di TOMMASO VERGA

BASTA L’ILLUSTRAZIONE del perimetro territoriale per giudicare (per condannare, anche se è fatica inutile), chi ha partorito una legge così congegnata. Con tutta evidenza in animo e in mente era chiaro l’obiettivo, non rispondere alla volontà-necessità che chi si reca in cabina – quantità sempre minori, indovinala grillo – lo fa perché intende esprimere il governo del Paese. Ricavato: mantenere assoluta la presa dei partiti e delle loro segreterie sul sistema politico-amministrativo. Scelgono i cittadini? Negativo, preventivamente vietato dal meccanismo elettorale. Ma tant’è.

Ma cosa sarebbe accaduto se anziché l’ambito collegiale come risulta si fosse preso in esame un modello territoriale “riconoscibile” dall’elettore, da un residente nel territorio tiburtino? Chi vince e chi perde? Considerando anche i “raccomandati”, i “coccolati” candidati senza radici, in cima alla classifica “numerica” si pone Guidonia Montecelio, che – stando all’analisi, il voto è altro – è l’unica oltretutto a godere della effettiva probabilità di inviare a Montecitorio un rappresentante cittadino.

Foto del 2004: Stefano Sassano, sindaco di Guidonia, con Eligio Rubeis, assessore ai Lavori pubblici dell’epoca

Sulla rampa di lancio è Stefano Sassano, Forza Italia, ex sindaco della città dell’aria dal 2000 al 2005, avversario dichiarato (ma forse rende più “nemico”) del successore Eligio Rubeis, stesso partito, secondo mandato finito non proprio con un brindisi. Entrambi della corrente di Antonio Tajani, il presidente forzista del Parlamento europeo ha letteralmente imposto Sassano candidato al terzo gradino del plurinominale, giubilando l’altro, non solo per i gravi fatti accaduti nella gestione della città – che portano a coniare la definizione “Guidonia tangentopoli due” –, ma anche per la scelta operata nelle amministrative di sette mesi orsono, quando Rubeis privilegiò l’accordo con Fratelli d’Italia all’unità del suo partito, finito privo di rappresentanza in Consiglio comunale.

La costituzione di un autonomo raggruppamento di destra alternativo al “potere” romano il piano di medio-lungo periodo rubesiano che, alla prima prova, la presente scadenza, fallisce miseramente. La designazione dall’alto nell’uninominale del collegio di Barbara Saltamartini, attesta le qualità del fiuto di Salvini, naturalmente consapevole che la provocata ribellione dei “duri e puri” ex missini avrebbe portato risorse al mulino della Lega e squassato la formazione tradizionale. Inutile il grido di dolore di Alessandro Messa, che in un anno colleziona la seconda bocciatura: sette mesi fa candidato per qualche giorno sindaco di Guidonia Montecelio, ora fuori dalle politiche.

Anna Falcone, prima a sinistra, e Monica Gregori, ultima a destra, nell’assemblea a difesa della Costituzione svolta a Tivoli il 27 novembre 2017

All’opposto di Guidonia Montecelio, in fondo alla classifica, portatore di voti senza possibilità e speranza di osservare oppure obiettare alcunché, si colloca Tivoli. Aver dichiarato morta la politica, all’insegna del “fuori i partiti dal Palazzo”, mantenuto la linea prescelta e stabilita al momento di eleggere Giuseppe Proietti sindaco, quattro anni fa, ha prodotto diversi effetti, difficilmente assegnabili alla voce “attivo” del dare-avere.

Sebastiano Cubeddu, 5stelle

Candidati tiburtini al Parlamento? Non pervenuti. Anche questi sono frutti. Va precisato che nella passata legislatura Tivoli aveva eletto Andrea Ferro, per scelta personale retrocesso alla Regione Lazio al pari di Marietta Tidei ed Emiliano Minnucci, gli altri due colleghi piddini ma dell’area Bracciano-Civitavecchia, tutti in fuga dalla legge elettorale. Curiosità: Ferro se la dovrà vedere con Monica Gregori, inopinatamente e senza giustificazioni, “scandidata” dal seggio parlamentare, anche se recuperata in qualità di capolista di LeU (Liberi e uguali) alla Pisana: adesso candidati avversari, nel 2013 i due erano appaiati nel medesimo “santino” elettorale dopo le primarie del Pd tiburtino.

Sebastiano Cubeddu, movimento 5stelle, l’altra possibile sorpresa 

Addentrandosi nelle pieghe delle liste per Camera e Senato va annotato il recupero di Sebastiano Cubeddu, movimento 5stelle, all’uninominale. Come riferito già, il capogruppo nel Consiglio comunale di Guidonia Montecelio della passata legislatura (anche se alcuni dei “suoi” preferiscono appellarlo “ex consigliere comunale”), era stato letteralmente “brutalizzato” dai grillini in occasione delle “parlamentarie”, finite con l’assegnazione del settimo posto della graduatoria, ben al di sotto delle aspettative non soltanto della persona, ma della città. Dove Cubeddu è persona stimata, a prescindere dall’appartenenza di partito. Un recupero che potrebbe rappresentare la sorpresa del 5 marzo.

Marianna Sturba, Liberi e uguali

Ed ora la constatazione più singolare: chi presiede la “classifica” di città privilegiata del comprensorio è in realtà Subiaco, che consegna agli elettori schede con tre candidati: Marianna Sturba e Domenico Pelliccia, entrambi di LeU; e Francesco Lollobrigida, di Fratelli d’Italia, cognato di Giorgia Meloni.

Una evidenza che obbliga la sinistra (definita tale per la selezione delle scelte e non per come la si vorrebbe) a una riflessione sulla condizione – esistenziale ormai – che traguarda decisamente il 4 marzo. Al rigonfiamento di Subiaco il contrappunto di Tivoli e di Guidonia Montecelio: niente candidati locali, solo paracadutati targati Mdp. Il termometro evidentissimo d’uno stato dolente, causato dall’ambiguità della linea e dal settarismo dei “dirigenti”. A Tivoli una “certa” sinistra ha persino rifiutato di sostenere la campagna referendaria sulla Costituzione, un anno fa. Comportamenti che si pagano. E un viatico che non lascia presagire nulla di positivo per le elezioni tra un anno a Tivoli.