Lo hanno trovato mercoledì, a Mentana, nascosto nel solaio della sua abitazione. Si chiude così, con l’arresto di Domenico Antonio Mollica, una fase dell’operazione “fiore calabro”, iniziata il 9 gennaio, che ha permesso alla Squadra mobile di eseguire una serie di provvedimenti restrittivi nella provincia a nord-est di Roma. Oltre a Mentana, interessate anche Campagnano, Rignano Flaminio e Morlupo, dove le ‘ndrine hanno messo a frutto i proventi delle attività illecite. Qui, infatti, sono stati posti sotto preventivo sequestro quote sociali di aziende commerciali e di varie attività imprenditoriali, conti correnti, una decina di immobili – abitazioni civili e terreni agricoli –, e mezzi di locomozione, per un valore superiore a 100 milioni di euro. Interessate dalle misure, “La boutique del gioiello”, Circonvallazione Trionfale a Roma; “Bios ottica foto” e “Abis”, entrambe a Morlupo, la “Scri Italbest” a Campagnano. Il 9 gennaio, Domenico Mollica, con Placido Scrivia e Domenico Morabito, doveva far parte del “trio” degli arrestati. Sfuggito alla cattura, gli agenti lo hanno trovato ieri l’altro, nascosto nella soffitta della sua abitazione di Mentana. Insospettiti dalle prese d’aria esterne, con la collaborazione dei vigili del fuoco, hanno deciso di abbattere il sottotetto. Dopo qualche colpo di mazza, Domenico Mollica ha detto “scendo, scendo” e si è consegnato. Nel locale, riscaldato dalla canna fumaria, provvisto di giaciglio, trovati vari documenti e un santino della Madonna di Polsi. Domenico Mollica era ricercato per intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso, reato commesso per favorire la ‘ndrangheta che opera a Roma per il controllo delle attività illecite nella Capitale. L’operazione è stata coordinata dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Reggio Calabria.
L’indagine della Mobile romana in collaborazione con quelle di Reggio Calabria, Milano, Mantova e Viterbo, ha preso di mira personaggi appartenenti a note famiglie della ‘ndrangheta, trasferite nella provincia a seguito della cosiddetta “faida di Motticella” che negli anni ‘80/’90 ha visto contrapporsi in Aspromonte (Africo, Bruzzano Zeffirio e la sua frazione “Motticella”) le ‘ndrine opposte dei Morabito-Palamara-Speranza a quelle dei Palamara-Scriva-Mollica-Morabito (cui appartengono gli indagati). Oltre cinquanta i morti.
Non è dato sapere, al momento, se l’operazione “fiore calabro” abbia connessioni con la scoperta recente delle relazioni tra “mafia capitale” e ‘ndrangheta. Anche escludendolo, si consta, per l’ennesima volta, il ruolo funzionale della provincia nella “sistemazione” di personaggi e filiali delle organizzazioni criminali. La negligenza amministrativa unita alla povertà della politica, provocano il “disordine territoriale” caratterizzante la “seconda periferia” della Capitale. Una sintesi determinante, da utilizzare al meglio per presidiare la metropoli e cogliere proventi dai traffici disonesti.
Mafia, ‘ndrangheta, casalesi, integratisi organicamente nel tessuto sociale e politico nelle città della “prima cintura” da molti anni ormai, risulta oggi attenti ad organizzare l’avvento delle nuove leve, malavitosi di seconda e terza generazione, alle quali lasciare il testimone e i privilegi acquisiti in e da decenni. Insieme con il controllo del mercato. Uno scenario preoccupante per gli onesti. Inquietante. Ma solo per loro.