(t. ve.) RESPINTA la nuova istanza di scarcerazione, Eligio Rubeis rimane agli arresti domiciliari. Tramontata definitivamente la possibilità di riacquistare la libertà, all’ex sindaco di Guidonia Montecelio non resta che attendere l’11 ottobre quando scadrà il limite massimo dei quindici mesi di detenzione preventiva.
Sull’ipotesi più benevola, trapelava ottimismo all’indomani della terza udienza dell’11 luglio: sciolto il Consiglio comunale di Guidonia Montecelio veniva meno la possibilità di “reiterare il reato”, motivo più che sufficiente a giustificare il rigetto delle istanze precedenti. Evidentemente non era tutto racchiuso in quella formula. Perché, stante l’accaduto, per il tribunale di Tivoli non sono venuti meno, così come contempla la normativa, gli altri due ostacoli alla concessione del beneficio, il pericolo di fuga all’estero e l’inquinamento delle prove. A meno che non si abbia contezza della possibilità/probabilità d’un Rubeis deciso all’evasione, essenzialmente a rimanere in piedi non resta altro che l’eventualità della subornazione dei testi.
Una ragionevole ipotesi al momento, in attesa di poter conoscere i dettagli, per la quale i giudici debbono, come per ogni altra, motivare specificamente indicando in concreto il pericolo e gli elementi di prova sui quali si poggia la valutazione negativa. Non fosse, la procedura consente all’imputato di ricorrere.
Comunque, concesso, in via ipotetica, che il giudizio si fondi sul rischio di “inquinamento probatorio”, non si può non sottolineare la contraddizione tra la successione degli avvenimenti e il negato “rilascio” di Eligio Rubeis. Il timore e il sospetto che l’ex sindaco possa influenzare le versioni dei personaggi prossimamente chiamati a deporre – tra gli altri, Marco Alia, comandante dei vigili urbani e responsabile dell’anticorruzione cittadina; l’altro dirigente di lungo corso Gerardo Argentino; Antonio Tiberi, al vertice del centro commerciale tiburtino – non sono per nulla messi al riparo visto che tra la scadenza finale della detenzione e il dibattimento in aula fissato per il 2 novembre, passerà quasi un mese. Tempo più che sufficiente per – ammesso lo si voglia – definire “accordi”.