di TOMMASO VERGA
TANTO TUONO’ che piovve. Così, all’indomani del “guanto di sfida” lanciato da Andrea Ferro (ma escludendo, s’immagina, il rapporto causa-effetto), il deputato pd che l’ha interpellato pubblicamente e personalmente: “Non adoperate la crisi del Comune per giochi interni a Forza Italia” (il messaggio era rivolto anche a Stefano Sassano), Marco Bertucci s’è dimesso oggi dal Consiglio comunale di Guidonia Montecelio. Quanto il gesto sia preludio di un terremoto politico, l’ennesimo nella formazione di centrodestra, saranno le prossime ore a dirlo. Di sicuro, nell’immediato, all’ex presidente dell’Assemblea subentra Mario Valeri. Il quale, accettando o meno l’incarico, invierà contemporaneamente un segnale di fiducia o il contrario verso la coalizione che mantiene al vertice Andrea Di Palma in luogo del titolare Eligio Rubeis, com’è noto impedito ad esercitare la funzione di sindaco da provvedimenti giudiziari.
Marco Bertucci ha compendiato in una riga l’annuncio delle sue dimissioni. Nessuna motivazione a seguire. Altrettanto lapidario – né poteva essere diversamente ignorando anch’egli i motivi dell’inaspettato gesto – il comunicato ufficiale di Michele Venturiello, il capogruppo di Forza Italia. Dal quale però non si può non rilevare il conclusivo singolare appello – “queste dimissioni non siano oggetto di sterili e pretestuose polemiche” – che, dato il clima, gli episodi e le liti susseguitisi nei mesi scorsi nelle sue stanze, si direbbe rivolto esclusivamente al proprio schieramento.
Non molte le ipotesi che possono aver condotto all’”abbandono” Marco Bertucci. Almeno sotto il profilo delle conoscenze e della politica. Intanto, si può arguire avesse fiutato che “aria tira” già al momento di lasciare lo scranno di presidente del Consiglio, il 27 marzo. Sono venute poi l’aggressione fisica e l’intim(id)azione a non occuparsi più di politica (“suggerimenti”, a quanto si dice, ripetuti), subiti proprio all’indomani dell’attentato all’auto di Elisabetta Aniballi, la portavoce del sindaco Rubeis. Infine, l’arresto di quest’ultimo.
Non si presume che il mosaico abbia definitivamente convinto Bertucci. Più certa l’indicazione della goccia che ha fatto traboccare il vaso: il diniego della maggioranza dalla coalizione a convenire sullo scioglimento dell’Assemblea cittadina. Ripetutamente e coerentemente invocato, assieme, appunto, a Stefano Sassano. Oltretutto, quando sembrava certo di aver raggiunto il numero sufficiente di consiglieri del centrodestra disposti alle dimissioni, il 21 settembre, l’improvviso dietrofront di tre “congiurati” (in cambio di un posto in giunta) ha mortificato il tentativo. Un “tradimento” non previsto ma che per Bertucci ha evidentemente costituito lo showdown conclusivo. Oggi, un mese dopo, l’uscita definitiva.
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