di TOMMASO VERGA
La vicenda della condanna viene esposta dal sindaco al Prefetto il 29 gennaio. E’ conseguenza dell’iniziativa di Sebastiano Cubeddu, capogruppo, e di Giuliano Santoboni, entrambi del M5stelle, che ne hanno fatto oggetto di una mozione il 28 novembre dell’anno scorso, seguita da un duro intervento in Consiglio comunale. Una “scoperta” per l’intero Palazzo Matteotti, perché della sentenza – comminata nel 2008 -, almeno stando alle dichiarazioni non sa niente nessuno, né v’è traccia nel curriculum presentato da Umberto Ferrucci al momento dell’assunzione quale dirigente dell’Urbanistica nel 2009 e confermato nel 2014. Altra questione sotto esame.
Il reato è un abuso d’ufficio, 8 mesi – pena sospesa e non menzione – comminata per un “condono edilizio per un garage interrato nel cui procedimento erano comunque coinvolti un istruttore, un responsabile del procedimento, vigili urbani che però non hanno inspiegabilmente subito nessuna condanna pur essendo la firma del dirigente l’ultima ad essere apposta” scrive Rubeis a Pecoraro. Invocando, a difesa, la provvisorietà di una sentenza non passata in giudicato, il principio di presunzione d’innocenza sino al terzo grado di giudizio, la retroattività, la Carta dei diritti, il “caso” De Magistris a Napoli. Il sindaco di Guidonia offre quindi l’esegesi del punto di vista dell’Anac, l’autorità anticorruzione, definendolo come “mero orientamento non vincolante né precettivo ma che addirittura va ultra legem” perché fornisce una interpretazione estensiva della normativa intervenuta con il dl 39 dell’8 aprile 2013 in materia di “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni”. Va aggiunto che il parere della Avvocatura dello stesso Comune, è conforme a quello dell’Anac. Ma, da quanto si legge – non si sarebbe potuto far meglio -, deve vincere la difesa di Ferrucci. L’ente farà bene a trovarsi un altro difensore.
Messo di fronte a sì corpose obiezioni, il Prefetto risponde una settimana dopo, il 4 febbraio. Poche righe, diplomazia e bon ton sovrani, nulla osta alla legittimità dei dubbi interpretativi. Si premette che “le norme in questione non contemplano il caso in specie”, con pena sospesa e non menzione sottolinea, “ma al riguardo si è espressa l’Anac” “nei casi di sentenza anche non definitiva” per reati contro la pubblica amministrazione. Quindi il dirigente, è la conclusione, deve essere messo fuori. Ciò nonostante, conclude Pecoraro, se il sindaco non fosse ancora convinto si può rivolgere al ministero della Pubblica amministrazione e all’Anac. Suggerimento che, a quanto si dice, Rubeis ha accolto in pieno. Dopo resterà solo Strasburgo.