di GIULIANO GIRLANDO
CON L’ORDINANZA depositata il 17 marzo, il giudice del tribunale del lavoro, Roberta Mariscotti – che a dicembre 2013 condannò il Comune di Tivoli a ripristinare la bacheca del sindacato di base –, ha rigettato il ricorso di una lavoratrice licenziata dal centro clinico “Colle Cesarano”, la struttura sanitaria alla periferia di Tivoli, una componente del gruppo che l’azienda ha dichiarato in esubero dopo aver ottenuto l’accreditamento regionale con il quale si certificava l’assoluta adeguatezza del personale della struttura sanitaria.
In una dettagliata premessa, la giudice specifica il contesto e i rimandi alla normativa che regola la procedura. Indicando poi quale “fonte” del giudizio il decreto commissariale n. 101, meglio conosciuto come “piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario della Regione Lazio”, adottato dal presidente della giunta nelle vesti di commissario ad acta Nicola Zingaretti nel 2010. La normativa stabilisce – in hinterlandweb si era scritto in precedenza sotto forma di domanda – che, compreso l’esame di altri requisiti, l’accreditamento deve essere accordato se la pianta organica della clinica trova corrispondenza con i parametri fissati nel decreto. Se i lavoratori sono in esubero si può mettere riparo con la riqualificazione. Ma anche sotto questo aspetto Mariscotti sottolinea l’inadempienza della Regione Lazio. Effetto: poco meno di 30 esuberi – per gran parte il ricorso è in fase di dibattimento – sono rimasti a casa.
Nel dispositivo si legge infatti che: “non si ravvisa una colpa dell’azienda convenuta, ma se mai degli organi regionali e dell’Assessorato alla Sanità, atteso che il datore di lavoro non aveva a disposizione criteri per la riqualificazione del personale atteso che i criteri e i corsi avrebbero dovuto necessariamente essere disposti secondo le previsioni e dagli enti pubblici preposti altrimenti sarebbero stati lasciati ad una totale discrezionalità datoriale da cui sarebbe dipesa l’equiparazione di un diploma di laurea abilitante a un corso di riqualificazione non meglio specificato…”.
Il giudice poi sottolinea che “la parte ricorrente – la lavoratrice, ndr – sostiene che la resistente – Colle Cesarano, ndr – non si trovava in una situazione di esubero ma anzi aveva una carenza di personale infermieristico pari a 27 unità al momento dell’avvio della procedura… Tuttavia leggendo il decreto sopra richiamato si evince che i posti letti accreditati alla struttura sono suddivisi in relazione ai reparti e non possono computarsi 160 posti letto tutti al medesimo reparto psichiatrico”.
Quindi, in buona sostanza, la sentenza “condanna” la Regione Lazio e il piano di rientro, “mente” e “braccio operativo” del licenziamento e del mancato reimpiego degli esuberi. Allo stesso modo si comprende anche la motivazione del “tutto a posto” che ha vidimato l’accreditamento regionale, che ha certificato lo stato di salute dell’azienda. Le cose prima delle persone.
Una sentenza fondata su argomentazioni puntuali, che potrebbe costituire un “precedente” estremamente negativo per l’esito dell’altro procedimento analogo, il ricorso contro i licenziamenti collettivi di “Colle Cesarano”.