(t. ve.) CON IL RICORSO AL Tar del Lazio che intende «liberalizzare» la fruizione dei pasti nelle mense scolastiche (anche) del Comune di Guidonia Montecelio la richiedente vuole «(…) essere ammessa a consumare i propri pranzi di preparazione domestica nel locale refettorio, unitamente e contemporaneamente ai compagni di classe, sotto la vigilanza e con l’assistenza educativa dei propri docenti, per condividere i contenuti educativi connessi al tempo mensa, e per la conseguente condanna (del preside, della scuola… ndr) ad adottare, senza ritardo, tutte le misure e gli accorgimenti di legge atti a disciplinare la coesistenza nel medesimo refettorio, di pasti di preparazione domestica e di pasti forniti dalla ditta comunale di ristorazione collettiva».
I giudici amministrativi argomentano: «Ritenuto che il ricorso per motivi aggiunti appare assistito da elementi di fumus boni iuris avuto riguardo al precedente giurisprudenziale (Cons. Stato n. 5156/2018) che ha riconosciuto il diritto degli alunni di consumare presso il locale refettorio della scuola il cibo portato da casa nelle scuole nelle quali è istituto il servizio di refezione scolastica».
Per concludere che «Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), accoglie e per l’effetto sospende i provvedimenti impugnati. Fissa per la trattazione di merito del ricorso l’udienza pubblica del 19 novembre 2019».
Nella sostanza, chi lo desidera, alunno per alunno, può utilizzare le mense individualmente, «presso il locale refettorio della scuola», «sotto la vigilanza e con l’assistenza educativa dei propri docenti», almeno fino al 19 novembre, allorché il Tar emetterà la sentenza, quella che conta a tutti gli effetti, diversamente dal pronunciamento odierno (del 10 settembre), che ha sospeso il divieto dei dirigenti degli istituti di Guidonia Montecelio relativamente ai cibi domestici da utilizzare a scuola. Probabilmente per motivi d’urgenza: riprendono le lezioni, riaprono i refettori.
Un verdetto che non risolve il problema, che mantiene inalterate le distinzioni tra favorevoli e contrari. Dovute principalmente al fatto che l’«organizzazione del lavoro» quanto a mense, non si presta a superficiali modifiche. Né tra l’oggi e il domani. Basti pensare alla necessità di ricavare spazi o locali indispensabili a distinguere i due «settori», agli assistenti che dovranno supervisionare le «due mense», alle cautele imposte dai rischi derivanti dalle molteplici intolleranze di origine alimentare, alla probabilità che a pagare il prezzo più alto siano le lavoratrici della «Bioristoro», la società appaltatrice del servizio. Questioni presenti all’origine del «conflitto», alle quali si aggiunge la riapertura delle iscrizioni ai richiedenti della «mensa pubblica», dovuta alla sentenza di fine luglio della Corte costituzionale. Il boccone in parte non è ancora ben cotto, per altro rimane tuttora indigesto.