di GIULIANO GIRLANDO
IN ORDINE DI tempo, il semicerchio territoriale si chiude – solo per il momento – con Monterotondo. Dopo Castelnuovo di Porto, Mentana, Guidonia-Tivoli, l’«assedio» dei clan insediati nell’hinterland capitolino, conferma il perpetuarsi di un piano organico: occupare postazioni strategiche nelle città della prima cintura, funzionali alla gestione di attività illecite nella capitale. L’«operazione Babylonia» – così definita perché i protagonisti sono aspiranti boss della nuova generazione – è anche la conferma dei legami già provati con clan della camorra ma anche l’esordio della mala pugliese.
Scattata stamane, su mandato della Dda di Roma, l’«operazione Babylonia», divisa in due tronconi, ha condotto a una serie di arresti oltre al sequestro di beni per il valore di 280 milioni di euro. Bar, ristoranti, pizzerie e sale da gioco. I carabinieri del comando provinciale hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 23 persone – altre 25 sono indagate – ritenute responsabili a vario titolo di appartenere a due associazioni a delinquere finalizzate a estorsione, usura, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e il fraudolento trasferimento di beni o valori. Tra gli indagati a piede libero, un notaio, tre commercialisti, alcuni dipendenti di banca.
Nel «bottino» – 46 esercizi commerciali; ma l’«operazione Babylonia» è tuttora in svolgimento –, storici locali della capitale, frequentati da vip. Tra questi, i bar «Mizzica» di via Catanzaro e di piazza Acilia, risultati acquistati recentemente da uno dei due gruppi criminali, il «Macao» di via del Gazometro, luogo cult della movida romana, e la catena del «Babylon Cafè». Nell’elenco anche la «Tiburtina valley», per il sequestro delle sale giochi con l’insegna dei «Dubai» della «Italiana Bingo srl» (in uno dei due locali si svolse un congresso dell’Italia dei valori di Antonio di Pietro; Fabiano Valelli, il fondatore, assai noto a Guidonia Montecelio, partecipò alle «primarie» del centrosinistra del 2014). Insomma, una operazione su vasta scala che conferma una attività criminale presente a Roma e nell’hinterland romano.
Pignatone: “In tema di gioco d’azzardo” trovati apparecchi scollegati
“Nell’operazione Babylonia, in tema di gioco d’azzardo, abbiamo riscontrato schemi criminali mutuati da luoghi a maggiore densità mafiosa come la Campania, dove sono state attuate le prime metodologie per trarre profitto dalle slot attraverso la manomissione dei software – è uno dei dettagli offerto nella conferenza stampa dei carabinieri, alla quale hanno preso parte sia il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, che il procuratore aggiunto Michele Prestipino -. I proventi illeciti sono stati reinvestiti non solo nel sistema delle slot, ma anche in altri settori più appetibili sul fronte del riciclaggio come tabaccherie e sale ristorazione. Altre attività investigative hanno confermato come il territorio periferico della capitale sia stato preso d’assalto dalla criminalità con numerosi apparecchi illegali in bar ed esercizi commerciali. Questa mattina abbiamo posto sotto sequestro diversi locali con stanze nascoste nelle quali vi era tutta una serie di apparecchi scollegati. Sono in corso approfondimenti, i metodi si sono evoluti a tal punto che anche le slot collegate alla rete dei Monopoli di Stato non garantiscono il Preu (ndr: prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento).
Gli indagati sono ritenuti responsabili a vario titolo di appartenere a due associazioni a delinquere finalizzate a estorsione, usura, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e il fraudolento trasferimento di beni o valori. L’operazione ha colpito due associazioni diverse tra loro, una «territoriale» a Monterotondo, più violenta e tradizionale nei metodi. L’altra estesa su tutta Roma che sotto traccia reinvestiva enormi patrimoni in attività commerciali e immobili anche grazie a professionisti come notai e funzionari di banca.
A capo della seconda organizzazione Gaetano Vitagliano, elemento di spicco del clan dei Mazzarella e poi degli Scissionisti, che convogliava sia i soldi delle piazze di spaccio di Melito (Napoli) sia quelli dell’usura e dell’estorsione del clan alleato di Monterotondo, e guidato da Giuseppe Cellamare, ex boss della Sacra corona unita pugliese. Collegamento tra i due, l’imprenditore (arrestato) Andrea Scanzani.