di TOMMASO VERGA

ESTRADATI DALLA Germania, il 25 ottobre sono sbarcati al “Leonardo da Vinci” Paolo Rosa e il nipote Ivano Martorana, di Gela, pendolari tra Colonia e Karlsruhe, catturati dalla polizia federale tedesca (la “Bundeskriminalamt”-Bka) in collaborazione con la guardia di Finanza romana e la squadra mobile di Caltanissetta. Ai due, Salvatore Rinzivillo aveva assegnato il compito di organizzare traffici di droga tra i due Paesi, nonché di verificare la fattibilità di investimenti nelle costruzioni e nel comparto alimentare, anche attraverso la grande distribuzione e il commercio di autoveicoli di grossa cilindrata.

Con gli arresti, si completa il mosaico tratteggiato da Franco Roberti, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, all’indomani della conclusione dell’operazione “Druso-Extra Fitness”: 37 arresti di componenti la “famiglia” di Salvatore Rinzivillo distribuiti in diverse regioni italiane (Sicilia, Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Sardegna, Abruzzo) e in Germania, nei land di Baden-Wüttemberg e della Renania-Westfalia (hinterlandweb del 4 ottobre scorso).

Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia

Tra Catania e Milano il controllo della filiera dell’ortofrutta (e del pesce) si sarebbe servito di Fondi e di Guidonia

La struttura della banda prevedeva che a Salvatore Rinzivillo facesse capo il “Mof” (l’ortofrutticolo di Fondi), e a Santo Valenti il “Car” (l’agroalimentare di Roma con sede a Guidonia Montecelio). Tappe intermedie di una filiera che avrebbe dovuto collegare il “Maas” di Catania (Mercato agroalimentare Sicilia) alla “Sogemi” di Milano.

In sostanza, non soltanto il possesso delle attività, ma anche (se non soprattutto) la formazione dei prezzi frutta-verdura-pesce per l’intero mercato europeo e non solo. Base operativa di entrambi, Roma. Città di origine, Gela. Non esclusi rapporti con i Madonia e i corleonesi di Totò Riina.

Benché Salvatore Rinzivillo, l’aspirante boss, si sia avvalso della facoltà di non rispondere alle domande formulate nell’interrogatorio di garanzia, al contrario di Santo Valenti, arrestato dopo il suo rientro dalla Spagna, le prove raccolte hanno comunque convalidato le ipotesi formulate al momento del blitz, non soltanto sul controllo del comparto agroalimentare ma anche rispetto alla costituzione di una multinazionale del crimine.

Infatti, l’operazione “Druso-Extra Fitness”, coordinata dalle procure delle Dda (Direzioni distrettuali antimafia) di Roma e di Caltanissetta, ha troncato le ambizioni espansive sul mercato tedesco facendo saltare il tentativo di allearsi con Antonio Strangio, titolare del ristorante della strage di ferragosto 2007 a Duisburg. Non solo. Perché al sodalizio Rinzivillo-Valenti interessavano gli Stati Uniti, New York prima di tutto, dove erano già state messe in mostra, ha detto Franco Roberti, “tutte le attività tipiche delle organizzazioni mafiose, quindi quelle più strettamente criminali come estorsioni, traffici di droga ed armi”.

Uno status racchiuso in una affermazione decisamente “forte” del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo: si è trattato – ha detto Roberti – di “una operazione che io considero fra le più importanti degli ultimi anni contro un clan mafioso transnazionale”.

Un quadro che consente di immaginare l’odierno profilo delle famiglie, impoverito dalle sconfitte subite in questi anni a seguito delle iniziative giudiziarie – con la perdita di quote di mercato a favore della “concorrente” ‘ndrangheta –, e quindi alla ricerca di nuove forme di organizzazione così come di capi. Matteo Messina Denaro a parte, nell’onorata società si assiste all’”agitarsi” delle seconde file, “aspiranti-padrini” ambiziosi di ritagliarsi un ruolo primario.

Fabio Massimo Pallottini, direttore del Car

L’azione repressiva e il comunicato contrario:“Sul CAR nessuna organizzazione o consorteria criminale”

Le conclusioni del capo della procura antimafia si direbbero non del tutto condivise dai protagonisti, a diverso titolo, dell’operazione. Non solo opinioni difformi. Perché, contemporaneamente al dispiegarsi dell’azione repressiva – gestita all’unisono da carabinieri, finanzieri e polizia di Stato: in tutto 600 persone –, sul sito del Car (il Centro agroalimentare romano) è apparsa una nota. Esplicita sin dall’esordio: “Sul CAR non ci sono le mani di nessuna famiglia, cosca, banda, organizzazione o consorteria criminale” si legge nel comunicato firmato dalla società pubblica.

Sintesi: “Rappresentazioni così alterate della situazione (…) recano gravi danni d’immagine e di reputazione alle aziende e ai legittimi interessi che assicurano lavoro, sviluppo, tutela della salute, redditi, innovazione, prelievo fiscale. E accreditano alle mafie successi e capacità che non hanno. Viceversa, le condizioni di lavoro nel Car sono quelle di un ambiente sano, trasparente, in grado di tutelarsi da pressioni e da infiltrazioni illegali, ma anche di sviluppare nuovi anticorpi”.

Ovvietà: è necessaria e irrinviabile una spiegazione. Intanto perché, aldilà di ogni legittima opinione, non si può sottacere né sottovalutare che si tratta di una vicenda che vede primattore non una banda di ladruncoli ma la “mafia” siciliana, direttamente quel Salvatore Rinzerillo di Gela.

Nessun ostacolo al rigetto della tesi che il Car sia “nella mani” della malavita. Ma ugualmente si accetti che la malavita agisce nel Car: un fatto indiscutibile. Così come l’assenza di controlli.

Grida d’allarme sono venute da più livelli istituzionali. A salire fino a Giovanni Salvi, che già nel 2015, appena nominato procuratore generale a Roma, espresse le sue preoccupazioni sul Car. Non si può parlare di casualità poiché il magistrato aveva diretto sino a quel momento la procura di Catania.

Ma ammissioni sono venute anche dall’interno del Centro agroalimentare. Il quale, il 12 gennaio di quest’anno, ha ospitato per un sopralluogo la Commissione antimafia regionale. Pur preventivamente avvertiti, i componenti dell’organismo interpartitico sono tornati a casa senza aver riscontrato problemi.

Salvatore Rinzivillo

Eppure, il 21 ottobre 2016 – come recita un comunicato della Regione Lazio – “la Commissione speciale sulle infiltrazioni mafiose e sulla criminalità organizzata nel territorio regionale aveva incontrato il direttore generale del Centro agroalimentare di Roma, Fabio Massimo Pallottini, e il direttore operativo Mauro Ottaviano. L’audizione, richiesta dal consigliere Gianluca Perilli (movimento 5stelle, ndr), era finalizzata a verificare se il grande snodo commerciale con sede a Guidonia abbia mai subìto tentativi di infiltrazioni criminali”.

Due interlocutori, due risposte. Diverse e contraddittorie tra loro: “Non sono mai stati ravvisati episodi chiari di infiltrazioni criminali né avuto notizie in tal senso sulle attività del Car” (Pallottini). “Non è possibile controllare da dove provengano le merci e i fornitori e, soprattutto, acquisire informazioni su coloro che si recano a Guidonia per acquistare i prodotti agroalimentari e ittici” (Ottaviano).

Analogo e unanime il parere della commissione regionale antimafia. Quindi? Si va avanti così. Non si dica che un chiarimento non è necessario.