(t. ve.) In un’Italia in cui spesso i fascisti rimangono impuniti, risulta quanto mai ben accolta per quanto inaspettata una condanna per apologia del fascismo. Dopo gli 8 mesi comminati a novembre dell’anno scorso dal tribunale di Tivoli dopo l’intitolazione nell’estate del 2012 di un monumento a Graziani nel paese di Affile, la Corte d’appello di Roma si è espressa oggi ribadendo pienamente le tesi dell’accusa. Confermata dunque anche in secondo grado la condanna ad otto mesi per il sindaco e sei mesi per i due assessori Giampiero Frosoni e Lorenzo Peperoni. Oltre a un risarcimento di 8000 euro per l’Anpi: l’Associazione dei partigiani ricorse immediatamente contro la decisione, chiedendo la demolizione del monumento costato 127 mila euro.
In primo grado, la Procura di Tivoli qveva chiesto due anni per Viri e un anno e sette mesi per Frosoni e Peperoni. Ed anche la confisca del sacrario.
Risulta necessaria una condanna per apologia del fascismo in tempi in cui si sta minimizzando il problema dilagante di un’ideologia che sembra appartenere al passato, ma che al contrario fa parte del nostro presente molto più di quello che molti non vogliono riconoscere. Si è evoluta, come qualsiasi virus. Basti pensare al leader di Forza Italia Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, che ieri l’altro alla Zanzara su Radio 24, aveva elogiato le «cose buone fatte dal Duce». Per ripensarci precipitosamente ieri, di fronte alle protesta dei deputati di Strasburgo che, per criticare (e condannare) l’espressione, sono arrivati a modificare l’ordine del giorno dei lavori.
Soddisfatta Carla Nespolo, presidente dell’Anpi, «felice per questa notizia. Il fascismo è un crimine contro l’umanità e l’Italia, la sua Costituzione, le sue istituzioni democratiche lo rifiutano con forza». Con la sentenza sono state anche confermate le statuizioni civili tra le quali la condanna al risarcimento di 8.000 euro in favore dell’associazione.
La sentenza sul monumento a Graziani, in quanto confermata in appello, sgombera definitivamento il campo da un’ambiguità («voluta») che in questi anni ha accompagnato la vicenda, ossia che il sacrario fosse stato eretto con i fondi stanziati da una giunta di centrosinistra. Voce propagata da Renata Polverini il 24 novembre 2012, proprio nel momento in cui si dimetteva da presidente della giunta regionale del Lazio a causa dello scandalo dei fondi erogati ai gruppi politici. Uno scandalo scoperto due mesi prima, a metà settembre, con l’indagine su Franco Fiorito, ex capogruppo del Pdl in Regione accusato di peculato e che ha portato alla luce una gestione poco trasparente dei fondi destinati ai gruppi consiliari.
La precisazione venne da Luigi Nieri, capogruppo di Sel nel Lazio. «Ci si trovò di fronte a un utilizzo improprio delle risorse regionali. La giunta, infatti, stanziò 180mila euro per il completamento del Parco Radimonte di Affile. Il sindaco invece, di propria iniziativa, decise di utilizzare una parte di quelle risorse per la realizzazione del vergognoso monumento a Graziani dedicato al generale fascista». Se una «colpa» c’è stata risale alla giunta Polverini che semmai avrebbe dovuto vigilare sull’impiego delle risorse.