UN ALTRO veicolo distrutto. Via Filangieri, Villanova di Guidonia, ore 3,15, alba di lunedì, il martello utilizzato per rompere il vetro del finestrino ritrovato all’interno dell’automezzo, il lancio di una molotov e il “maggiolino” blu diventa rottame.
L’episodio è avvenuto sotto l’abitazione della vittima, Emanuela Margutti, proprietaria del Wolksvagen nonché figlia di Patrizia Storai, titolare dell’agriturismo “Nonna Patty” a La Botte. Sull’accaduto indaga la polizia di Tivoli.
Le ipotesi possibili sono due. Una – professata dai sostenitori del “non ci sono problemi di mafia” nel nordest della città metropolitana, a Tivoli-Guidonia in particolare –, che sostiene si sfascino automobili per incrementare il fatturato della concessionaria. L’altra, di segno opposto, che analizzata la dinamica dei fatti, multipli e della stessa “impronta”, invita a non sottovalutare, a tenere alta la guardia di fronte a modalità tutte riconducibili alla criminalità organizzata. Che ormai appare presente e decisamente attiva nel perimetro non soltanto cittadino.
Si tratta del terzo atto della stessa natura con le fiamme che la fanno da protagonista. Si è iniziato con l’auto di Elisabetta Aniballi, portavoce del sindaco di Guidonia Montecelio, il 6 maggio 2015; seguito dall’incendio del negozio di abbigliamento di proprietà cinese sulla via Tiburtina del 16 settembre 2015, e da quello del magazzino contenente scenografie una settimana prima in via delle Genziane a Collefiorito. Mancava il fuoco ma ugualmente di impronta criminale la distruzione della “500 Fiat” di Luciano Apolito, rappresentante del sindacato di base, lo scorso 27 febbraio.
La successione degli eventi e l’individuazione dei soggetti colpiti farebbero pensare ad autori diversi. Date le modalità è invece probabile che si tratti di individui che agiscono in proprio e su commissione. Un deja vu, che riporta indietro la memoria, alle analogie con gli episodi accaduti nella medesima area alla fine degli anni ’70.