di TOMMASO VERGA
NESSUNA NOTIFICA PRIMA DEL 7 AGOSTO, fine settimana. In quella data, le cave si fermeranno per le ferie estive. Quindi l’ordinanza verrà depositata in seguito. Una «mediazione». Accettata da chi – Egidio Santamaria e Paolo Sperandio, dirigente e funzionario del comparto cave del Comune – aveva deciso di non rinviare ulteriormente l’applicazione della legge, e il sindaco di Guidonia Montecelio insieme con l’assessora alla Scuola, sostenitori della linea «morbida» (altrimenti detta “di Totarello”) sul rinnovo delle polizze fideiussorie relative alla sistemazione delle aree compromesse dall’attività estrattiva. Il poliziotto buono e quello cattivo.
Evidentemente poco importa se in quanto pubblico ufficiale (ugualmente gli assessori) rientra nei compiti del sindaco la verifica sull’applicazione delle leggi. Né mena scandalo che lo stesso interferisca con le attività del personale amministrativo. Non deve farlo ma vuoi mettere la filosofia del primo cittadino un tempo grillino?
Quel che si doveva ottenere, così facendo, è che la ribellione non ci sarà. Per i due «politici», unica, effettiva preoccupazione. Non si ritroveranno nella simil-stessa condizione di due anni fa, a Ferragosto. Gli operai del travertino ad assediare il municipio, sindaco e assessori in fuga nella notte. Ad agosto 2020 le cose si direbbero a posto, poi, a settembre, qualche santo provvederà. Infatti serviranno miracoli per riaprire la decina di cave sottoposte a chiusura.
Imprese che, per riprendere, dovranno provvedere alla stipula delle polizze fideiussorie. Si legge che lo impedirebbero difficoltà economiche post Covid. Che evidentemente non valgono per le cave che le polizze le hanno rnnovate. In aggiunta, non si parla, neppure un cenno, sulle compagnie assicuratrici che rifiutano di assicurare perché le aziende non offrono garanzie.
Perché, dopo aver ricevuto dal Comune l’ordinanza dello scorso anno di rinnovare le polizze (in sostituzione di quelle contraffatte), le cave non hanno modificato nulla dell’andazzo precedente, e neanche consigliato di cambiar residenza al notaio con studio in un’autofficina nei pressi di viale Liegi.
L’unica società a denunciare direttamente quanto in opera nel bacino del travertino locale sarebbe stata la «Groupama» (i due broker tiburtini non erano stati abilitati a stipulare contratti superiori ai 300 mila euro). Le altre (in associazione all’80 per cento), hanno fatto rotta per Paternò, Catania, non trovando a Tivoli, a Roma, a Guidonia Montecelio, soddisfazione circa i buoni propositi coltivati. Tra poliziotto buono e poliziotto cattivo la sensazione è che sarebbe stato sufficiente un poliziotto.
Sull’attesa relativa alle conclusioni del sostituto Giuseppe Mimmo, piomba la notizia dell’esposto del Cvtr (il Centro per la valorizzazione del travertino romano)
Ammesso per un attimo fosse controversa l’interpretazione dei fatti dell’altro ferragosto – sui quali non contano le articolesse né le impressioni ma le sentenze della magistratura –, lascia interdetti un esposto presentato a due anni di distanza dall’accaduto firmato Cvtr (Centro valorizzazione del travertino romano): non da un’azienda ma dall’organizzazione di categoria (mai accaduto). Ma perché a due anni di distanza?
L’impossibilità di trovare una qualsiasi attenuante sullo «scandalo delle polizze», induce a pensare che le aziende del travertino abbiano scelto una, originalissima, «via di fuga». Che anziché valutare baraonda attuata e baraonda impedita, costringe a valutare i contenuti della singolare iniziativa Cvtr.
Nella quale entrerà (anche se con nessun entusiasmo si immagina) il signor sindaco. Che non potrà comunque evitare di rispondere al quesito sui motivi che l’hanno condotto a ripensare la posizione condivisa con Paola Piseddu, la dirigente a quel tempo del settore cave municipale, a proposito dell’ordinanza di chiusura della cava «Str spa» del «gruppo Lippiello» del 2018. Con lui i consiglieri comunali del movimento 5stelle, nella totalità d’accordo sulla cessazione dell’estrazione del travertino.
Al dibattimento sarà interessante ascoltare il sindaco di Guidonia (perché sconfessò Paola Piseddu dopo averla sostenuta?) e conoscere le spiegazioni di Flaminia Tosini sulla Via
Chissà se Michel Barbet replicherà che la decisione rientrava nei compiti della dirigente sui quali gli era impedito intervenire. Con il rischio che la domanda sulla distinzione delle competenze diretta a seguire a Egidio Santamaria, dia luogo a una sorta di corto circuito istituzional-politico. Perché non va dimenticato che dal sopralluogo basato su «carte generiche e valutazioni a occhio» del 21 febbraio alla cava «Str spa» vennero ricavati due verbali. In contraddizione uno con l’altro. Nonostante la firma di Flaminia Tosini.
Un disconnessione che potrebbe raggiungere la massima potenza qualora la regina madre delle vicende «cavaiole» della Regione Lazio venisse chiamata a deporre. La direttrice delle Politiche ambientali e del ciclo dei rifiuti della Regione Lazio, avrebbe così l’occasione di spiegare, pubblicamente, i motivi del capottamento della “Via” del 58/2016.
Un non-placet emesso dalla Pisana e non dal Palazzo municipale. In quanto testo da leggere – con l’aggiunta di qualche strumentalizzazione – venne ignorato da ogni singolo politico del panorama guidoniano. Dopo aver dato il via alla sagra dei comunicati si scatenò l’ennesima bagarre contro Barbet.
Il «non si può» era dovuto a una certificazione paesaggistica di espressione Sovrintendenza necessaria per quella particolare porzione di territorio guidoniano (l’origine è nella «legge Galasso»). Documento del quale la «Str spa» non sarebbe mai stata in possesso. Senza che vi si facesse caso. Fino alla richiesta di valutazione di impatto ambientale (la Via appunto) necessaria al rilascio dell’autorizzazione per la nuova cava. Modalità e conclusione riportate nel Burl (il Bollettino ufficiale della Regione Lazio), n. 84 del 16 ottobre 2018. A firma Flaminia Tosini. Che poi sul divieto ci ha ripensato. Si può dire che è finita lì?