CONDANNATO a 19 anni Luca Cosmo, uno in meno per Santo Morabito: traffico di stupefacenti tra Tivoli e Guidonia Montecelio, con l’aggravante di aver agevolato la ‘ndrangheta, in particolare la cosca Nirta-Romeo-Giorgi di San Luca. A un anno di distanza, giunge a parziale conclusione l’”operazione Tivoli silentes” che il 15 dicembre portò a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di nove soggetti residenti nella provincia romana e in Calabria. In particolare, per quattro inoltre l’imputazione di costituire la “costola” locale dell’organizzazione criminale. Unitamente agli arresti, oltre che ad Africo Nuovo e Bovalino, perquisizioni e sequestri di beni a Roma, a Tivoli, Guidonia Montecelio e Castelnuovo di Porto.
Altri 8 anni di condanna per due imputati accusati di sequestro di persona a scopo di estorsione “nei confronti di un italiano che è stato rinchiuso in un garage, picchiato e minacciato di morte poiché accusato di essersi fatto sottrarre quattro chili di eroina durante il trasporto in Puglia per la cessione ad un gruppo di criminali albanesi“. Tra le attività, la gestione di un bar nel centro storico di Tivoli, intitolato ad una società, analogamente a una “Smart” a compenso di debiti maturati e non pagati. La sentenza, al termine del rito abbreviato, è stata emessa stamane dal gup Flavia Costantini.
Un riscontro che l’attività illecita fosse al servizio della ‘ndrangheta, sarebbe stata dimostrata dai “pizzini” che contenevano le “istruzioni” su come muoversi nella gestione del traffico. Autore, Giovanni Giorgi, la “lince dell’Aspromonte”, arrestato nel 2003 dopo 10 anni di latitanza, uno dei vertici della cosca Nirta-Romeo-Giorgi, che dal carcere di Fossombrone li faceva pervenire al nipote Cosmo, 34 anni, capo della base di Tivoli, con su scritte indicazioni funzionali all’attività malavitosa. L’analisi dei manoscritti ha consentito di proseguire nelle indagini fino a ricostruire l’organigramma dell’associazione gestita dai calabresi, i quali prima importavano lo stupefacente dalla terra d’origine e successivamente lo cedevano a diversi gruppi organizzati nell’area tiburtina per lo spaccio al “dettaglio”, riportando gran parte dei proventi in Calabria.
Nel corso delle perquisizioni, nel garage di un arrestato, armi a disposizione del clan. Sequestrati una pistola cal. 6,35 ed un fucile cal. 12 a canne mozze, entrambi con la matricola abrasa. Secondo i carabinieri di Tivoli, le armi in più occasioni sarebbero state utilizzate sia per minacciare e intimorire chi aveva debiti da saldare ma anche chi tentava di opporsi. In particolare, il capo dell’organizzazione venne descritto come solito ricorrere a un comportamento “mafioso” tanto da minacciare con la pistola alcuni rumeni che frequentavano un bar di Guidonia dove lui si recava quotidianamente o far giungere una busta con all’interno un proiettile al proprietario del bar che si era lamentato per il suo atteggiamento con i clienti.