di TOMMASO VERGA
L’AZIENDA: “NON DOBBIAMO PAGARE L’ICI”. La quale, in base al lavoro che si svolge, non andava nemmeno notificata perché la società è impegnata nell’attività estrattiva. E’ il contenuto della tesi della «Giuliano Conversi srl» (difesa dall’avvocato Vittorio Messa), tesi altresì sostenuta da altri componenti della famiglia, Alessandro e Maria Serena Conversi. Per i quali la Tre Esse non aveva titolo per ricorrere; «carenza di legittimazione» si definisce.
LA «TRE ESSE»: “I CONTRIBUENTI hanno impugnato gli avvisi di accertamento ICI dall’anno 2006 al 2011 deducendo che i fondi sono esenti in quanto adibiti ad attività estrattiva. Il ricorso è (stato) rigettato in primo grado ed accolto in grado d’appello».
Per effetto del precedente pronunciamento della CTR (Commissione tributaria regionale) del Lazio, la società incaricata di gestire i tributi dal Comune di Guidonia Montecelio (assistita dall’avvocato Stefano Guidotti) ha sottoscritto il ricorso in Cassazione. A Natale del 2020, il 22 dicembre, è stato pubblicato il giudizio conclusivo della Corte (presidente Mauro Mocci; relatrice Rita Russo), l’Ici dev’essere corrisposta.

Due in sostanza gli interrogativi della «Giuliano Conversi srl» ai quali i giudici hanno risposto con l’ordinanza di Natale:
1) i terreni destinati ad attività estrattiva debbono considerarsi agricoli, edificabili o appartenenti ad altra specifica categoria?
2) nel caso in cui siano classificabili come edificabili, la tassazione ICI va applicata sic et simpliciter o con criteri correttivi che tengano conto dell’effettiva potenzialità edificatoria e quindi del valore venale del bene?

Nette le conclusioni della Corte. Contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata decisione della CTR del Lazio a favore della «Giuliano Conversi srl» (la Commissione ha ritenuto non sussistente il presupposto impositivo atteso che il terreno, destinato ad attività estrattiva, apparterrebbe ad un “terzo genere” di aree non soggette a tassazione), la Cassazione sottolinea che la legge istitutiva dell’imposta de qua non prevede per la classificazione dei terreni un tertium genus, costituito specificamente da quelli a destinazione estrattiva, bensì soltanto ed esclusivamente una distinzione tra terreni agricoli e terreni edificabili.
Tuttavia, richiamando le sue precedenti decisioni in materia (n. 3267/2019 e n. 14409/17), la Corte, considerando la condizione della «Giuliano Conversi srl» analoga per l’intero settore, precisa che appunto i terreni con destinazione “estrattiva” comportano soltanto detta limitata destinazione edificatoria, l’imposta ICI deve essere applicata in relazione al loro VALORE VENALE.

La Cassazione: l’imposta deve essere applicata in relazione al «valore venale» dei terreni estrattivi. Quindi per il computo rinvia alla Commissione tributaria regionale 

In ragione di tali premesse, la Cassazione (non potendo per legge esprimere valutazioni di merito circa il calcolo in concreto del valore venale dei terreni in questione cui applicare l’imposta) ha rinviato le parti per un nuovo giudizio (c.d. “di rinvio”) dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio. V’è da chiedersi a questo punto come debba calcolarsi il valore venale di un terreno con destinazione estrattiva.
Per valore venale si intende quello riferito alla «somma (eventualmente anche ponderata o corretta) dei valori dei componenti del bene, deprivata di qualsiasi riferimento ad eventuali fattori soggettivi che possano avere influenza nella determinazione della libera scelta del potenziale acquirente».
L’articolo 39 della legge n. 2359 del 1965 (poi abrogato dal DPR n. 367/2001*, ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio di un bene destinato a cava, parametrava detto valore venale a quello del materiale complessivamente estraibile dalla cava stessa sino al suo esaurimento. Attualmente la materia, ai fini dell’esproprio è regolata dal predetto DPR 367/2000, che tuttavia non detta criteri specifici per la valutazione dei terreni con destinazione estrattiva e conseguente anche edificatoria, seppure limitata.
Certo è che trattandosi di situazione di fatto diversa da quella di terreni con esclusiva destinazione agricola o edificatoria, nel rispetto del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’articolo 3 della Costituzione, come deve applicarsi lo stesso trattamento a situazioni identiche, così devono essere diversamente disciplinate situazioni differenti.

Dal che, tuttavia, non può concludersi che, ai fini della tassazione, per i terreni con destinazione estrattiva possa farsi riferimento al valore venale delle sole limitate e parziali superfici destinabili in concreto ad edificazione “necessaria” allo svolgimento di detta attività industriale. In tal modo, le residue e maggiori aree interessate in concreto dall’estrazione sfuggirebbero alla tassazione. Né potrebbe in alternativa ammettersi una tassazione residuale e complementare come “agricola” delle stesse, esplicitamente escluse dalla Cassazione.
Non resta pertanto che determinare il valore venale complessivo dei terreni con destinazione estrattiva, sulla base dei criteri validi per quelle edificabili, limitatamente alle superfici effettivamente destinabili ad edificazione ed invece determinare il valore venale delle aree in concreto interessate dall’estrazione in riferimento al valore complessivo dei materiali estraibili.
Resta inteso che, ove i padroni delle cave realizzino manufatti oltre il limite necessario per l’esercizio dell’attività estrattiva o comunque con evidente destinazione d’uso diversa (del tipo abitativo o commerciale), lungi dall’applicare semplicemente la tassazione piena rapportata al valore edificabile e non venale del terreno) tali strutture dovrebbero essere abbattute in quanto abusive.

  • DPR n. 327 del 2001 Articolo 32. Determinazione del valore del bene (L)
    1. Salvi gli specifici criteri previsti dalla legge, l’indennità di espropriazione è determinata sulla base delle caratteristiche del bene al momento dell’accordo di cessione o alla data dell’emanazione del decreto di esproprio, valutando l’incidenza dei vincoli di qualsiasi natura non aventi natura espropriativa e senza considerare gli effetti del vincolo preordinato all’esproprio e quelli connessi alla realizzazione dell’eventuale opera prevista, anche nel caso di espropriazione di un diritto diverso da quello di proprietà o di imposizione di una servitù. (L)
    2. Il valore del bene è determinato senza tenere conto delle costruzioni, delle piantagioni e delle migliorie, qualora risulti, avuto riguardo al tempo in cui furono fatte e ad altre circostanze, che esse siano state realizzate allo scopo di conseguire una maggiore indennità. Si considerano realizzate allo scopo di conseguire una maggiore indennità, le costruzioni, le piantagioni e le migliorie che siano state intraprese sui fondi soggetti ad esproprio dopo la comunicazione dell’avvio del procedimento. (L)
    3. Il proprietario, a sue spese, può asportare dal bene i materiali e tutto ciò che può essere tolto senza pregiudizio dell’opera da realizzare. (L)