di TOMMASO VERGA

UNA CAMPAGNA contraddistinta dal niente quella in corso per le elezioni di Guidonia Montecelio. Nebbia (incidentalmente: antica lista d’esordio in Consiglio comunale di Antonio Muratore) su idee, confronti, dibattiti, nessun cenno alla prospettiva futura. Il contenitore più interessante risulta facebook – almeno per la parte dedicata seriamente al tema -, per il resto distribuzione di “manine” (o “santini” che dir si voglia), i tagliandi con il nome del candidato e della lista, l’attività principale. Scarseggiano anche i manifesti (salvo quelli abusivi). Un quadro ingessato, che non appare destinato a cambiare nemmeno nella prossima settimana decisiva.

Le ragioni. In-consciamente, un argomento sovrasta: fare i conti con il passato-non passato recente. Perché candidati, partiti, liste, schieramenti non possono-vogliono rispondere all’unica domanda logica, almeno per chi deve votare: dove eravate? Il solo argomento utilizzabile per una seria ripartenza. Al punto da rappresentare la parete divisoria tra le cronache giudiziarie di oggi e il futuro.

“Il vento e la canna”: vedeva lungo Trilussa 
– Nun soffià più, risparmia la fatica,
– disse una Canna ar Vento –
tanto lo sai che nun me spezzi mica…
– Io – disse er Vento – sfido
l’arberi secolari e li sconquasso:
ma de te me ne rido! Me contento
che te pieghi e t’inchini quanno passo

Dove eravate? Uno schema – per essere a la page – illustra le quattro le formazioni in campo: i gestori, i favoreggiatori, i silenti, gli avversari. Sui primi è già intervenuta la magistratura (la “pratica” non è chiusa, una sorta di “galateo istituzionale” da parte della Procura di Tivoli – non “disturbare” la fase elettorale – il possibile motivo della pausa nell’esecuzione di altri provvedimenti); al team successivo si dedicherà l’illustrazione; le tre scimmiette il simbolo della terza formazione; infine, con distinzioni anche accentuate, l’opposizione, che non può però sottrarsi all’accusa della culpa in vigilando.

Come si comprende, la condizione generale non favorisce il dispiegarsi della campagna per le elezioni di Guidonia Montecelio nelle modalità conosciute. Non il solo effetto. Perché ancor più preoccupa il sentimento popolare che si constata girando per la città, quello ormai coniato “disaffezione”, la rinuncia a esprimere il voto, in quanto tale, quale che sia. Naturalmente impossibile ogni congettura ma la sensazione è che la chiusura delle urne potrebbe riservare negative sorprese. Aldilà di ogni previsione.

Nei quattro schieramenti l’aggressività delle facce di tolla

Farisei, o, più adeguato, “sepolcri imbiancati”. Non necessita traduzione. Nella versione dell’epiteto, l’aggettivo è comprensibilissimo anche alla masnada di favoreggiatori, che, senza vergogna, dispensano omeopatiche medicine per guarire i tumori di Guidonia Montecelio. Sciorinando antidoti contenuti nei foglietti che aprendo una confezione di farmaci vengono definiti ‘bugiardini’. Mezze figure e figurine che hanno spartito con Eligio Rubeis & co. incarichi di risulta, assegnazione di appalti, posti di comando. I fedelissimi sodali di quelli in galera. Talmente proni da osteggiare persino il definitivo “l’ultimo spenga la luce” d’un anno fa.

Quelli che del ‘magna magna’ non sapevano niente, che non hanno visto niente, calati sulla Terra il 21 aprile, giorno dopo gli arresti. Per mesi e mesi mai notate le forze dell’ordine quotidianamente in entrata-uscita dal palazzo comunale. Mai un interrogativo, la domanda su cosa stessero facendo, cosa cercassero o avessero acquisito. Al contrario dei “loro”, vassalli accucciati sotto le scrivanie per rendersi invisibili agli uomini in divisa (c’era pure uno che indossava la divisa nel weekend, per il dopolavoro).

Eccoli. A osservarli adesso, il commento più gettonato è: chi lo avrebbe immaginato? Un gigantesco sforzo oltrenatura. Non immaginavano… perché sapevano tutto. Come imputano gioiosamente al “loro” antico capo Gianfranco Fini, non potevano non sapere.

Su facebook appaiono convertiti. Lì pontificano, spergiurandosi pronti a nuova vita. Politicanti della peggior specie, altro che prima Repubblica. Guai a domandare “dove eravate?”: sull’incauto ricadrebbero gli effetti del lancio dell’improperio, solo sport conosciuto (facebook e playstation a parte) perché loro insegnato da piccoli. Al quale vorrebbero, non riuscendoci, sommare il sarcasmo, l’ironia, la derisione. Più efficace l’invettiva, quel che si addice ai poveri di spirito.

Il miraggio del “pennivendolo” sognato

Da sottolineare che l’insulto è rigorosamente ‘spersonalizzato’. Sul piano generale è distribuito per categorie: ebrei, zingari, omosessuali, extracomunitari (chissà se nell’intenzione di chi l’ha scritto su una recente pubblicazione – il dettaglio qualche riga sotto – va inclusa anche ‘estrema sinistra’). Senza recapito né codice postale quello individuale. Sproloqui a go go contro la libera informazione, ostile alla dettatura e all’encomio un tanto al chilo. Sono definiti – letteralmente – “pennivendoli”.

