“Mafia metropolitana: storie di sprechi, malaffare e corruzione
nel nord est romano” il titolo dell’incontro, che si terrà
dalle 18 nell’ex chiesa di San Michele, mercoledì prossimo
a Tivoli, organizzato da “Cittadini contro le mafie” e da “Tivoli Liberatutti”
Un appuntamento senza enfasi “rivoluzionario” la discussione sulla mafia, nelle sue diverse articolazioni, in un luogo attraversato dall’organizzazione criminale da/per decenni, tanto di dover collocare l’inizio dell’insediamento precedente addirittura l’ultima guerra mondiale. Un tema affrontato l’unica e ultima volta dagli aderenti al “Manifesto” (Tivoli era sede di una “Federazione” che da Guidonia arrivava a Subiaco per illustrare il peso in termini di adesioni e di estensione territoriale).
Poi, prima e dopo, più nulla, un “diritto all’oblio” si direbbe oggi, salvo lo sgorbio di vernice nera su un muro di Villalba (cancellato solo qualche anno fa), per avvertire chi passava sulla Tiburtina: “maffia”, con la doppia “ff”, a valere come codice e a ribadire che si entrava in terra di “cosa nostra”. Dopo quel (coraggioso) tentativo di 35 anni anni fa, comprensivo della morte – il cadavere ritrovato tempo dopo, gli assassini mai – di un lavoratore del Comune di Guidonia, più nulla, partiti, associazioni, movimenti, singoli cittadini, niente. Ora la novità, dovuta alla ri-nascita di associazioni vogliose di squarciare la cappa di conformismo e il giudizio conseguente su specifici temi.
Già dall’introduzione, si comprende che tutto tiene. Che non si tratterà della ripetuta generica illustrazione del “fenomeno mafia”, della riesumazione di quanto ampiamente illustrato dai media a tutti i livelli. Il dibattito avrà per oggetto la mafia nell’area metropolitana romana, cosa avviene ora tra le articolazioni delle organizzazioni criminali nell’hinterland della capitale. Non solo, quindi, la “Mafia capitale” di Buzzi-Carminati, ma l’illustrazione e l’analisi della “mafia di oggi”, nella forma che ha per obiettivo l’accaparramento e/o la divisione contrattata di porzioni di territorio nella quali esercitare le conosciute attività – estorsione, riciclaggio, slot machine, prostituzione, traffico di stupefacenti –, sia nell’altra, dei “colletti bianchi”, quella che interviene nelle scelte pubbliche, a cominciare dalla destinazione delle aree urbane per proseguire nell’aggiudicazione degli appalti. Forme di penetrazione al passo con i tempi nostri. Che hanno subordinato la politica e le istituzioni locali. Sulle quali il giudizio, per quanto lo si voglia articolare, nel complesso non può non essere più che negativo, sia per il mancato contrasto alla criminalità – a cominciare dall’informare –, che per come intendono il rispetto della legalità, punto cardine assente del modo di governare.
Si ignora che le nostre città, Tivoli e Guidonia Montecelio in particolare, ma anche Mentana-Fonte nuova e, in minor misura, Monterotondo, siano penetrate dall’organizzazione criminale. E chi sa tace. Così, anche a nord est di Roma, si sono espresse forme di controllo, influenze illegali, con lo status quo difeso dal “partito trasversale” agli schieramenti.
Che il vicino di casa appartenesse alla mafia o alla ‘ndrangheta, è apparso quasi inverosimile ai ragazzi del liceo classico di Tivoli. Un centinaio, attenti, seduti per terra nella palestra dell’Andrea Doria, apprendevano pezzi di Storia non riportati nei libri di testo. Storia delle loro città mai illustrata, spiegata. Che si può tradurre con “una scelta di metodo, funzionale a non disturbare i manovratori”. Non sapevano niente della P2, del traffico di rifiuti, dell’eversione e degli omicidi senza autore disseminati dall’unità tra neofascisti e criminalità organizzata.
Fatti non di altri secoli o accadimenti di tempi andati. Se Paolo Borsellino, nella sua ultima indagine, ha “scoperto” che il capo del mandamento di Canicattì abitava a Guidonia, non solo non occorre risalire a chissà quanto nel tempo, ma, semmai, trova conferma che la questione è “calda”, di stretta attualità.
Mafia, ‘ndrangheta… e i recentemente arrivati da queste parti: i casalesi. Un “lato oscuro” sul quale la conoscenza e la consapevolezza delle nuove generazioni è determinante. I loro padri non sono riusciti a rovesciare il tavolo o hanno preferito girare lo sguardo altrove. L’appuntamento di mercoledì va “esportato”, deve rappresentare l’innovazione e lo start up.