(t. ve.) POTREBBE DEFINIRSI «Babylonia 2.0» l’operazione portata a compimento dalla Guardia di Finanza contro Gaetano Vitagliano, il camorrista particolarmente attivo nella capitale e nell’hinterland. Con «Babylonia» Uno (o «Babylon» a seconda dei gusti), il 23 giugno del 2017 i carabinieri misero fine alle molteplici attività di una «banda consortile» fondata da appartenenti alla Camorra, Gennaro Vitagliano appunto, elemento di spicco del clan dei Mazzarella e degli «Scissionisti» poi, e alla pugliese Sacra corona unita, il boss Giuseppe Cellamare. L’operazione interessò due associazioni, una «territoriale», con sede a Monterotondo, più violenta e tradizionale nei metodi, l’altra estesa su tutta Roma che sotto traccia reinvestiva enormi patrimoni in attività commerciali e immobiliari anche grazie a professionisti come notai e funzionari di banca.
Seppure in misura non rilevante come la precedente (ad esempio, Mizzica), ora come allora, Gaetano Vitagliano era impegnato nella ristorazione con la «Katané Sapori di Sicilia», specializzata in dolci e manicaretti dell’Isola. Quattro i punti vendita, via Volturno, via Tiburtina, viale delle Provincie, il «Caffè dell’Orologio» a piazzale Flaminio. Attività che vanno benissimo tanto che il 2 aprile per farsi pubblicità, l’uomo aveva recapitato alcuni vassoi di leccornie nella casa del grande fratello Vip.
Per «Babylonia 2.0», l’accusa è quella di riciclaggio per conto della camorra. L’ammontare del sequestro, operato dalle Fiamme gialle, equivale circa 5 milioni di euro. Misura disposta dal tribunale di Roma, su richiesta della Dda, la Direzione distrettuale antimafia di piazzale Clodio.
Quanto ai reati addebitati in relazione all’«operazione Babylonia» originale, nel 2018 Gaetano Vitagliano in primo grado è stato condannato a 11 anni e 6 mesi di reclusione e alla confisca di beni per circa 9 milioni di euro.