di ELISABETTA ANIBALLI
UN PROGRAMMA (elettorale) scarno, fatto di pochi punti sintetici a contorno del piatto forte dell’urbanistica, Eligio Rubeis e Umberto Ferrucci, entrambi ex sindaci di Guidonia Montecelio, il secondo dirigente di settore (anche ombra nel periodo della sospensione) durante il settennato appena trascorso, non mollano il progetto (a loro dire rivoluzionario per la città).
E’ così che la candidatura di Arianna Cacioni diventa il paravento dietro il quale condurre in porto gli investimenti operati negli anni dagli imprenditori noti, Bartolomeo Terranova (in proprio e in sodalizio con Mario Donati), i fratelli Bernardini, il Gruppo Gianni, la Santarelli Spa e che si concentrano in via prevalente nel Polo direzionale, nel raddoppio dell’area del Centro agroalimentare di Roma, nel progetto del Parco termale, nella lottizzazione Arcionia, in altri interventi a macchia di leopardo nelle aree agricole a margine del Parco dell’Inviolata.
Il sodalizio Rubeis-Ferrucci va avanti spedito, nonostante il Mibact, il ministero per la tutela dei beni e archeologici e paesaggistici, abbia messo in campo un tentativo formale di vincolare l’area del Polo direzionale, del raddoppio del Car, di parte dei terreni destinati al Parco termale ma anche alla edilizia economia e popolare (Cer Immobilare, Collina del Sole), attraverso l’adozione di un decreto ad hoc (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 settembre del 2016), arrivato (come da procedura) dopo avere valutato e respinto (in casi marginali parzialmente accolto) le osservazioni degli otto soggetti giuridici, società e consorzi di società, diversamente interessati dal provvedimento sull’urbanistica, negli assetti riconducibili prevalentemente ai tre gruppi d’impresa di cui sopra, con Terranova e Gianni a fare la parte del leone.
Un decreto che è già oggetto di ricorso in sede di giustizia amministrativa e civile, di richiesta di istanza presso la Presidenza della Repubblica da parte dei proprietari delle aree, speranzosi di una giurisprudenza amica o della rilevazione di qualche vizietto formale che possa riportare la faccenda al lieto fine (per loro). Insomma, il vincolo formale c’è, anche se il procedimento non può dirsi concluso proprio perché opposto dalle controparti nelle sedi giurisdizionali.
I vincoli del Mibact, è fatto noto, sono a tutela di una porzione rilevante di agro romano, un’area vasta ricompresa all’interno di un perimetro ideale a racchiudere pezzi di territorio tra Colle Fiorito (individuato quale sede del Parco termale), di Setteville, Setteville Nord, Marco Simone, a scendere lungo la ex statale Tiburtina, fino al confine con la Tenuta del Cavaliere, ricomprendendo gli antichi insediamenti di Tor Mastorta e Castell’Arcione, già al centro di una importante variante urbanistica, fino a Guidonia centro (zona di via della Selciatella, via della Pietrara, anche questa interessata da interventi di adeguamento al piano regolatore attraverso i progetti del Plus), a lambire le aree ai piedi di Montecelio.
L’urbanistica per lo “sviluppo economico” nelle mani del duo Ferrucci-Rubeis
Ecco allora, perché le parole condurre in porto restano il mantra per Rubeis e Ferrucci, dopo anni d’impegno proteso a immaginare lo sviluppo economico e edilizio della città proprio nelle direzioni tracciate degli imprenditori.
Ne è dimostrazione il fatto che nel marzo del 2014, l’allora dirigente Ferrucci licenziava un Piano della mobilità comunale, concordato con la Regione Lazio, costruito sulla necessità prioritaria di rendere fruibili le aree in oggetto attraverso la realizzazione di una viabilità di collegamento adattata proprio alla esigenza degli imprenditori proprietari di quelle stesse aree, con investimenti pubblici consistenti e l’obiettivo di uno sviluppo economico già avviato con i prototipi industriali di Bartolini, il colosso del trasporto su gomma, e di Manlio Cerroni, il costruttore del contestato impianto di trattamento meccanico biologico per i rifiuti post-raccolta differenziata.
