MA C’E’ LA CAMPAGNA ELETTORALE? E PERCHE’?

A TRE SETTIMANE dal voto, il tema conduttore della campagna elettorale non si coglie. Per quale obiettivo (quello personale a parte) i partiti, le liste, i candidati, le coalizioni si battono nei cosiddetti collegi per occupare un seggio in Parlamento o in Regione è materia interamente delegata ai media nazionali come se il “locale” non significasse, un argomento privo di diritti e titoli.

Le cose cambieranno? certamente, ma non più di tanto. Anche a causa di almeno un impedimento oggettivo: con una legge come quella che regola l’appuntamento del 4 marzo, la campagna elettorale “classica” è sostanzialmente vietata. I numi che hanno licenziato il mostro dovrebbero dire come raggiungere le centinaia di migliaia di cittadini residenti nelle località indistintamente ammucchiate tra loro.

Si pensi che un residente di qui è particella dei quasi 2 milioni aventi diritto al voto nel collegio senatoriale comprendente quello che da Guidonia Montecelio fa rotta nord fino a Viterbo. I criteri di formazione? Sono 3, fissati per legge: la “coerenza del bacino territoriale”, l’”omogeneità economico sociale e storica culturale” e la “continuità del territorio”. 

L’altro aspetto – un paradosso più che altro – è il mantra, unanime la parola d’ordine, “il territorio”. Una “cosa” che si legge nel curriculum di presentazione di qualsiasi candidato di qualunque formazione. Poi, se vai a vedere, ti rendi conto che non sa cos’è, che ignora la specificità, i problemi. Con l’aggiunta che il fatto non riguarda solo i “paracadutati”, figure designate dalle segreterie dei partiti in quanto fedelissime dei capi, ma anche gli indigeni.

Cosicché, tutto sommato, anziché ripetere il rosario dei nomi, conviene andare “dentro” gli elenchi, valutare stile, curriculum, contraddizioni. Perché, come scrive uno dei contendenti, “i cittadini non si prendono in giro, ma si dicono le cose come stanno, perché i nodi vengono sempre al pettine”. Grati per il suggerimento.

Il guidoniano, l’indipendente, il quarto e il “di Tivoli no”

di TOMMASO VERGA

NON SUFFICIENTE, la candidatura di madame Etrutria non risponde alla teoria della territorialità, va colmato il divario. Così nel “collegio” Guidonia-Tivoli, a sudest di Roma, l’ennesima designazione di peso allieterà le schede volte ai dem. Si tratta di Micaela Campana, già consigliera di circoscrizione nel V municipio, deputata uscente e molto-molto-molto probabilmente rientrante. Se così non fosse, su tutto il partito romano potrebbero ricadere conseguenze, sui fedelissimi del segretario prima di ogni altro.

Come sia stato possibile per Matteo Renzi compilare una testa di lista che assegna a Micaela Campana il seggio pressoché sicuro è roba che supera non tanto i confini della politica – nemmeno ci si farebbe caso tanta è l’abitudine – quanto quelli del buonsenso. Insieme al fatto che è decisamente appropriato interrogarsi su come reagirà l’elettore dem davanti a una scheda contenente il nome dell’autrice del più che famoso “un bacio grande capo”, l’sms indirizzato a Salvatore Buzzi.

Il Fatto quotidiano annoterà la bellezza di 39 “non so” e “non ricordo”. In due ore

Metà ottobre 2016. Nell’aula di Rebibbia, interrogata dal sostituto Luca Tescaroli — nel processo a quel momento ancora “Mafia capitale” —, Micaela Campana quel bacio lo ha confermato senza esitazioni — “(…) è il mio modo di esprimermi, l’avrò scritto a milioni di persone” —. Del tutto diverso il dibattimento, le repliche relative a fatti, circostanze, episodi sui quali  poneva domande  il pubblico ministero. Il Fatto quotidiano annoterà la bellezza di 39 tra “non so”  e “non ricordo”. In due ore.  Effetto: sospetto di falsa testimonianza.

