IL DISASTRO fu collettivo. La responsabilità politica dopo che morale di scandali e malgoverno va dunque ripartita tra tutti, consiglieri comunali, sindaci (quello eletto e il sostituto), su una intera classe dirigente che nel migliore dei casi ebbe il torto di non vedere né sentire quanto accadeva negli uffici e nella piazza. Una complicità seppur indiretta che attraversa le componenti del governo Rubeis-Di Palma nello sventurato biennio 2014 2016, nessuna esclusa.
L’arresto del primo cittadino Eligio Rubeis nel luglio del 2015, le indagini per corruzione e concussione che avrebbero coinvolto il suo vice a un anno di distanza, gli episodi (numerosi) e drammatici che in quei mesi hanno riguardato la gestione di interi settori della pubblica amministrazione, con la lente della Procura a sgranare scandali, su tutti le presunte mazzette transitate da fornitori di beni e servizi dell’ente a dirigenti e funzionari. Per queste ragioni nessuno di quei consiglieri ha oggi il profilo del candidato sindaco, per tutti si rende necessario un passo indietro rispetto alle aspirazioni politiche e personali. Una condizione che per una parte di Forza Italia riguarda il partito azzurro, ma anche Fratelli d’Italia e Ncd che di quel biennio di governo furono protagonisti.
La formula esclusiva, motivata, è l’anima del documento presentato ieri sera all’hotel Duca d’Este nella riunione plenaria dei berlusconiani guidoniani alla presenza dell’ex sindaco Eligio Rubeis. Un tentativo (anche) di mediazione di alcuni rispetto a quanto sembrerebbe già essere stato deciso (da una minoranza) in seno al partito: sostenere la candidatura a sindaco del rampollo di casa Messa, Alessandro, Fratelli d’Italia, lasciando Fi ai margini.
Una operazione che per gli analisti partirebbe dall’ex dirigente all’Urbanistica Umberto Ferrucci, il “manovratore” di cose guidoniane, già sindaco nel ’94 del secolo scorso, scopertosi d’un tratto “quadro di partito”, diventato di conseguenza assiduo frequentatore di riunioni e raduni forzisti, e dallo stesso Eligio Rubeis. Una candidatura di nicchia, senza alcuna probabilità di riuscita, pensata e attuata al solo scopo di garantire al fanciullo – assieme a un paio di fortunati selezionati tra i familiari dell’ex sindaco – uno scranno in assemblea, tra i banchi delle minoranze. Uno scenario probabile per chi conosce le faccende della terza città del Lazio, dove il ricambio “controllato” della classe dirigente tiene sempre in auge i padri e gli zii. E stavolta sembrerebbe toccare al nipote di Rubeis di entrare nell’agone.
Se ne fa il nome, insistentemente, tra gli eletti, che avrebbero così la possibilità di tenere in quota le istanze, in una comunità politica dove solo se alzi la mano in aula conti, mantieni ossia il potere contrattuale dentro e fuori i partiti, dunque su un piano personale. Vale a qualsiasi latitudine della nomenclatura, a destra come a sinistra dell’arco costituzionale. Insomma, tutto sarebbe già stato deciso, nonostante Il documento (firmato per ora solo da Maurizio Massini e Franco Giovannozzi) arrivato ieri sul tavolo della discussione. Mentre l’ennesima riunione nella capitale convocata per oggi tra i quadri provinciali dei partiti della coalizione – all’ordine del giorno ovviamente la candidatura a sindaco di Alessandro Messa – non ha prodotto nessuna conclusione. Questa la premessa, e l’epilogo?
E poi c’è Rubeis. Come Cattalan, l’ex sindaco va in scena a sera inoltrata dopo che per tutto il giorno ha tessuto tele, raggiunto accordi. E’ successo anche ieri. Nel dna del personaggio c’è infatti una innata capacità relazionale che, per quanto se ne sa, porta avanti instancabilmente dall’ottobre scorso, momento della ritrovata libertà. Non a Guidonia dove per decisione della magistratura non può metter piede, Rubeis vede gente e decide sorti politiche nei luoghi ai margini “dell’impero”; come in una mappa ha diviso il territorio provinciale in fronti, a nord vede i diessini amici, a sud gli ex alleati, a est gli imprenditori che contano.
Stabilendo il proprio quartier generale in quel di Tivoli Terme (dove ha uno studio di architettura) Eligio si sposta lungo l’asse della viabilità esterna per raggiungere quando la Sabina romana quando un noto bar di Fonte Nuova. E’ durante questi rendez-vous ristretti che avrebbe tracciato la strategia: Messa candidato sindaco per il centrodestra nell’avventura che finirebbe già al primo turno per mancanza di numeri, Simone Guglielmo nel testa-a-testa contro il candidato grillino. L’ha detto anche ieri sera in sede di riunione, tra lo stupore dei presenti: al ballottaggio: “è meglio che vinca il rappresentate di un partito strutturato”. Chi meglio di Simone Guglielmo, “portato” dall’amico democrat Marco Vincenzi?
Fi il partito che c’è. I maggiori istituti demoscopici continuano a pesare Forza Italia al 13% dei consensi, nonostante una classe dirigente inesistente e un leader ormai in pensione (Berlusconi), c’è uno zoccolo duro degli elettori che nel solco nostalgico dei bei tempi che furono, continua ad esprimersi in favore del simbolo, un voto d’opinione importante per chiunque volesse approfittarne. Per ora l’ala rubeisiana di Fi sembra avere deciso per tutti, stabilendo che cotanto ben del Signore confluisca su Alessandro Messa. Nello schema, il rampollo in veste di trascinatore di coalizione dovrebbe portare in assise (seppur in minoranza) Andrea Rubeis e un altro/a tra i vicini ex consiglieri dell’ex sindaco (più Marianna De Maio che Michele Venturiello).
Un quadro già delineato dopo la fuga azzurra dei pezzi da novanta, Marco Bertucci e Gianluigi Marini, Veronica Cipriani, e il letargo di Stefano Sassano, il coordinatore provinciale di Forza Italia, Anna Maria Vallati e Mario Valeri di cui pure si sono perse le tracce. I fautori dello scioglimento del Consiglio sono desaparecidos, l’interrogativo resta.