D’altro canto il 9 aprile, sempre del 2014, un mese e mezzo prima delle elezioni che ne avrebbero decretato la rielezione a sindaco, Rubeis portava in aula (consiliare) l’urbanistica “dello sviluppo economico”. Progetti impattanti per oltre duecento ettari totali, di cui poco più della metà destinati allo sviluppo del Polo direzionale, l’altra a disposizione della Città di Guidonia Montecelio, per la istituzione del “Parco della Selciatella e Tor Mastorta, attraverso l’acquisizione al patrimonio pubblico dello storico casale di Tor Mastorta perché diventi un museo, sede dei reperti archeologici recuperati nell’area durante anni di scavi, tutto con la supervisione della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio”.
L’assise pubblica, l’ultima di quella consiliatura, convocata in via straordinaria con all’ordine del giorno gli “importanti provvedimenti urbanistici”, approvava con i voti della sola maggioranza (le minoranze disertarono l’aula) l’avvio del “Piano di sviluppo del Polo direzionale e di valorizzazione ambientale dell’area di Tor Mastorta e la Pianificazione, obbligatoria nei comuni sopra i 50mila abitanti, per l’edilizia economica e popolare”.
L’avvio del procedimento per lo sviluppo del Polo direzionale era iniziato del resto a febbraio del 2014 con la firma di un protocollo d’intesa tra l’amministrazione comunale e la proprietà delle aree, la Agricola Lieta Spa (Gruppo Gianni). Poi, i termini del provvedimento, furono sottoposti alla valutazione tecnica di una Conferenza dei servizi, con Regione e Comune, al termine della quale venne formalmente adottata una variante urbanistica che comportò un nuovo assetto territoriale per la zona, una procedura propedeutica alla firma di una convenzione tra le parti che pure avvenne.
Negli accordi, si leggeva che “l’area destinata allo sviluppo del Polo direzionale è di poco superiore a 100 ettari, dove sarà possibile attrarre investimenti di tipo tematico compatibile dal punto di vista ambientale. Il modello in questo caso è quello dei distretti americani, sviluppati con attività integrate intorno ad un tema principale. Ad esempio lo sport. Nella parte rimanente, il soggetto attuatore, la Agricola Lieta, s’impegna a realizzare una viabilità che non incida con il Parco dell’Inviolata (buona parte dell’area acquisita al patrimonio pubblico ricade all’interno della Riserva), una riqualificazione del patrimonio culturale presente, il riutilizzo del Casale di Tor Mastorta. Nel dettaglio, le cessioni al Comune saranno pari a 86 ettari, di cui 50 ricadenti all’interno della Riserva dell’Inviolata con le strutture preesistenti (casali rurali) per quattromila metri cubi, 6 ettari interesseranno la relativa integrazione dell’infrastruttura viaria, 22 ettari la realizzazione del Parco pubblico della Selciatella e di Tor Mastorta”.
L’altro provvedimento approvato dall’aula quel giorno riguardavano l’edilizia popolare agevolata e convenzionata. Tre i comprensori territoriali interessati: Villanova, Guidonia centro, Colle Fiorito. Gli interventi previsti in sei comparti (comprensori A, B, C, D, F e G) per un’area complessiva di circa 40 ettari, per lo più appartenenti a privati cittadini costituitisi negli anni in consorzi e cooperative al fine di realizzare “alloggi a prezzi calmierati, una parte delle aree sarà invece oggetto di riqualificazione, alcuni lotti saranno a disposizione del Comune per la costruzione di immobili destinati all’edilizia residenziale pubblica, complessivamente saranno oltre 3mila gli alloggi a disposizione di giovani coppie e famiglie a basso reddito”.
