Emanuela Bergamo
DALL’APPALTO SUI RIFIUTI AL TRAVERTINO
NELLA LETTERA di dimissioni, Emanuela Bergamo sottolinea la distinzione tra sé e le operazioni relative al rinnovo dell’appalto sui rifiuti in scadenza alla «Tekneko» e la «convenzione» sulle attività estrattive, cause evidenziate nella lettera di dimissioni.
Quanto al primo, l’assegnazione dello studio per il contratto dei rifiuti è andata a farsi benedire. Revocato l’incarico all’avvocato Francesco Consalvi, capo dello studio legale nel quale opera l’assessora Elisa Strani, si vedrà se all’incombenza provvederà la stazione appaltante della Città metropolitana di Roma o quella della Comunità montana dell’Aniene; da 30 a 50 mila euro circa le (rilevanti) cifre richieste per la ricerca. Abbandonata – come nelle previsioni – la tentazione di riportare in casa il servizio; così come quella di unificare Guidonia con Tivoli: solo per l’ingresso in minoranza nell’Asa spa, l’azienda pubblica tiburtina, si chiedono 600mila euro.
Quanto alle attività estrattive, è sufficiente bissare quanto apparso su hinterland il 10 febbraio scorso, una settimana fa: «…il «tavolo grande» del 29 gennaio. Attorno al quale – come spiega la foto presa in prestito dal profilo Facebook del sindaco – Michel Barbet non sedeva da solo. Del Comune ci si sarebbe aspettati di vedere Emanuela Bergamo, l’assessora all’Ambiente, e quello alle Attività produttive, Davide Russo, protagonista dell’“accordo di programma” con Manzella. Niente, assenti entrambi. In cambio, la delegazione comunale era formata da due assessore che non c’entravano niente: Chiara Amati, Urbanistica, in rodaggio da vicesindaco; Elisa Strani, Cultura e pubblica istruzione. Le quali, verosimilmente, della materia sapevano tutt’alpiù quanto letto sui giornali 18 mesi fa».

di TOMMASO VERGA
«LE DECISIONI RIGUARDANTI le principali tematiche che mi competono, infatti, come l’importante gara dei rifiuti che sta per prendere il via definitivo, o la gestione dei tanti problemi delle attività estrattive, non mi hanno vista per troppe volte coinvolta e informata, ma al contrario lasciata mera spettatrice di fronte ad azioni (o peggio ad inspiegabili inerzie) non concordate, decisioni evidentemente assunte in riunioni cui non partecipavo poiché non invitata»: così la sintesi dei motivi che hanno causato le dimissioni di Emanuela Bergamo, prima ancora che assessora all’Ambiente, maresciallo ordinario dei carabinieri forestali,  con delega “alle materie Politiche Ambientali e Verde Pubblico, Ciclo integrato dei rifiuti, Attività estrattive, Rischio idrogeologico, Protezione Civile, Autoparco” ccome si legge sull’home page del Comune di Guidonia Montecelio, ennesimo abbandono polemico e decisamente  «scarso di complimenti» della quasi dozzina di asessori usciti dall’esecutivo Barbet.
Come dire: «Perché dovrei continuare a fare l’assessore in una giunta nella quale le mie deleghe risultano inutili?»; «Perché signor sindaco ha deciso che di ambiente a Guidonia non ci si debba occupare? Quindi me ne vado».
La risposta si legge su Facebook: «Sono sicuro che Guidonia Montecelio abbia bisogno di un assessore come lei, una persona che crede fermamente nella giustizia, nell’ordine e nell’importanza nella cura dell’ambiente per continuare il lavoro svolto finora». Firmato: il sindaco Michel Barbet. La pubblicazione nel mese di febbraio. Di un anno fa, all’atto dell’insediamento.
Di chi parla il sindaco quando fa cenno al «lavoro svolto finora»? Nel caso a Tiziana Guida, magari dimenticando che anch’essa è fuggita da Guidonia Montecelio. Alla pari dell’altra decina di assessori che Barbet ha accolto e licenziato mentre stendeva il «benvenuto» del tappeto rosso. Come si tratta la polvere quando si coniuga al tappeto?
Ad abundantiam, si aggiunge un fatterello, anch’esso illustrativo d’un modo di interpretare la politica: contemporaneamente alle dimissioni di Bergamo, il sindaco annuncia la costituzione di parte civile del Comune nel processo «discarica dell’Inviolata». Come voler controfirmare l’abbandono, il «non mi serve un assessore all’Ambiente». A consuntivo di quasi tre anni, è una lapidaria conferma d’un «modello macroniano», non certo utile né adeguato alle necessità della città che Barbet dovrebbe amministrare.
Lo certifica Emanuela Bergamo, nella lettera d’addio. Sin dall’inizio la dimostrazione di una (giustificata) lontananza: l’esordio è un freddo «Sindaco», non «Caro Sindaco». Non unicamente uno stato d’animo… Appuntamento ai prossimi assessori: tra chi verrà e chi lascerà il posto.