Micaela Campana, deputata uscente del Pd

Il resoconto sul Corsera del 17 ottobre 2016: «Micaela Campana, parlamentare Pd e componente della segreteria del partito, entra da testimone nell’aula bunker di Rebibbia e ne esce sotto il peso dei ripetuti avvertimenti del presidente del tribunale, Rosanna Ianniello, a ‘dire la verità’. Troppe reticenze e dimenticanze smentite dai fatti: la posizione della 39enne delegata al Welfare per i Dem sarà rivalutata a fine processo. I legali di Buzzi, Alessandro Diddi e Pier Gerardo Santoro, la mettono alle strette e alla fine si dicono ‘molto soddisfatti’». Sms  e  telefonate provano le continue richieste di favori.  Con Buzzi a disposizione. Tutto illustrato in aula, anche nei dettagli: la comparsa del  cognato della deputata pd consigliere nel IV municipio;  una richiesta per un trasloco; un incontro andato a vuoto tra Campana e Mario Ciarla, già vicepresidente del Consiglio regionale (pd) ‘perché —  dice Buzzi — non vogliono pagare’».

Quando in aula si leggono i testi degli sms, Micaela Campana si giustifica: «Quei favori non erano per me». E’ la risposta conclusiva riportata dal cronista del Corsera. Appunto. Ma potrebbe anche essere  la chiave interpretativa dell’intera vicenda: chi ha ricevuto ora deve ridare.  Non si fa peccato a  sospettare che da ciò discende la designazione. Unita alla ricerca dell’ombrello dell’immunità parlamentare in caso di rinvio a giudizio per il comportamento nell’aula giudiziaria.

Il “codice etico” del Pd per Bruno Astorre e Carlo Lucherini non vale

Attesa che invece non riguarda altri due big. Loro a giudizio sono stati già rinviati. In quanto imputati nel procedimento iniziato il 22 gennaio, relativo all’uso dei contributi della Pisana tra il 2010 e il 2012. Cosicché al Senato i democrat dovranno eleggere Carlo Lucherini, politico e non altro nella vita, e Bruno Astorre, mister 25mila preferenze ai tempi del Consiglio regionale. Due candidature che cozzano con il “codice etico” del Partito democratico, secondo il quale né Astorre né Lucherini  possono aspirare alla rielezione. Fesserie.

A parte i “discutibili”, collocato in forza quattro, il candidato sindaco di Guidonia Montecelio — con il Pd a Tivoli totalmente privo di candidati — alle amministrative di sette mesi fa. Emanuele Di Silvio. Sconfitto da Michel Barbet, del movimento 5stelle. Un merito. Che vale un posto in graduatoria. Accompagnato da manifesti grandi grandi con l’autoscatto di Nicola Zingaretti.

Roberto Morassut

Dai quali non si ricava se Di Silvio è in corsa alla Camera, al Senato, alla Regione. Forse per umiltà o modestia, oppure per devozione alla sofferenza, necessità del corpo e dell’anima. Che eleva, vibrazione che soltanto il predestinato può sentire. A dimostrazione, la storia politica dell’uomo. Iniziata con Antonio Di Pietro, prosegue ora con la venerazione per Bruno Astorre.

Infine, altra candidatura del Pd che dovrebbe sollevare quantomeno perplessità nel collegio di Guidonia è quella di Roberto Morassut, in lista alla Camera subito dopo la Boschi. Con lui, la storia torna indietro esattamente di 10 anni, allorché Valter Veltroni si dimise da sindaco  capitolino, il 13 febbraio del 2008. Il giorno prima aveva licenziato il Piano regolatore di Roma.

Lo strumento urbanistico ha disseminato 110mila nuovi abitanti sulle ‘terre di mezzo’ tra capitale e provincia, sul confine tra Lunghezza e Bufalotta (numero che va a sommarsi con quelli di Caltagirone a Ponte di Nona). Nemmeno un cenno al sistema delle infrastrutture e dei servizi. Trasporti, sanità, istruzione, lavoro, chi l’ha visti?

Così, le condizioni generali  del comprensorio, per effetto dell’urbanistica contrattata, sono decisamente aggravate. Nella premessa del Prg, proprio Roberto Morassut, assessore al Piano, scriveva che le ‘scelte verranno compiute coinvolgendo le comunità locali’. Le quali stanno aspettando. In fila, ordinatamente. Sarà colpa del traffico.