Poi, nel 2015, arrivava la Soprintendenza (cambiata nella dirigenza) e avviava la procedura vincolistica per le aree in oggetto perché “di notevole interesse pubblico relativamente ai beni paesaggistici” e blindava le “Tenute storiche di Tor Mastorta, di Pilo Rotto, dell’Inviolata, di Tor dei Sordi, di Castell’Arcione e di alcune località limitrofe” tra cui alcune in Colle Fiorito dove, oltre all’edilizia popolare, è prevista la realizzazione del Parco Termale e a Castell’Arcione, dove nel 2013 l’amministrazione Rubeis ha previsto insediamenti residenziali per 5mila nuovi residenti.
Scrivono i dirigenti del Mibact nel decreto di essere arrivati al provvedimento “una volta acquisito il parere favorevole della Regione Lazio sulla proposta di vincolo in itinere in data 12 aprile 2016”. Regione Lazio che d’altro canto, in modo schizofrenico, aveva avallato il cambio di destinazione d’uso delle aree (deciso dal Comune) accogliendo i progetti di urbanizzazione presentati dagli imprenditori in sede di conferenza dei servizi, presumibilmente senza avere acquisito, all’interno di quella procedura, il parere vincolante dello stesso Mibact. Qui la faccenda si tinge di giallo.
Comunque, il 30 agosto 2016, le controdeduzioni della Soprintendenza bocciavano in via prevalente le osservazioni dei proprietari delle aree perché tali “osservazioni, non producevano effetti favorevoli a revocare la proposta di vincolo”, restando quindi l’obbligo, “da parte del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo degli immobili ricompresi nelle aree di cui sia stato dichiarato il notevole interesse pubblico, di presentare alla Regione o all’ente da essa delegato la richiesta di autorizzazione riguardo a qualsiasi intervento che modifichi lo stato dei luoghi”.
Il papocchio comunale nel papocchio regionale
Un paio di settimana fa il settimanale Tiburno.tv riportava la notizia di un ordine di servizio vincolante (il numero 12 di lunedì 8 maggio) firmato dal dirigente comunale all’urbanistica (attuale) Paola Piseddu con il quale veniva decisa la sospensione di “ogni attività istruttoria relativa al rilascio delle Scia e dei permessi a costruire ricadenti all’interno di 19 lottizzazioni” tra le quali, le più rilevanti, sono giusto quelle di cui sopra.
“Nel corso dell’attività istruttoria di alcune richieste di rilascio di autorizzazione paesaggistiche – si legge nell’ordine di servizio firmato dal dirigente Piseddu – è emersa una criticità nell’iter di approvazione di alcuni Piani urbanistici, i quali sembrerebbero stati approvati in difformità da quanto stabilito dalle norme in materia senza il preventivo ed obbligatorio parere dell’Ente preposto alla tutela del vincolo paesaggistico. Ciò comporta l’inefficacia di detti piani. La sottoscritta ha richiesto alla Regione Lazio di verificare se i Piani abbiano seguito la procedura, acquisendo il parere paesaggistico”.
Ora, la inefficacia di detti atti non è automatica, lo stabilisce giusto la sentenza del Tar sul Tmb arrivata il 5 maggio scorso, nella quale il tribunale amministrativo, richiamandone una decina di precedenti, riaffermava la legittimità dell’intera procedura di autorizzazione dell’impianto pur in mancanza dell’iniziale parere vincolante del Mibact. Perché? Semplicemente perché il ministero non si era opposto nei tempi di legge impugnando davanti Tar il provvedimento inizialmente illegittimo.
Un precedente giurisprudenziale già scolpito a vantaggio dei 19 soggetti giuridici cui la ora Piseddu sospende le procedure di rilascio dei permessi a costruire, se non con una posizione pilatesca con la volontà di indirizzare gli imprenditori a seguire la medesima prassi intrapresa dagli avvocati di Manlio Cerroni per ottenere ragione sulla legittimità dell’Impianto?
In quegli anni alla Regione Lazio non andava di moda acquisire i pareri del Mibact, con la compiacenza dell’urbanistica comunale, ora però è tardi, e i verdetti sono scritti, checché ne dica la Piseddu.