi di scavo. Resti del peristilio e viridarium (giardino) della villa romana

In conclusione, dopo un quarto di secolo, la vicenda ancora non solo non si è conclusa, ma il notevole sperpero di denaro pubblico operato dalle varie amministrazioni comunali succedutesi in questi anni, ha finora prodotto questi risultati: gravi danneggiamenti e distruzioni del patrimonio archeologico costituito dalle strutture della villa romana; grave danno ambientale in seguito all’interro di materiali nocivi; infine, nemmeno l’ombra di un edificio scolastico e di un parco archeologico.
Intanto subsidenze o non subsidenze sul lato opposto di viale Kennedy la cava di travertino continua la sua “gioiosa coltivazione” in profondità fino al ciglio della strada. Nihil sub sole novum.