“VOTI A FAVORE: 11, VOTI CONTRARI: 13, il bilancio non è approvato”. Viene da sé lo scioglimento anticipato dell’Assemblea. Per legge, non appena pubblicato il relativo decreto ministeriale. A notte inoltrata, dopo sette ore di discussione, il Consiglio comunale di Guidonia Montecelio eletto il 25 maggio 2014 non c’è più, sciolto con anticipo di tre anni rispetto alla scadenza naturale. Respingono il documento finanziario Partito democratico, Movimento 5stelle, Anna Maria Vallati, Mario Valeri e Stefano Sassano, i tre dissidenti di Forza Italia, più il civico Aldo Cerroni.
Suono della campanella puntuale alle 19.04, tutti i consiglieri presenti, desolatamente vuoti gli scranni dedicati agli assessori. Apre Michele Venturiello, capogruppo di Forza Italia, che propone di saltare i preliminari, rispondono picche Patrizia Carusi e Sebastiano Cubeddu, omologhi del primo per Partito democratico e Movimento 5stelle.
Iniziano così gli interventi. Sostanzialmente riepilogativi del biennio trascorso quelli di tutti i consiglieri di minoranza, Pd e 5stelle del quale si nota la radiografia del bilancio ben organizzata ed esaustiva svolta da Cubeddu: l’ignoranza da parte dei dirigenti dell’effettiva portata dei debiti fuori bilancio, la denuncia di un recupero irrisorio dell’evasione di fronte a quanto effettivamente contabilizzato, drogato il documento di programmazione della spesa. Conclusione: non si riscuote però si alzano le tasse. Da segnalare la disamina del civico Aldo Cerroni sulla condizione personale di Eligio Rubeis: in uno Stato di diritto è una barbarie la detenzione preventiva che dura da dieci mesi.
Nei tempi a venire, non si potrà dire “venerdì 13” ma lunedì 13. Scaramanzia o meno resta il fatto che la data scelta per riunire il parlamentino di Guidonia Montecelio non ha portato fortuna ai decisori. Tutti definitivamente a casa (almeno per la consiliatura in corso). A cominciare dall’aspirante primo cittadino, il facente funzioni del sindaco Eligio Rubeis, agli arresti domiciliari da dieci mesi, Andrea Di Palma. Il quale, l’altro giorno, non ha rinunciato all’ennesimo coup de théâtre. Dimettendosi. Da assessore?, da vicesindaco? Curiosità a questo punto del tutto inutile.
Perché, comunque, la maggioranza degli eletti ha bocciato il documento, proprio sul filo della scadenza temporale sancita dalla Prefettura di Roma. Quindi, il biennio del centrodestra finisce qui. Per un anno Guidonia Montecelio sarà amministrata da un commissario prefettizio.
Si poteva evitare? Si doveva evitare. Era certamente possibile. Se soltanto avesse prevalso il senso di responsabilità della maggioranza di fronte a uno stato delle cose del tutto ingestibile. Liti, fratture interne, divisioni anche sul piano dei rapporti personali. Il tutto acuito dall’assenza di Eligio Rubeis e dalle sue indiscutibili capacità di mediazione. Non appartenenti nemmeno per ipotesi a chi ne ha preso il posto. In Andrea Di Palma ha prevalso unicamente l’ambizione personale di sostituire il titolare a tutti gli effetti, trasformando la delega a gestire la normale amministrazione in un incarico a pieno titolo, sino alla richiesta avanzata alla Prefettura di poter votare in aula, bilancio compreso, pur essendo un “nominato”, mai eletto dai cittadini.
Se il centrodestra avesse invece applicato il buonsenso alla politica, oggi Guidonia non dovrebbe sottostare a un periodo di commissariamento lunghissimo – non necessariamente deleterio –, le elezioni si sarebbero svolte dieci giorni fa, seguite dalla conoscenza del nuovo sindaco, oppure, tutt’al più, ci si preparerebbe al ballottaggio di domenica prossima, così come in centinaia di altre città. Invece si aspetterà un anno. I cittadini sanno già sin d’ora chi ringraziare.
De Vincenzi: “Adesso vi insegno come si fa”
Aperto il “valzer dei meritevoli”, consueta esposizione di attributi che segue ogni requiem, politico-partitico incluso, un ballo che fornisce agli osservatori parametri indiscutibili per assegnare non solo il diploma della virtù ma anche quello dell’empietà.
A bruciare tutti sullo scatto, munito di bacchetta come da letteratura corrispondente a ogni direttore d’orchestra, Domenico De Vincenzi, il candidato Pd sconfitto proprio da Eligio Rubeis al ballottaggio di due anni fa. Dal logoro manuale-bianco titolato “adesso vi insegno come si fa”, dopo la canonico-convenzionale disamina degli errori del Pd, anche nella circostanza il consumato politico distribuisce compiti, futuri incarichi e medaglie. Copione visto e rivisto, De Vincenzi era assessore e vicesindaco di G.B. Lombardozzi ai tempi delle giunte di sinistra, una trentina d’anni orsono, e non ha mai cambiato registro.
Talmente aduso da nemmeno far caso alla attuale sostanziale diversità rispetto al passato: la formazione de-vincenziana – Vincenzi & De Vincenzi – non ha ‘spizzato palla’ (per rimanere nelle metafore del momento), penalizzata fino alla totale marginalizzazione dal lavorio del deputato Andrea Ferro. Salvo il voto, nulla è dipeso da partecipazione, scelte, strategie, obiettivi, al punto da far sospettare che la liquidazione del governo Rubeis-De Palma non fosse proprio in cima ai pensieri dei due capicorrente e dei seguaci locali.
Arduo dedurre intendessero che la giunta di centrodestra rimanesse al suo posto. Più plausibile volessero che tutto si concludesse più avanti, ad esempio dopo il voto sugli assetti della nuova città metropolitana targata Virginia Raggi o Roberto Giachetti, come sentenzierà il ballottaggio di domenica prossima a Roma. Per quel che vale in termini di utilità pratica, il parlamentino dell’area vasta non avrà rappresentanti di Guidonia Montecelio, la città più grande della provincia, ora e nei prossimi cinque anni (a meno che in Campidoglio non si registreranno sommovimenti o terremoti anticipati). Quindi non ci sarà la “corrente”, almeno cittadina, e deperiranno le “trattative” forzatamente affidate a sodali di altra provenienza territoriale.
Nel merito, non un cenno sull’offerta politica del Pd, sulla prospettiva di governo della città, salvo l’unica conosciuta, tutta politicista, della coalizione che tenterà l’assalto al Palazzo. La quale, secondo De Vincenzi, dovrà contenere quelli che si sono opposti al duo Rubeis-Di Palma. Ovvero i dissidenti del centrodestra. Un’ammucchiata. Che prescinde dalla nota diversità delle motivazioni che hanno condotto i quattro al voto causa dello scioglimento dell’Assemblea.
Ultimo consiglio: a capo deve andare un sindaco di nuova generazione. Non del Pd. Però, se si chiedesse un sacrificio a chi, sconfitto nel 2014, in un fiabesco fantasticare “ha aperto la strada al declino del centrodestra”…