(t.ve) VERREBBE DA DIRE «E’ L’ARTE PICCOLA», non fosse che la «piccola» del caso è la mucca che Petra Feriancová ha deciso di mutare in oggetto da esporre nella mostra al Santuario di Ercole vincitore. Un tutt’uno con il contenitore: Fabulae, la personale dell’artista slovacca, immaginata da Andrea Bruciati, il direttore delle Villae – d’Este, Adriana e Santuario –, come «sviluppo d’un racconto dei siti tiburtini inedito nella poetica e nel vocabolario, eppure coerente con lo spirito dei luoghi».
Di qui, «mucca alla cavezza dalle corna dipinte», espressione dell’«analisi di Villa d’Este e del Santuario di Ercole Vincitore da parte di Petra Feriancová». Una rappresentazione che Ercole guarda con disgusto (foto sopra), obbligato com’è a cercare di capire cosa c’entra la mucca con le sue dodici fatiche. «Possibile non sappiano si trattasse di buoi, sia con Gerione che con quel tirchio di Augia?».
Sensazione che lascia il posto allo stupore seguito alla sottolineatura di Andrea Bruciati: «Che ha infatti origine dall’osservazione delle celebri incisioni di Giovan Battista Piranesi (1720-1778), raffiguranti le rovine tiburtine. In quelle rappresentazioni che con sensibilità preromantica mostrano la decadenza della bellezza antica, l’artista concepisce non scenari post-apocalittici ma immagini di sopravvivenza.
«Nella visione delle rovine – sostiene il direttore –, Petra Feriancová sceglie di concentrarsi non sulla desolazione suggerita dagli animali domestici, vaganti senza il loro pastore, o dal crescere incontrastato della vegetazione tra le mura un tempo vigorose, ma sulla capacità di evoluzione e adattamento della natura e sull’invincibilità della vita rispetto alla singola esistenza. Petra Feriancová conduce il visitatore ad analizzare le convinzioni umane, attraverso l’affascinante dispiegarsi dei fenomeni naturali e l’incessante commistione di scenari naturali e antropici».
Si intende quindi che «mucca alla cavezza dalle corna dipinte» vuole ricondurre la mistica del fluido alle sensazioni interiori di ciascuno. Come nella migliore interpretazione del concettualismo post-piranesiano, sovrasta un grido d’allarme: c’è l’acqua? Con questo caldo poi… Incombente il pericolo che l’animale – proprio perché antidomestico, com’è nella propria natura – strappi la cavezza e scorazzi per le vie del Santuario alla ricerca del liquido.
«Nuove possibilità creative – è la conclusione di Andrea Bruciati – maturano nel fertile humus delle Villae, istituto in cui convergono esperienze diverse e che sta costruendo una nuova identità visiva e culturale, radicata nel passato, ma attenta al presente e decisamente proiettata nel futuro. Ho scelto il lavoro di Petra Feriancová per la sua attenzione alla catalogazione e alla memoria individuale che si deposita nell’immaginario collettivo. Tali aspetti risultano coerenti con la stratificazione culturale che connota la natura delle Villae di Tivoli».
La mostra di Petra Feriancová si conclude il 13 settembre. Tenere la «mucca alla cavezza dalle corna dipinte» in tale condizione fino a quella data appare decisamente eccessivo. A meno che non si preferisca attendere il verdetto delle associazioni animaliste.