Scrive Alessandra Paparelli (da Facebook):
Tommaso Verga ciao, la mia domanda è questa. Il famoso studio che la Regione ha fatto fare a città metropolitana sulla caratterizzazione dei siti, dei terreni, sui territori. Ma questi terreni saranno soggetti a ulteriori controlli, come si rilevava dalla fine delle sette pagine? La vicenda è piuttosto complessa. Chi sono i responsabili di questa situazione tremenda, chi i veri responsabili, dal 2002 a oggi? Mi interessa particolarmente una tua ulteriore riflessione.
Buona sera Alessandra, secondo me, su Fb narrare quanto chiedi, avrebbe occupato uno spazio incompatibile. E’ il motivo per cui ho “trasferito” qui la tua nota. Subito rispondo alla prima domanda: gli enti locali avevano 60 giorni di tempo per le “osservazioni”, poi la Città metropolitana avrebbe deciso le localizzazioni. Non se n’è saputo più nulla.
Ed ora la storia. Inizio con l’indicazione degli attori, almeno dei principali, ricavati dall’elenco lunghissimo dei nomi di quanti hanno preso parte ai capitoli di Monnezzopoli. Dal defunto Carlo Filippo Todini, camerlengo di Sua Santità, proprietario di quasi tutto il territorio dell’Inviolata, a Paolo Morelli, il successore nella funzione di amministratore della tenuta agricola. Discende direttamente dalle azioni di quest’ultimo l’“impianto Tmb” (così come l’insediamento “Bartolini”).
Sul palcoscenico di Monnezzopoli si sono esibiti moltissimi personaggi determinando conclusioni sulle quali, prima di renderle esecutive, credo sarebbe stato indispensabile almeno domandare il giudizio dei cittadini di Guidonia e di Mentana (Fontenuova verrà poi).
Pensa ai rifiuti provenienti da 125 (centoventicinque!!!) Comuni del Lazio interrati nella discarica per decreto regionale. Sempre beneaccolti dagli amministratori cittadini.
La lista dei protagonisti non può non essere capeggiata da Giuseppe Renato Croce, il pretore inviato dal Csm a Tivoli nel 1982 per punizione, dopo la scoperta della sua iscrizione alla loggia P2 di Licio Gelli. A quel momento, l’Inviolata è una discarica abusiva, lui ne ordina la bonifica, incaricando Todini.
Il quale, a sua volta, affida l’incombenza alla “Ecologica”, una neonata srl. Il “concerto di Monnezzopoli” si chiuderà con la marcia trionfale della legittimità dell’Inviolata.
Uno dei direttori d’orchestra risponde al nome di Bruno Landi, socialista, presidente della giunta regionale dal 24 marzo 1983 al 18 aprile 1984 e dal 17 maggio 1987 al 27 luglio 1990, divenuto a fine carriera politica uno degli amministratori del gruppo Cerroni.
“Insieme a Manlio Cerroni sono finiti agli arresti domiciliari i suoi uomini più fidati. Ad iniziare da Bruno Landi, per due volte presidente della regione Lazio, amministratore delegato di Ecoambiente (società che gestisce la discarica di Latina, oggi sotto inchiesta per reati ambientali, ndr)”, L’Espresso, 9 gennaio 2014.
Giustamente, tu fissi la “svolta Tmb” al 2002. La legge regionale n. 22 del 20 giugno 1996, proposta da Anna Rosa Cavallo, aveva trasformato 400 ettari dell’Inviolata in area protetta. A luglio 2002, Francesco Storace, Msi, presidente della giunta regionale del Lazio, prova a deliberare la revisione dei confini. Non gli riesce. Ma non demorde.
Contemporaneamente, Paolo Morelli, assessore socialista alle finanze di Guidonia Montecelio a inizio anni ’90, al tempo della giunta Psi-Pci di tangentopoli (quella dei “cessi d’oro”), convertito alla Margherita si trasforma in trait-d’union tra Todini e Manlio Cerroni. Obiettivo: la vendita della porzione di terreno utile ad ospitare l’impianto. I 39 ettari di superficie del Parco dell’Inviolata vengono “tagliati” da Storace, nel 2005, alla scadenza del mandato, e passano a Monnezzopoli.
Trascorsi cinque anni si entra nel merito. Con due determinazioni della Pisana. La prima riguarda una serie di volture societarie del gruppo Cerroni necessarie a validare la conferenza dei servizi d’esordio per ottenere l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) il 2 agosto del 2010. L’altra vuole mettere riparo all’assenza della (nemmeno invitata) Soprintendenza.
