di TOMMASO VERGA
I «PRECEDENTI» ILLUMINANO. Il più significativo, anche per la durata, riguarda il personaggio che, dopo le elezioni del 2016, la sindaca Virginia Raggi delegò per occuparsi delle incombenze della Città metropolitana. Il suo nome? NESSUNO rimase in carica un anno e mezzo. Quanto serviva, utile a evadere gli effetti delle scelte della Raggi nella gestione dei rifiuti. Così, ad ogni quesito, rispondeva NESSUNO. Soprattutto quando il Consiglio metropolitano schierato contro la sindaca, diceva che l’immondizia di Roma non poteva essere sotterrata né lavorata in discariche e impianti insediati in ogni dove della provincia. Alla fine, i consiglieri volevano iniziare i loro interventi orali e scritti con uno slogan: «c’è NESSUNO?».
Una storia altrettanto esemplare quella dello stato d’attuazione del «Parco termale metropolitano» già costato 516.456,90 euro di studi. Cosa fare? I tecnici della Città metropolitana invitano Tivoli e Guidonia Montecelio a riunire i Consigli comunali. Così come quello della Città metropolitana. Sono passati due anni e mezzo.
Dopo NESSUNO, l’incarico per la Città metropolitana è passato a Teresa Maria Zotta, che a Palazzo Valentini ha mantenuto le deleghe in quanto anche assessore al Campidoglio: Bilancio, Partecipate, Edilizia scolastica, Formazione professionale, Politiche turistiche, culturali, sport e giovanili. Chissà come avrà potuto fare la vice della Raggi…
Tutti a fare nomi, il Pd anche le primarie. In attesa di firmare l’accordo con la sindaca uscente-rientrante del Campidoglio (in cambio di Torino e Napoli?)
VIRGINIA RAGGI SI’ VIRGINIA RAGGI NO; seeeeeee, allora Carlo Calenda…; cosa? vuoi mettere con Guido Bertolaso? e mica c’è il terremoto; ah, sì, vero… E così via. Siamo ancora distanti dalla scadenza e già c’è una fila di pretendenti-aspiranti lunga come quella fuori d’un medical center in tempi di vaccini anticovid (quelli antinfluenzali no, non ci sono, «San’Of’I» ha ciccato il traguardo).
Nomi, nomi, nomi. Ci fosse Roberto Giachetti – quello che ha perso 3-1 con la Raggi – saremmo esattamente nella condizione di cinque anni fa. Infatti, il programma non appare nemmeno per errore. Chissà cosa pensano candidati e partiti di mobilità, urbanistica, ambiente, scuola. Figurarsi – smart working a parte – quale risposta darebbero alla folla di 500mila persone che tutti i giorni, da uno dei 120 Comuni della provincia, utilizza la città di Roma. Per lavoro, università, salute, tempo libero: andata&ritorno da casa loro. Sono definiti «pendolari». Per i quali la Città metropolitana di Roma è intesa in direzione opposta a tutte le altre. Al contrario della Capitale, a Torino o Milano e altrove i banlieusard escono dal capoluogo non vi entrano.
Virginia Raggi, Guido Bertolaso, Carlo Calenda di tale condizione non ne sanno niente, magari diranno che ne hanno sentito parlare. La sindaca, appena eletta, disse di volersi recare a Rocca Cencia, per vedere l’impianto dell’Ama. Le vennero in ausilio i vigili urbani, sennò chissà dove sarebbe andata a finire.
A sindaci & co. non importa nulla nemmeno del peso e delle distorsioni che il pendolarismo arreca alla Capitale. La «politica» sembra ignorare il fatto di coloro che usano Roma non pagano nulla, è tutto gratis. Visto che le imposte – Imu, Tari, Tasi e via dicendo – debbono essere versate nelle casse dei Comuni di residenza. Un meccanismo così distorto richiederebbe ai potenziali sindaci la elaborazione di un piano che riduca la centralità della Capitale, almeno quanto a erogazione di beni e servizi. Collocando all’esterno del perimetro urbano attività e funzioni «attrattive». Dalle sedi della pubblica amministrazione – alla nascita, Pier Paolo Pasolini propose Viterbo quale sede della Regione Lazio – alle Università.
Governare il progetto dello «Sdo verticale», il piano delle Ferrovie dello Stato con i (12?) grattacieli a Pietralata: quali prospettiva per il sistema territoriale nomentano-tiburtino?
In un contesto così «antipatico», sta silenziosamente diventando «pratica da svolgere» la ripresa dei lavori per completare il Sistema direzionale orientale. Totalmente diverso dall’«asse attrezzato» seguito da quello immaginato dal professor Samperi nel Prg del 1962. Il «nuovo modello» infatti sarà verticale, corredato da (12?) grattacieli. Un ingombro che richiederà al sindaco della Città metropolitana la capacità e la competenza utili ad affrontare un problema pressoché sconosciuto a Roma. Una personalità consapevole che la “propria lettura” dovrà abbattere le distorsioni, colmare la distanza tra politica e territorio, imporre la visione d’una crescita sostenibile.
Dalle notizie, assai rarefatte in verità (ci si tornerà su), il progetto dello «Sdo verticale» è delle Ferrovie dello Stato. Per ora, tenendo conto che il tema è il governo della Città metropolitana, è sufficiente chiedersi, cercare di immaginare cosa produrranno in termini di «sostenibilità» i grattacieli che sorgeranno a Pietralata, sul modello della «Defense» parigina. Edifici, par di capire, collocati all’interno di boschi urbani, ad imitazione di quelli verticali della Milano di Stefano Boeri.
Un tratteggio che inevitabilmente coinvolgerà l’intera pianura nomentano-tiburtina. Provocando effetti che in passato – al solo annuncio della direzionalità-est del Prg di Roma – hanno significato la nascita di nuovi agglomerati sub-urbani (basti ricordare che Guidonia Montecelio conta ormai 100mila abitanti). Una dinamica che dev’essere interrotta sul nascere, che non dovrà-potrà riproporsi.