IERI MATTINA s’è svolta l’udienza presso la Corte d’appello di Roma su richiesta dei difensori di Eligio Rubeis, il sindaco di Guidonia Montecelio da dieci mesi sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari (precisazione per i lettori: l’esame non è avvenuto nelle aule del tribunale di Tivoli, come erroneamente riportato ieri l’altro, ma presso la Corte d’appello di Roma. Infatti la procedura prevede che, dopo il rigetto del Riesame e della Cassazione, a decidere sull’eventuale ulteriore decisivo ricorso sia appunto l’Appello del capoluogo di provincia).
Come riportato – hinterlandweb del 9 giugno –, due, sommariamente, le interpellanze degli avvocati Augusto Colatei e Santino Foresta: vizi procedurali del tribunale di Tivoli hanno causato la violazione dei diritti dell’imputato sia nella fase istruttoria che in quella giudiziale; si impone quindi la contestuale revoca delle misure cautelari e l’annullamento dell’intera procedura. Con il duplice effetto di rimettere immediatamente in libertà Eligio Rubeis e la replica di tutto il procedimento sin dall’inizio.
Non si conosce cosa abbia ieri deciso la Corte d’appello. Quello che non “appare” è invece proprio Eligio Rubeis che, si presume, in caso di pronunciamento a favore, avrebbe ripreso seduta stante le funzioni affidate al suo vice dal prefetto di Roma subito dopo l’arresto. Il che lascia campo aperto a qualunque ipotesi, compresa quella del rigetto di qualunque istanza dei difensori del sindaco. In sostanza, la Corte d’appello di Roma non avrebbe riscontrato vizi nella gestione del procedimento e del processo, confermando così il ruolo e le modalità adottate da parte del tribunale tiburtino.
Comunque il processo prosegue, con l’udienza “normale” fissata per il 15 giugno. Già annunciata dall’avvocato Santino Foresta l’escussione dei testimoni, inclusi alcuni che il pm Luigi Pacifici non ha ritenuto utile convocare. La strategia della difesa si basa sull’ipotesi che una “mente criminale” abbia ordito un complotto ai danni del sindaco. In pratica, un operaio avrebbe formulato una serie di accuse “gravi e odiose”, fornite alla Procura nel marzo del 2015. Senonché, la richiesta dei magistrati di produrre prove su quanto denunciato, non avrebbe sortito effetto alcuno, per cui il fascicolo sarebbe stato archiviato il 21 luglio, 24 ore dopo l’arresto del sindaco.
Da quelle denunce presero il via le intercettazioni. Scansione dei fatti che suggerisce all’avvocato la domanda, retorica, sul perché non s’è proceduto, d’ufficio, come prevede la legge, per il reato di calunnia. Non solo, ma il personaggio che ha dato il via alle indagini e al conseguente arresto, non è incluso nell’elenco dei testi presentato dal Pm. Provvederà la difesa – ha detto Foresta – a chiedergli di riferire in aula per conto di chi agiva.