Necessita traduzione: “scrittore o giornalista che si pone al servizio di chiunque gli offra un compenso economico o altri vantaggi”; oppure: “scrittore, giornalista mercenario che, indipendentemente dalle proprie convinzioni, sposa la causa di chi può assicurargli maggiori vantaggi”. Abituati alla riverenza – della quale non difettano in proprio – è superfluo domandare se conoscono il significato del termine. Semmai gli si potrebbe far osservare che, per analogia, si debbono così qualificare certi politici vicini di casa. Tempo sprecato adusi come sono all’osservanza dei canoni della cricca, della scuderia.

Alla fine, inevitabilmente, la cosa finirebbe davanti a un giudice. Non accadrà. Perché, in sostanza, si tratta di eroi di fuffa sui quali domina intrinsecamente la strizza di (ri)perdere il conseguente procedimento giudiziario. Quelli che – con la coda tra le gambe – si credono belli per il fatto che l’anonimia non è reato. In fondo, poveri diavoli. E se ne vantano pure…

Le tariffe della pubblicità che seguono l’inserzione pubblicitaria

COME DI CONSUETO, il big bang elettorale produce effetti prima di tutto sulle nascite. Di nuovi mezzi di informazione. Le cui vaccinazioni non sono obbligatorie visto che nascono proprio per effetto di vaccini.

Non è detto che sia tutto e ovunque così. Nel recente passato, solo tre anni fa, la sala parto era piena, oggi culle completamente vuote, non c’è lavoro neanche per un’ostetrica. La crisi economica ha le sue ripercussioni. Quindi va acclamato con un brindisi il coraggioso che tenta l’avventura editoriale su carta (né si può negare il pizzico di invidia).

L’eversore di estrema sinistra

Prima di tutto, gli auguri di lunga vita. Poi, qualche osservazione, da anziano frequentatore del mestiere ma anche della “logica”.

Cominciando dalla perlustrazione delle liste che concorrono alle elezioni di Guidonia Montecelio, il servizio di apertura. A chi può essere appiccicata l’etichetta di “riciclato”? A tutti non è possibile perché non è così. Quindi la genericità non aiuta. Oltretutto suscitando la sensazione di una nemmeno tanto velata polemica vs quanti non risultano simpatici all’autore. Legittimo per carità. Ma elencare i nomi, inserendo nella lista anche chi per la circostanza ha rispolverato l’abitino della prima comunione quando ha fatto l’ultima all’età di dieci anni, sarebbe stato ottimo e comprensibile.

Un suggerimento a questo punto: quando si scrive “estrema sinistra” – una grossolanità, non si è più nell’hanno 70 (ops, quasi quasi chiedo di fare la stagista in Comune…) – si deve dire anche “estrema destra”, le due definizioni si sostengono-contrastano a vicenda, non c’è l’una senza l’altra. In questo caso, il ricorso all’archetipo tradisce il pensiero dell’autore e le sue preferenze. Non un bel vedere fuori dalla cabina elettorale o dalla sezione di partito. Non l’unico. Perché ogni sigla è corredata di un giudizio, un sunto delle caratteristiche.

Sotto Michel Barbet si legge “una lista per i pentastellati”: una? e le altre quali sono? (peccato veniale: la confusione tra articoli determinativi e indeterminativi); il “punto di forza” per Forza Italia è “il ricambio generazionale” (…di chi con chi?), mentre Aldo Cerroni presiede “tre liste civiche con numerosi esponenti delle ultime amministrazioni”. Perfetto. Salvo la (mancata) constatazione che stesso dicasi per Forza Italia e Fratelli d’Italia, abbondanti di ex rubeisiani. Non ci si vorrà dire che a questo punto diventano “buoni” se simpatici al redattore, e “cattivi” al contrario.

La diagnosi dei debiti del Comune. Non sono 43 milioni (giusto: sfioreranno i 51, come si constaterà alla fine della inevitabile e più rigorosa perlustrazione di competenza della nuova amministrazione), ma poco più di una decina.

Una “tesi” appartenente a Umberto Ferrucci, che l’ha illustrata in un post su facebook non molto tempo fa. Ripresa da altri, non solo sostenitori del concetto, ma teorizzatori dell’aggiunta che il debito è invenzione del prefetto “comunista” così come il “piazza pulita” ad opera del procuratore della Repubblica Francesco Menditto un’ingerenza della magistratura per riconsegnare il Comune alla sinistra.

Infine le “inserzioni”, il costo delle tariffe pubblicitarie per le elezioni di Guidonia Montecelio. Il magazine reca la data del 22 maggio. Si presume che dal giorno successivo si possano aprire le danze. Invece no: la pubblicità di Arianna Cacioni occupa tutta la pagina quattro. Il dono raro della preveggenza.

Appunti e benaguranti osservazioni da tenere a mente per quando uscirà dalla nursery.