In questo modo: nella conferenza dei servizi dell’agosto 2020 si procederà “all’acquisizione anche del parere della Soprintendenza, pur in assenza di interferenza con le aree vincolate al fine di acquisirne eventuali prescrizioni e indicazioni”. Errore gravissimo. Probabilmente dovuto all’abitudine verso altri comportamenti di Monnezzopoli. Che provoca l’avvio del “processo” in senso proprio.
Per il pubblico ministero di Tivoli le autorizzazioni della Pisana sono entrambe carenti dell’obbligatorio preventivo nullaosta della direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio e del parere vincolante della Soprintendenza paesaggistica del Lazio. Nessuno fa caso alle leggi si direbbe.
Per citare: il vicepresidente regionale Massimiliano Smeriglio (Sel), senza preventivamente espletare la procedura di Aia e quindi, acquisire l’obbligatorio parere paesaggistico, il 12 agosto 2013 ha permesso l’abbancamento nel sesto invaso della discarica di ulteriori 75.000 metri cubi di rifiuti per un periodo di sei mesi.
Repressione inevitabile. Tanto che scatta il sequestro del cantiere all’Inviolata. Fatto sconosciuto a Monnezzopoli. Nel decreto del gip di Tivoli, notificato dalla Forestale il 14 settembre 2014, si evidenzia un’autorizzazione dei lavori viziata da carenze paesaggistiche. Ma il provvedimento viene annullato il 23 settembre dal tribunale del riesame, che proscioglie anche gli amministratori delle due imprese, “Colari Ambiente Guidonia” ed “Edilmoter”, esecutrice dei lavori. Riprendono le attività del cantiere.
Fino al nuovo intervento. Stavolta definitivo, pesantissimo nei contenuti e nella formulazione. Per decisione della Corte di cassazione. La quale non soltanto conferma le tesi del ricorrente tribunale di Tivoli contro il verdetto del riesame, ma fissa definitivamente il criterio al quale sottostare sulla vexata quaestio “sovrintendenza sì-sovrintendenza no”.
La Cassazione: causata da una “macroscopica omissione” della Regione Lazio l’assenza dei “Beni Culturali e Paesaggistici, unico organo deputato ad emettere il parere finale”
L’assenza? Causata da una “macroscopica omissione” (testuale, ndr) della Regione Lazio alla “Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, unico organo deputato ad emettere il parere finale” scrivono i giudici. Nuovo stop del cantiere Tmb, il 7 aprile 2016. Processo in corso a Tivoli, in aula se ne riparlerà il 27 settembre 2018.
Imputati, Monica Cerroni, figlia di Manlio; Isabella Stolfi, di Guidonia, responsabile della “Edil Moter srl” (la ditta costruttrice del Tmb); Francesco Zadotti, l’esperto di fiducia di Cerroni senior nonché amministratore della “Colari Ambiente Guidonia”, la srl proprietaria e titolare dell’Aia, rilasciata, appunto, il 2 agosto 2010 dalla Regione Lazio. Infine, il progettista Gian Mario Baruchello.
Importante e opportuno chiedersi cosa ci si attende adesso. A rigore di logica, chiudere la “partita Tmb” (così come Monnezzopoli), e poiché le affermazioni dei giudici della Corte di cassazione sono di una semplicità estrema e non si prestano a interpretazioni, ne discende che se la procedura di concessione dell’Aia da parte della Regione Lazio risulta viziata da illegittimità sin dal 2010, la costruzione dell’impianto è abusiva. O si acquisisce al patrimonio comunale o si butta giù.
L’abbattimento e il ripristino dei luoghi – come sempre richiesto dal Cra (Comitato di risanamento ambientale), l’associazione di cittadini più “ferocemente” avversa ai protagonisti degli avvenimenti descritti – altro non vuol dire che applicare la legge. L’unico soggetto a tutti gli effetti escluso dal palcoscenico dell’Inviolata in questi ultimi trent’anni.
Spero di aver chiarito gli aspetti della vicenda ancora non pienamente noti. E di aver fornito temi e nomi utili a far chiarezza su Monnezzopoli. Mi fermo qui. Riconfermando che il cantiere è tuttora sotto sequestro e, senza un contrario provvedimento della magistratura, nessuno può entrare né l’attività riprendere. Il Consiglio dei ministri ha deliberato, ma in questo Paese, ancora, vige la divisione dei poteri.