di TOMMASO VERGA
Ora dovremo pagare (oltre a tutto il resto) la sanzione e le spese processuali per il mancato rispetto della normativa comunitaria sulle discariche. Solo noi. Abitanti del Lazio. Dopo il danno alla salute e all’ambiente, la beffa. Che, entrambi, non sono addebitabili a malanimo, a una qualche cattiveria della Corte di giustizia, ma effetto della politica dei nostri governanti. Regionali e locali. Perché, visto il deposito in discarica del tal quale non li obbligava a farsi carico del recupero e del riciclo dei rifiuti, hanno chiuso occhi, orecchie e bocca (il naso no, quello, semmai, i cittadini; gli invasi sono tutti fuori dei centri cittadini). E poi, vuoi mettere? un’incombenza in meno, specie quando intrinsecamente collegato alla destinazione del ‘prodotto’ c’è un comitato d’affari designato dalla criminalità organizzata.
Con la sentenza pubblicata oggi – Corte di Giustizia UE , sez. VI, sentenza 15.10.2014 n. C-323/13 – il tribunale di Lussemburgo ha spazzato via ogni balbettio, giustificazione-criminalità inclusa (“l’esistenza di organizzazioni criminali o di persone connotate come operanti «al limite della legalità» che sarebbero attive nel settore della gestione dei rifiuti non può giustificare la violazione, da parte di uno Stato membro, degli obblighi ad esso incombenti in forza di una direttiva” si legge al paragrafo 42 delle motivazioni).
La decisione prende corpo l’1 agosto 2012, allorché la Commissione condanna l’Italia per la questione-Malagrotta, dopo un’indagine iniziata nel 2009. Quel fascicolo si è via via irrobustito per comprendere altre quattro discariche del Lazio – oltre Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Inviolata e Fosso Crepacuore –, tutte risultanti non a norma, ritenendo i giudici invece adempienti quelle di Cecchina (Albano Laziale) e di Borgo Montello (Latina).La Regione Lazio doveva tutelare acque, suolo, atmosfera, salute umana
In premessa, la direttiva Ue. Che all’articolo 1 obbliga gli Stati membri “… a prevedere, mediante rigidi requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti volti a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente, in particolare l’inquinamento delle acque superficiali, delle acque freatiche, del suolo e dell’atmosfera, e sull’ambiente globale, compreso l’effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l’intero ciclo di vita della discarica”.
Scendendo nel dettaglio, la Corte osserva che tali azioni sono state omesse dalla Regione Lazio che “non avendo creato una rete integrata ed adeguata di impianti per
la gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti”. Inoltre, “l’interramento, analogamente a qualsiasi altro trattamento di rifiuti, andrebbe controllato e gestito in modo adeguato per prevenire o ridurre i potenziali effetti negativi sull’ambiente nonché i rischi per la salute umana”. Il deposito in discarica è consentito (art. 6), ma con precise indicazioni: “Tale disposizione può applicarsi ai rifiuti inerti il cui trattamento non è tecnicamente possibile o a qualsiasi altro rifiuto il cui trattamento non contribuisca agli obiettivi di cui all’articolo 1 della presente direttiva, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana o l’ambiente”.Lo Stato italiano riconosce che gli impianti del Lazio non sono conformi…
Aspetto singolare: nel dibattimento, la difesa dello Stato italiano ha preso le distanze dai comportamenti della Regione Lazio: “La Repubblica italiana, pur avendo contestato, in sede di controricorso e di controreplica, l’allegazione della Commissione secondo cui detta regione non sarebbe autosufficiente nel trattamento dei rifiuti destinati a essere collocati a discarica, ha riconosciuto, all’udienza di discussione, ed in risposta ad un quesito posto dalla Corte, che alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, nella Regione Lazio, la rete di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani non differenziati non era in realtà conforme all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/98” (motivazione n. 46).
Alla lunghissima elencazione delle ragioni della condanna, ha risposto una nota della Regione Lazio: “I fatti sono relativi al 2012 e che con l’attuale giunta Zingaretti si è provveduto a innovare profondamente il ciclo dei rifiuti della regione. Dal mese di aprile 2013 a Roma e nei mesi successivi in tutta la regione, infatti, non c’è un grammo di rifiuti che non sia trattato secondo le direttive dell’Unione europea e la normativa nazionale”.