di TOMMASO VERGA
ORA PERO’ DOVETE spiegare: avete un piano, un progetto, una proposta, che respinga o sostenga le spinte secessioniste che albergano nei sobborghi di periferia di entrambe le città? Ancora: come si concilia la redazione di due nuovi piani regolatori con quartieri che vogliono abbandonare la ‘casa madre’ per unirsi fra loro sotto l’insegna di un nuovo Comune? Per citare, Villalba di Guidonia e Tivoli Terme? Infine: siete consapevoli che o le città si fondono oppure è impossibile governarle con gli strumenti e i mezzi attuali?
La sottolineatura degli ostacoli o la messa in evidenza delle parti deboli non solo non intende negare la giustezza del protocollo, ma vuole aiutare a capire come e dove occorre un quid maggiore di riflessione e di approfondimento perché non fallisca. Della bontà dei propositi, su hinterlandweb fanno fede Saremo una provincia di Roma, 15 settembre 2014, e (stessa data) La ‘nuova città’ Tivoli-Guidonia. Nessuna supponenza, solo qualche conoscenza messa per iscritto e ancora sufficienti sprazzi di memoria per un miniexcursus storico.
Che chiama in causa il Pci (Partito comunista italiano), autore negli anni ’70 del progetto “città del nordest” da Subiaco a Monterotondo, abusivamente traslata in operazioni di marketing. A seguire, Piero Ambrosi, Dc (Democrazia cristiana) a quel tempo, attuale segretario del Pd tiburtino, autore nel 1982 di un articolo sulla Voce dell’Aniene: mentre Diego Novelli e Carlo Tognoli, sindaci di Torino e Milano discutevano sull’unione delle loro città, Ambrosi si esercitò in un “Perché non TI-GU?” – dove Ti stava per Tivoli e Gu per Guidonia – che provocò qualche ferita e lasciò qualche segno: eh! le bandierine sul campanile… Diroccato. Alla pari quello di oggi.
Infine, 1995-1998, la “Tam” (tangenziale assiale metropolitana) enunciata dal presidente della Provincia di Roma Giorgio Fregosi e, dopo la sua morte per infarto a Palazzo Valentini, rilanciata da Maria A. Sartori: un raccordo “da mare a mare”, Civitavecchia-Pomezia, che consentisse alle zone montane e dell’entroterra capitolino, di uscire dall’isolamento e dall’abbandono. Di non entrare nello schiacciasassi del “rischio estinzione”.
Dev’essere chiaro: purché non si arresti sulle porte dei municipi, la firma del protocollo d’intesa tra Guidonia Montecelio e Tivoli è azione di straordinaria importanza e, come detto, necessità. Perché – salvo ripensamenti – può riuscire a modificare in radice il confuso e confusionario modello conosciuto, lo spontaneistico in larga parte assetto territoriale, la stessa organizzazione sociale. Dalla riuscita dipende la sopravvivenza delle città (elencate in ordine alfabetico; per evitare di suscitare strepiti e schiamazzi soliti e degni di una sezione di partito o di un profilo social).
Modificare in radice il confuso e confusionario modello, lo spontaneismo in larga parte divenuto assetto territoriale
Il protocollo rappresenta il primo atto di “governo vero” delle amministrazioni cittadine presiedute da Michel Barbet e Giuseppe Proietti. Sinora, alla maggioranza di Guidonia Montecelio è mancato il respiro, causa le “scoperte” succedutesi con l’ingresso nella stanza che fu di Eligio Rubeis, con la conseguenza che il giorno per giorno è stato il metronomo (poco intonato) della giunta. Con l’aggiunta delle divisioni interne al gruppo consiliare e con lo stato d’animo via via modificatosi in senso esattamente contrario alla notte della “presa” del palazzo comunale.
Barbet dalla sua ha il breve arco di tempo, attenuante che non può vantare il sindaco di Tivoli. Ad esclusione del successo della politica sui rifiuti, a un anno dal termine del mandato il giudizio popolare sulla consiliatura ben difficilmente può scavalcare l’elenco delle feste. Ad ognuno la sua vien da dire. Non pervenuti, “lottizzazione Nathan”, città termale, “Acque albule spa”, il sepolcro dei Plauzi. Le priorità della campagna elettorale.
Che però possono divenire la chiave di volta di una rinnovata strategia dell’intervento pubblico nell’area. Si porta ad esempio la costruzione della città termale sui 700 ettari tra Tivoli e Guidonia Montecelio, contemplata dal Piano territoriale provinciale generale, dal Programma degli interventi per Roma capitale, “ossatura” della delibera sul Prusst dell’”Asse tiburtino” sottoscritto l’8 marzo 1999 (Programma di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio).
La città termale, tra il 2003 e il 2009, è già costata 750mila euro di studi e ricerche a carico della città metropolitana. Si tratta di non cedere lo stabilimento (la trattativa con Bartolomeo Terranova, Fincres spa, prosegue da anni) e di rinnovare la riacquisizione della concessione mineraria alla scadenza 2015.
Si descrive un progetto che trovò il consenso unanime di Guidonia Montecelio, Tivoli, Castel Madama e Roma. Il ‘Fata Viem Invenient’ – così il nome – si classificò primo a livello regionale, con 89,49 punti. Dov’è finito? Nel viadotto sull’Aniene a Pontelucano, dal quale prenderà il via la Tiburtina bis (altra opera del Prusst, già finanziata con 16 milioni di euro; si attende che la città metropolitana indica l’appalto; inspiegabile il ritardo di anni); l’altro capo si attesterà ai Mercati generali.
Non solo opere. Perché l’obiettivo strategico, determinante per la sopravvivenza, dev’essere quello di deromanizzare l’area tiburtina, di rovesciare il centralismo capitolino. Il protocollo nemmeno sfiora l’argomento. Pur trattandosi di questione di non impossibile soluzione. Purché si abbiano in mente le opportunità che questa area ancora può offrire.
L’aerospazio e il turismo possono comportare il decentramento delle specifiche facoltà universitarie
Il protocollo elenca. Anche il distretto del travertino. Perché non gli altri due, l’aerospazio e il turismo? Distretti già sanciti dalla Regione Lazio. Che possono comportare il decentramento delle specifiche facoltà universitarie, specie il primo. Infine, le aree libere, pubbliche, vietato l’utilizzo ai palazzinari. Sono 100 ettari, ex Pio istituto di Santo Spirito, tra Borgonuovo e i Mercati generali. Start up? Si avvii il percorso.
Si diceva del “rischio estinzione” delle comunità interne e montane. Se Guidonia Montecelio e Tivoli non s’attestano all’enunciazione delle buone intenzioni, ma realizzeranno i propositi, ne sarà beneficiato l’intero sistema territoriale tiburtino, con effetti positivi che ricadranno sulla Sabina romana, sul Giovenzano, su Subiaco. Anche san Benedetto si dirà d’accordo.