di TOMMASO VERGA
SE SI SMETTESSE di intendere “campagna elettorale” questioni che ultrapassano le scadenze di giugno, affrontare i temi per le intrinseche spigolosità sarebbe nell’interesse di tutti, dai palati grossolani a quelli più sopraffini. Quantomeno aiuterebbe il movimento cerebrale e la comprensione. Si parla di rifiuti, dell’emergenza che è tornata a colpire la Capitale.
Un tema trattato alla stregua del ballon d’essai (trad.: “palloncino che, lanciato in aria prima dell’ascensione di una mongolfiera, segnalava la direzione del vento”). Una molotov contro l’esercito nemico (?), dei cui effetti innocui nemmeno s’accorgono le truppe, impegnate in un’aspra battaglia che Attalo avrebbe sicuramente rappresentato nelle ‘guerre pacioccone’ di un antichissimo Paese sera.
Assunto: si vuol dare per acquisito che Roma è alla ricerca di luoghi dove poter smaltire l’immondizia che produce? E che tali sono stati individuati e ritenuti idonei nella provincia? Oppure, esclusivamente per amor di bandiera, proseguirà il ballo in maschera? Perché di ciò si tratta, d’un ballo in maschera, che non obbliga, in quanto irriconoscibili, a valutare prima ed assumersi responsabilità dopo.
L’elenco: Polverini, Storace, Marrazzo, Zingaretti, Alemanno, Marino, Raggi
I danzatori di ieri e di oggi. Quelli di ieri – senza spaziare nei secoli – si chiamano Polverini, Storace, Marrazzo fino all’odierno Zingaretti, tutti alternativamente presidenti delle giunte regionali del Lazio. Ai quali vanno aggiunti i sindaci Alemanno e Marino (che però ha chiuso Malagrotta; poi, giudicato antipatico da Renzi e Orfini, ha l’attenuante della brevità della consiliatura). Si parla di governo locale, di politica, che per alcuni s’è dimostrata (persino sovrastando le impressioni), decisamente inquinata dagli affari, “mafia capitale” e quant’altro. Poi è arrivata Virginia Raggi, ma i disagi – di governo, si intenda –sono rimasti.
Poteva andare diversamente? Senza dubbio. Per rimanere al recente: se Zingaretti e Alemanno si fossero meno impegnati nella propaganda realizzando le promesse elettorali, oggi la gestione dell’immondizia capitolina non sarebbe in sì grande sofferenza. Il primo aveva (ha tuttora) il compito della localizzazione degli impianti, il secondo della raccolta differenziata.
Anche se, fino a questo momento, non è che Virginia Raggi abbia brillato per “diversità”. Un anno fa aveva promesso sfracelli (promessa mantenuta: lo mostrano le condizioni di Roma), oggi chiede alle comunità della provincia – non in quanto sindaco del Campidoglio, ma della Città metropolitana – di farsi carico dell’emergenza. “Dateci le discariche, dateci gli impianti” è scritto in una lettera inviata ai primi cittadini delle località fuori le mura.
Non che sia una novità. Per memoria: risale alla sindaca la prima enunciazione, quella che dette il via alla sarabanda. Si ricorderà la sua assessora preferita (a quel tempo: solo un anno fa), Paola Muraro. Fu lei a “scoprire” l’allocazione d’una nuova discarica e l’utilizzo dei sei (non otto) Tmb, gli impianti per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti, in provincia. Oggi la “linea” non è cambiata di una virgola. Anzi. I sindaci dei 120 città e paesi della provincia sono infatti in possesso (da qualche giorno) di una nota che l’applica integralmente.
“Individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti”
Oggetto della missiva: “Individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti”. Quattro pagine di testo, che illustrano le caratteristiche dei territori dell’hinterland – anche raffigurati in una cartina – idonei alla bisogna e quelli non. Impediti da vincoli di diversa natura. La singolarità: la “mappa” evidenzia i vietati, una perlustrazione alla rovescia. La lettura deve giungere all’ultimo capoverso per comprendere che: “lo scopo del presente lavoro è quello di fornire una mappatura delle aree idonee e non idonee per il posizionamento degli impianti di trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti, da poter mettere a disposizione delle amministrazioni locali e statali per la futura localizzazione di siti, arrivando alla definizione delle aree non idonee e quindi delle cosiddette “aree bianche”.
“Tali aree bianche, non vanno comunque considerate come univocamente e definitivamente individuate, ciò a causa della continua evoluzione del territorio e dei caratteri che lo contraddistinguono – la conclusione –. Vanno comunque sempre viste come una fase preliminare che deve essere seguita da studi più specifici e dettagliati per quanto riguarda morfologia, geologia del sito e tutte le altre caratteristiche che possono rendere un’area più o meno idonea in funzione del tipo di impianto da realizzare e delle caratteristiche degli eventuali rifiuti che saranno gestiti o stoccati”.
Quanto descritto, rende superfluo ogni sventolio di bandiere. Oltreché inutile. Perché gli enti locali non hanno alcun potere di interdizione. Le decisioni si prendono altrove, “più in alto”. Dove si è concluso – nonostante le rassicurazioni contrarie – che sarà la provincia a smaltire l’immondizia capitolina.
Con quali modalità si vedrà (nella lettera si precisa che i sindaci hanno 60 giorni di tempo per “osservare”). Ma la certezza è che la partita sia stata decisamente riaperta e definita. Con esiti al momento impossibili da diagnosticare. Anche relativamente al comprensorio a nordest della capitale. Ma non servono sforzi di immaginazione, l’armamentario c’è tutto: cave abbandonate in quantità e un Tmb reso “legale” dal Tar del Lazio (che però può trattare “solo” 100 tonnellate di rifiuti). L’avanzo potrebbe prendere di nuovo la strada di San Vittorino-Corcolle.
(Non) per fatto personale: il pensiero zen di Fabio Altissimi (“Rida ambiente”)
Stesso argomento, diverso soggetto, la “Rida ambiente” di Aprilia. Il cui titolare, Fabio Altissimi, replica all’articolo del 16 maggio su hinterlandweb. Seppure scegliendo un’altra testata on line. Legittimo, ma con il difetto che il lettore non capisce con chi ce l’abbia, quali i rilievi mossi al suo operato e le controdeduzioni. Comunque, poiché non si minacciano querele, anche l’autore li ritiene propri della libertà d’informazione e di stampa.
Il manager mette giù una filippica sui costi e le economie che potrebbero riversarsi sulle bollette dei cittadini con una diversa politica della Pisana (massima condivisione sulle inadempienze; se i calcoli corrispondono, un voto a favore della “Rida” su costi e tariffe). Vengono quindi l’esaltazione di Virginia Raggi (la sindaca che in precedenza lo aveva indicato come un “modello” nella gestione dell’immondizia, scambio di cortesie), e di Francesco Storace, presidente della Regione Lazio dal 2000 al 2005.
Un riferimento che sorprende, dettato sicuramente da personali simpatie. Perché non si comprende la ragione dell’ingresso dell’ex ministro della Sanità nell’argomento. Tanto più che la sintonia di Altissimi viceversa non alberga dalle nostre parti. Perché, in materia di rifiuti, Storace viene ricordato come colui che, ritagliando 39 ettari dall’area protetta del parco dell’Inviolata, ha rilasciato a Manlio Cerroni (versus Altissimi) il benestare per la costruzione del Tmb a Guidonia Montecelio.
Conclude la missiva un “vale sempre il vecchio proverbio zen: quando il saggio indica la luna, non guardate il dito!“. Letteralmente non è così, ma fa niente. Anche un proverbio, perfino zen, può essere bipolare.