di TOMMASO VERGA
SOPRATTUTTO perché le sollecitazioni a chiarire e a spiegare hanno raggiunto un punto da esaurimento, quanto segue riguarda l’assemblea sulla mafia di ieri sera al “Teatro imperiale” di Guidonia Montecelio.
Riguarda sostanzialmente – una tantum – la mia persona, comunque partecipe dell’avvenimento in qualità di convitato di pietra. Nessuna intenzione polemica. Ma davvero è inammissibile (e inaccettabile) che avendo comunicato (molto) in precedenza le obiezioni per le quali non avrei partecipato, sia stato appellato come colui che “non è potuto venire”. Però avrei inviato un sostituto. Raffreddore, asma, malaria, morbillo? No, soltanto grottesche fantasticherie. Che la dicono lunga per di più sul controverso tema del “dissenso”.
Una settimana fa o giù di lì mi telefona l’assessore Davide Russo. La sostanza del dialogo: “Il sindaco le chiede di prendere parte alla manifestazione sulla legalità che si terrà… Lei conosce la materia…” eccetera eccetera. Positiva e immediata la risposta, anche – perché non? – con una venatura di entusiasmo. L’argomento è più che mai attuale ovunque (si pensi alla sentenza del tribunale di Roma su mafia capitale), figurarsi a Guidonia dove finalmente sarebbe stato affrontato un nodo che affonda direttamente nel suo Dna.
Solo una domanda (mia): si tratta di una manifestazione della città o del suo partito? “No, no, è del Comune, non dei 5stelle” la risposta di Russo. Va bene, partecipo.
Dopo lo scambio telefonico più nulla. Argomento, durata dell’intervento, c’è un dibattito o solo relazioni? Mah. Solo e rilevante l’osanna tutta di parte sui social media.
L’aula consiliare? Sarebbe stato più opportuno intitolarla al maresciallo Giuliano Guazzelli
Contemporaneamente leggo su Facebook l’ordine del giorno del Consiglio comunale. E della proposta di intitolare l’aula consiliare a Peppino Impastato. E (mi) si pone una questione. Che non riguarda la persona del comunista di Radio Aut, figurarsi! – “l’intervento, interessantissimo di Tommaso Verga, giornalista e memoria storica dei ‘misfatti’ in terra di Guidonia e Tivoli”: così la cronaca di Youreporter, il 21 marzo scorso, per la celebrazione della “giornata delle vittime della mafia” svoltasi davanti alla lapide di Impastato a Tivoli –, quanto i contenuti della scelta, che annulla il ricordo dei caduti ad opera della mafia indigena, quelli appartenenti a questa terra. Che ci sono stati.
Poniamo avessi avuto modo di interloquire. Ai proponenti avrei suggerito il nome del maresciallo Giuliano Guazzelli, il carabiniere ucciso il 4 aprile del 1992, due giorni dopo aver interrogato a Guidonia Montecelio Giuseppe Caramanna, destinatario di un “avviso di garanzia” firmato da Paolo Borsellino. Oggetto: “capo del mandamento di Canicattì”. L’ultima indagine del sostituto procuratore, intesa a conoscere i mandanti dell’assassinio di Rosario Livatino, nato a Canicattì (il “giudice ragazzino” lo sbeffeggiò Cossiga). L’ultima anche del “mastino” (così il nomignolo affibbiato dai colleghi al maresciallo). Non bastasse, Guazzelli era natio di Gallicano, come dire originario delle nostre parti.
A Guidonia assente ogni memoria, mai un ricordo, una commemorazione, un minuto di silenzio. Nonostante i venticinque anni passati.
Lo spione della Cia annota una riunione con Luciano Leggio a Palermo. Oggetto: Mauro De Mauro
Di sostanza la differenza. Perché – con l’occhio rivolto innanzitutto alle generazioni più giovani –, l’interrogativo “chi era Guazzelli?” sarebbe entrato nel discorso quotidiano, squarciando in maniera duratura il velo di omertà e di compiacenza che in questa città ha perennemente avvolto il vissuto d’ogni giorno e la formazione d’ogni atto, della politica, dell’economia, della società, delle istituzioni.
Sarebbe venuto di conseguenza lo studio, l’approfondimento sulle origini di Guidonia Montecelio. Non della bella città d’impronta razionalista conosciuta, frutto della visione urbanistica e architettonica già vanto del nostro Paese (anche sotto il fascismo un posto d’onore era riservato alle archistar) ma della “Guidonia parallela”, forgiata ed espansa mercé la misura giudiziaria del soggiorno obbligato.
Tutti ignoti i perché inviati a Guidonia?, quando?, è vero che del podere – quella parte di territorio – chiamato “dei siciliani” – era proprietario un nobile siciliano del quale si ignora persino il nome di battesimo, residente a Palma di Montechiaro?, la cui presenza è però annotata da un agente della Cia (sì, proprio la “Central intelligence agency”) a Palermo, partecipe di un summit con a capo Luciano Leggio? Oggetto: Mauro De Mauro scrive lo spione. E’ vero – un grazie va alla tradizione orale dei contadini – che costui, “Lancia” presidenziale e trench – si presentava ogni anno per fare i conti con i coloni, i mezzadri, il fattore della tenuta? Un giorno per incassare e via?
Una spigolatura. Con Michele Giarrusso, senatore dei 5stelle, abbiamo ripetutamente dialogato sull’argomento. Fino al punto di avergli proposto di “rimediare” l’elenco degli inviati al soggiorno obbligato per mafia (non perché comunisti o socialisti) dal prefetto Mori. Dal ministero risposta negativa. Senza spiegazioni. Non è che in proposito vige il “segreto di Stato”? E perché?
Un gruppo di studiosi che provveda alla riscrittura della genesi “parallela” della città
Il “disordine”, vero stemma di Guidonia Montecelio, nasce così. Grandi spazi vuoti verso quelli intensamente occupati. Insieme costituiscono l’unum. Preliminare favorevole alla speculazione, dal latifondo all’edilizia. Nonché ambiente idoneo e ideale per l’insediamento delle “mafie” di terza generazione e per la clandestinità residenziale. Sugli effetti torneremo su, in altro momento.
Una pluralità di questioni dentro un unico titolo come si vede. Che, a mio parere, dovrebbe concludersi con un passo del municipio, ossia della comunità cittadina: la formazione di un gruppo di studiosi, la titolazione di borse di studio, quel che si voglia, un gesto concreto per riportare all’ordine del giorno fatti, storie, vicende, seppellite nel silenzio. Una perlustrazione che comprenderebbe inevitabilmente la lista dei tanti morti ammazzati senza autore. Dal fontaniere di Guidonia – quando l’acqua era di potestà dei Comuni – al laghetto San Giovanni, ai due africani dissepolti nella campagna di cui sopra. E molto, molto, altro ancora.
E’ andata diversamente. La voglia della propaganda (da lombardi alla prima crociata) ha mandato in fumo un impegno che richiedeva senso dello Stato e coraggio di governo. Così non è successo. Non sono potuto venire? No, ho ritenuto di non dover partecipare. Immaginarsi poi mandare supplenti… Si accettano repliche.