di TOMMASO VERGA

ABUSO D’UFFICIO l’ipotesi di reato, “per violazione del codice degli appalti e per aver erogato contributi di finanza pubblica in favore di associazioni non riconosciute”. La prima contestazione non si presta a interpretazione, il seguito appare destinato a far rumore. Perché le “associazioni non riconosciute” – “che forniscono servizi” certifica l’avviso di “chiusura indagini” su Atac e Cotral – sono Cgil, Cisl e Uil. E la formulazione altro non appare se non un manifesto richiamo alla mancata applicazione dell’articolo 39 della Costituzione sulla registrazione delle organizzazioni sindacali. Un appello al legislatore perché provveda.

Una questione controversa, che gli specialisti tramandano di generazione in generazione, nata a metà del secolo scorso ma che continua a dividere le stesse associazioni. E, nonostante i tempi, nemmeno “passata di moda”. Soltanto a causa della data sul certificato di nascita, ultimo a dire la sua il movimento 5stelle, dalla parte di quanti propugnano la necessità dell’albo (per i sindacati, per i partiti no…).

L'”inutile necessità” dell’articolo 39 della Costituzione

Storicamente favorevole la Cgil sin da Giuseppe Di Vittorio, così come contraria la Cisl di Giulio Pastore, non s’oppose la Uil. Articolato e argomentato il dibattito sulle differenti ragioni (ma troppo lungo da spiegare; va comunque ricordato che gli stessi costituenti definirono l’art. 39 “una inutile necessità”). Resta il fatto che riproporre la questione da parte della pubblica accusa non potrà non rinfocolare la discussione, quantomeno perché vi faranno inevitabilmente ricorso le tesi dei difensori.

Nelle pieghe del ragionamento, l’affermazione del pm si presta ad altre eccezioni. La più pratica e convenzionale: se si fosse trattato di associazioni riconosciute, l’erogazione di contributi di finanza pubblica a loro vantaggio sarebbe stata giustificata e lecita?

Marco Rettighieri

Lo spunto da uno dei dossier depositati da Marco Rettighieri in Procura

Pubblica accusa-elenco indagati offrono già la cornice di riferimento. Per la cronaca, tutto ha inizio con la firma di Mario Rettighieri, ex direttore generale dell’Atac, a fine scrittura del dossier sulle spese ritenute irregolari dell’azienda di trasporto capitolina. Inviate in Procura un anno e mezzo fa, prima dell’avvento della sindaca Virginia Raggi – il che convinse il manager alle dimissioni per non annotare “defenestrato” nel curriculum personale -, le scartoffie hanno preso corpo mutando in procedimento penale.

A svolgere gli accertamenti, il nucleo tributario della guardia di Finanza connesso al pm Nicola Maiorano, coadiuvato da Paolo Ielo, il procuratore aggiunto della Repubblica di Roma, titolare della sezione “reati contro la pubblica amministrazione” (mafia capitale, l’appalto dei semafori Atac esattamente un anno fa, la Consip, le nomine in Campidoglio). L’avviso di chiusura indagini ha raggiunto 17 persone, delle quali 9 componenti cinque consigli di amministrazione dell’Atac, stessi titoli per le altre 8 di Cotral.

Per la prima, le indagini prendono in esame il periodo febbraio 2013-2016 (quando fu lo stesso Rettighieri a imporre la cessazione di una pratica in vigore da 40 anni). Per l’azienda regionale l’arco di tempo va dal novembre 2013 al dicembre 2015.

Dal capolinea Atac, alla pari di ogni mezzo di trasporto che si rispetti, l’inchiesta ha raggiunto Cotral. Nella quale la procedura era identica a quella della consorella romana. Nell’ordinanza si citano i danni prodotti dal sistema ai bilanci aziendali: quasi sei milioni di euro per il Consorzio regionale, 9 milioni per la municipalizzata.

Domenico De Vincenzi

Al dopolavoro Atac Cotral un “ingiusto vantaggio patrimoniale pari a 8,689 milioni”

A beneficiare del ricavato, il dopolavoro Atac-Cotral, espressione dei sindacati Cgil, Cisl, Uil, al quale era riservata la gestione di 21 esercizi commerciali tra mense, bar e distributori automatici. Secondo l’accusa, i manager «deliberavano nel bilancio di previsione annuale l’erogazione di ingenti contributi e intenzionalmente procuravano al Dopolavoro Atac un ingiusto vantaggio patrimoniale pari a 8,689 milioni di euro». Tutto direttamente, nessun appalto né controlli. Per un giro d’affari da 30 milioni di euro dal 2011 al novembre 2016, quando – con l’inchiesta già in corso – è stata bandita la prima gara. Dal 1974.

Indagati per Atac – per l’intero periodo citato -, il presidente Roberto Grappelli, l’amministratore delegato Roberto Diacetti, il vicepresidente Antonio Galano e i consiglieri Francesco Cioffarelli, Andrea Carlini, Stefano Fermante, Annamaria Graziano e Cristiana Palazzesi. Quanto a Cotral, l’indagine interessa due consigli di amministrazione. Quello presieduto da Vincenzo Surace (anche amministratore delegato), con il vice Domenico De Vincenzi e il consigliere Giovanni Libanori (indagato inoltre per il “caso riparazioni esterne”), e il successivo con al vertice la presidente Amalia Colaceci, l’ad Emilio Arrigo Giana, i consiglieri Marco Marafini, Rosanna Bellotti e Paolo Toppi.

Come si vede, incluso nell’elenco, anche il piddino guidoniano Domenico De Vincenzi, nella sua qualità di vicepresidente Cotral. Il quale, si immagina, in cuor suo non avrà potuto fare a meno di valutare il guaio causatogli dal concittadino Marco Rettighieri. Fatti della vita, De Vincenzi si è perennemente dichiarato contrario alla eventualità che l’altro assumesse l’incarico di candidato sindaco del Pd nelle recente tornata elettorale cittadina. Tu chiamalo se vuoi contrappasso.