di TOMMASO VERGA

MA PERCHE’ NON si è ricorsi contro la delibera Gentiloni del 22 dicembre 2017? Perché il Comune di Guidonia Montecelio non si è (ancora) appellato al Tar? Non poteva? Errore. Era ed è possibile. Lo documentano Regione Puglia e Comune di Taranto i quali, agendo oltre ogni titubanza, hanno impugnato il Dpcm (decreto del presidente del Consiglio dei ministri) relativo al piano industriale per l’Ilva. E, com’è noto, “decreto” e “delibera” debbono rispondere all’obbligo di procedure identiche.

Ad ogni buon conto, https://www.uaar.it/doc/sentenza_intesa_7068-2014.pdf, è un link che dimostra come un atto analogo della presidenza del Consiglio dei ministri, una delibera Gentiloni del momento, del tutto identica nella forma all’odierna, sia stato sottoposto all’esame e recepito dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio. E concluso da un giudizio.

Ciò detto, ci si chiede cosa farà l’amministrazione comunale di Guidonia Montecelio nei prossimi giorni. Oltre che (ci si augura) ricorrere al Tar sulla delibera Gentiloni relativa al Tmb, come si “attrezzerà” in vista della conferenza dei servizi conclusiva (e risolutiva) per la messa in opera della “macchina cerroniana”? Riuscirà a “osservare”, a trovare motivi e norme contrari al proseguimento della procedura? Può risultare utile chiedere agli uffici uno sforzo – non di fantasia – per non arrivare in Regione sventolando la bandiera bianca?

Il ricorso al Tar contro la delibera Gentiloni; alla Procura va chiesto di indagare sul mancato invito alla Soprintendenza: chi è stato e perché

Nella riunione precedente, si ricorderà, nonostante la giunta Fi-Udc-Fd’I di “tangentopoli 2” fosse d’accordo con le premesse cerroniane, il documento di opposizione all’impianto a firma di Paola Piseddu, dirigente dell’Ambiente, si rivelò decisivo per arrivare al “verbale di mancato accordo”. Spirito e (forse) contenuti ancora utili. Necessari anche stavolta.

A dar retta agli stati d’animo, i motivi sui quali basare il contrasto ai desiderata dell’avvocato di Pisoniano sono vari e molteplici. Concesso, non si può affidare a soggettive impressioni una contesa nella quale solo gli specialisti delle parti possono definire i termini. Però, dalle conferenze dei servizi alla delibera Gentiloni, a chi osserva la trafila non può essere impedito di mettere in riga gli elementi sfuggenti alla “normale” comprensione. Quelli che riesce a selezionare se tiene presente che… “il veleno è nella coda”.

Il primo che balza agli occhi non si presta a paragoni, soverchia gli altri: il mancato parere della Sovrintendenza. Che la Corte di cassazione ha dichiarato determinante. Qualche funzionario pubblico, nelle pieghe d’una banale e consolidata prassi, si direbbe abbia rischiato posto di lavoro e carriera per cogliere il “respingimento” della Sovrintendenza. In modalità “silenzioso” all’inizio, esplicito, dichiarato, in seguito (“uffa; va bene, vi convocheremo nel 2024”).

Qualche funzionario pubblico ha rischiato posto di lavoro e carriera per cogliere il “respingimento” della Sovrintendenza

E’ stato commesso un reato? Un interrogativo al quale può rispondere soltanto l’organo costituzionalmente deputato, la magistratura. Alla quale però il Comune di Guidonia Montecelio deve rivolgersi perché, a seguito di una circostanziata denuncia del sindaco, accerti i motivi che hanno condotto a evitare l’applicazione della norma.

A leggere il “verbale della conferenza dei servizi decisoria del 05.03.2010” non si può fare a meno di annotare come la questione del “parere paesaggistico” non sia stata posta in alcun modo e fase. Nemmeno da parte di Luca Fegatelli, il direttore dell’ufficio regionale, che, si scrive, “riassume le risultanze delle conferenze dei servizi del 01.07.2009, del 26.11.2009, del 03.02.2010”. Come dire che, in quanto rappresentante del medesimo Stato di appartenenza della Sovrintendenza, e responsabile quindi dell’osservanza delle medesime leggi, in dieci mesi il dirigente non ha sollevato questioni. Poteva? No, visto che il parere deve essere obbligatorio.

Copartecipanti, stessa rappresentazione, gli stessi Beni culturali e ambientali. I quali non hanno eccepito alcunché. Davvero singolare, un mistero (buffo). Ne consegue l’ennesima domanda: perché la rappresentanza del Mibact (come si chiama oggi) non ha insistito, perché non s’è messa di traverso? E’ lecito pensare che qualcosa non sia andato per il verso giusto in quegli incontri, non sotto il profilo amministrativo quanto delle responsabilità dei partecipanti, dell’osservanza dei compiti che la legge assegna loro.

Purché, alla fine, tutto non debba essere ricondotto alla “guerra persa” da Virginia Raggi contro i rifiuti: il Tmb parte e arriva la mondezza di Roma. Per colpa di altri

In conclusione, Michel Barbet, sindaco di Guidonia Montecelio, è chiamato a tutelare i suoi cittadini attraverso azioni del tutto lecite e legittime. Parte al Tar, parte alla procura della Repubblica di Tivoli. Non può astenersi o far finta di nulla, imputando al destino cinico e baro gli accadimenti prossimi. Perché, altrimenti, il giudizio non potrà essere altro che le condizioni della sua città – anche sotto questo aspetto – sono dipese e dipendono da Virginia Raggi e dalla sconfitta ormai acclarata della sindaca di Roma nella guerra dei rifiuti.

Senza reazioni adeguate e appropriate, l’impianto per il Tmb sarà operativo a breve, così da accogliere la mondezza, anche capitolina, magari accompagnato dal peana della solidarietà che non può mancare in fasi d’emetgenza. E dalla solita tiritera sulle colpe, di quello o di quell’altro partito avversario. Naturalmente per tutta la campagna elettorale. Che tra due mesi finirà. Resterà la memoria. E l’impianto funzionante. Ah! serve una discarica. Il nuovo fronte.