di TOMMASO VERGA
ALL’ESORDIO, LE LISTE elettorali impressionano per la vacuità. Iniziando dal centrodestra: assenti obbligati i protagonisti delle vicende giudiziarie, e specularmente gli altri che scelsero la via della battaglia politica interna per cacciarli. Non sono candidate figure storiche, di spessore e di consenso personale imparagonabili rispetto agli elencati.
Fuori dai partiti o del tutto assenti dalla competizione i vertici della coalizione che vinse nel 2014: Veronica Cipriani capeggia il “Biplano”, una delle liste civiche di sostegno ad Aldo Cerroni (Gianluigi Marini si è ritirato a causa delle indagini); Stefano Sassano, Marco Bertucci, Anna Maria Vallati – un “pacchetto” di 10mila preferenze dei 12mila voti di lista che gli azzurri raccolsero tre anni fa -, hanno deciso di non impegnarsi, almeno personalmente.
Per ragioni (e con metodi) di altra natura, la pluriennale battaglia correntizia dentro al Pd s’è conclusa con pezzi di democrat sparpagliati nelle liste civiche, e con la cessazione della trentennale esperienza consiliare e assessorile di Domenico De Vincenzi e di Rita Salomone, nonché, appena dopo il debutto del 2014, di Patrizia Carusi. Infine, last but not least, nel futuro Consiglio comunale non siederà Sebastiano Cubeddu, il capogruppo uscente dei 5stelle. Aldilà dei giudizi di parte, assenze pesanti, una perdita per Guidonia Montecelio e per il suo stato di salute.
64mila elettori, 10 aspiranti sindaco, 430 concorrenti a uno scranno
L’11 giugno il corpo elettorale – oltre 64mila gli aventi diritto – sarà chiamato ad esprimere la preferenza per ciascuno dei 10 candidati sindaco e sui 430 concorrenti allo scranno del parlamentino municipale. Dopo il ballottaggio, a due settimane di distanza, ne rimarrà uno soltanto, attorniato da 24.
Sarà il similMacron Aldo Cerroni o Emanuele di Silvio a sfidare Michel Barbet, il candidato dei grillini dati per ampiamente favoriti, al ballottaggio (anche se il fulmine a ciel sereno della “preferenza” di Virginia Raggi, la sindaca di Roma, per le discariche extraUrbe, compresa l’Inviolata, potrebbe mandare il crisi il tour, complicarlo di molto)? Si vedrà. Certo è che l’autodafé del movimento 5stelle rende il risultato assai incerto. Perché, se avessero deciso di proporre uno dei due consiglieri uscenti (Cubeddu e Santoboni) così come altre figure ri-conosciute in città, avrebbero con altissime probabilità evitato il ricorso al secondo turno. E la possibilità, più che ventilata, di un rassemblement degli sconfitti, è un rischio concreto dagli esiti non prevedibili al momento.
Il meccanismo descritto e la quantità dei partecipanti non può evitare di interpellare la ragione sulle scelte e a quale fine. Quest’ultimo, s’è detto, è molto semplice e trova unanimi candidati, partiti e civici delle formazioni maggiori. Evitare la vittoria del movimento 5stelle. Con qualsiasi mezzo.
Affermazione forse ruvida che però deriva dalle modalità di formazione delle liste. E dai contenuti. L’esempio esemplare è Fratelli d’Italia. Dopo aver sbandierato la candidatura a sindaco di Alessandro Messa, e garantito senza riserve l’accordo con Fi e il “tavolo” della coalizione – forte al punto di subire senza controbattere la presa di distanza di Marco Bertucci dal partito locale -, il risultato è che nulla rispondeva al vero.
Avvolti nel mistero i motivi del ritiro del giovin rampollo meloniano (“totalmente estraneo alle disavventure giudiziarie” sottolineano non richiesti i dirigenti del suo partito). Obbligato ora a dover sostenere chi l’ha sostituito, la rubeisiana più che forzista Arianna Cacioni.
Sulla quale è altrettanto impenetrabile (per i cronisti) il percorso che ha condotto alla scelta di una perfetta sconosciuta alla politica. Soccorre il gossip, di stanza nella piazza del municipio. Dalla quale si apprende che regista dell’effetto-Cacioni è stato l’inossidabile Eligio Rubeis, votato (ehm…) a una guerra di resistenza contro coloro che l’hanno “fatto fuori”. Vittime da ricercare, appunto, nel suo stesso partito. Poco importa se il risultato elettorale non lo premierà, ora occorre la dimostrazione del “vediamo chi conta”. Con lui, Michele Venturiello e Marianna De Maio, gli unici in lista degli uscenti di Forza Italia (Augusto Cacciamani è Ncd, dipalmiano).
Anche se la dimostrazione che non proprio tutto volga nella direzione auspicata viene proprio da Venturiello: l’ex capogruppo non ha ancora speso né una parola né una riga a sostegno di Cacioni. Chissà che non consideri la cosa del tutto inutile. Infatti, proprio il puntiglioso avvocato potrebbe custodire la certezza che “tanto non ci si vedrà al ballottaggio”.
Ma che fine hanno fatto altri azzurri “che contano”? Dei rinunciatari a presentarsi s’è detto. Il gruppo Massini-Giovannozzi ha “preso le distanze” da Forza Italia, candidando Gianni Tuzi in “Movimento Futuro Italia”, una delle liste civiche pro-Cerroni. Insieme, altri big come Maurizio Neri (ma anche Anna Angelini, seppure non di Fi). Tutti sottoscrittori del documento contro la candidatura a sindaco dei consiglieri uscenti. La vulgata li definisce”sassaniani”. Controverso sia tuttora così.
Perché – e il fatto porta in casa Pd – all’appello manca il fedelissimo di Stefano Sassano, Fabio Strada. Il quale ha preferito il sostegno a Emanuele Di Silvio, nella lista imperniata sulla figura della consorte Silvia Mazza, consigliere comunale uscente della “lista Rubeis”, al suo posto fino allo scadere dell’ultimo minuto della giunta Di Palma. Non da sola. Perché l’altro Mazza, Andrea (nessuna parentela oltre la politica), portabandiera di Forza Italia fino a qualche ora prima della chiusura, non s’è candidato perché “impicciato in fatti di giustizia”, ma ha disseminato i suoi in un’altra lista d’appoggio ai democrat.
Un candidato per quattro liste. Un miscuglio (o se si vuole essere trendy, un’accozzaglia) dentro al quale c’è di tutto. L’obiettivo è duplice: arrivare al ballottaggio sconfiggendo il concorrente Aldo Cerroni, evitare che i due soli “de-vincenziani” inseriti nella “lista madre” facciano incetta di preferenze, dimostrando così, con i numeri, chi conta veramente nel Pd guidoniano. Sullo sfondo, la contesa Marco Vincenzi-Andrea Ferro in vista delle elezioni del prossimo anno, politiche e regionali. Al primo traguardo si arriva immatricolando chiunque si dichiari disponibile, indifferente se di centro, destra, sinistra, tutto va bene; all’altro, adottando i metodi tradizionali della propaganda capillare. Inquietante.
Soprattutto perché occorrerà convincere gli elettori su qual è la “ricetta” per uscire dalla crisi. Ammesso che vadano a votare.