MA DOVE MAI S’E’ VISTA TANTA INSISTENZA? Non è bastato il divieto firmato da Loredana Terzulli, l’attuale presidente del Consiglio? Anna Checchi e Loredana Roscetti – le due “irrequiete” consigliere di AttivaGuidonia, promotrici della mozione di sfiducia al sindaco Barbet – si mettessero l’animo in pace, inutile la richiesta-bis. Non capiscono che la “Tre Esse Italia” non può essere audita? Lo fissa l’articolo 14 del «Regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale». Oltretutto, il sindaco ha sentenziato che i debiti dei padroni delle cave sono “presunti”, quindi a cosa serve l’audizione della concessionaria? C’è puzzo di complotto, trame oscure, obiettivo: sconfessare il primo cittadino. Punto e basta”.
“«Basta un corno!». L’articolo 14 dice esattamente il contrario. A Filippo Lippiello e ai segretari di Cgil-Cisl-Uil non risulta sia stata applicata la vostra versione dell’articolo 14, tanto che hanno liberamente parlato in Consiglio comunale. Quanto a Michel Barbet, ricordiamo che sui «buffi» dei travertinari disse che «governiamo una città in enorme difficoltà finanziaria, e il nostro impegno nel recupero dei tributi, previo il giusto accertamento nel loro esatto ammontare, è sempre stato costante e continuo sin dal primo minuto». Appunto: perché allora lo sceriffo di Nottingham scansa il supporto di “Tre Esse Italia”? Misteri della Sacra rota post-grillina”.
di TOMMASO VERGA
UN ESTRANEO PUO’ PARTECIPARE attivamente – esempio: intervenire nel dibattito – ai lavori del Consiglio comunale? A Guidonia Montecelio è lecito, si può. Volta per volta, circostanza per circostanza, simpatia per simpatia. Si narra che, deambulando sul terrapieno che introduce alla sala dell’Assemblea, venne invitato a intervenire un tale dichiaratamente rappresentante d’una formazione fascista. Favore elargito senza vergogna dai rappresentanti dei cittadini. Non solo non risultarono divieti ma nemmeno sconfessioni. Beneficiato una tartaruga di Casa Pound, uno di quelli che si definiscono «fascisti del terzo millennio». Per quel che conta, “gli eletti” seduti tutti ai loro scranni, nella circostanza dimenticarono la Costituzione della Repubblica italiana. Un benestare quindi non proveniente soltanto dall’incongruenza dei grillini (guidoniani) – destra e sinistra per me pari sono –, ma prima ancora dalle simpatie di tutta l’assemblea. Cosicché a Guidonia Montecelio i rappresentanti delle istituzioni possono vantarsi di aver ospitato uno di Casa Pound, così convalidando il suo diritto a utilizzare forme e strumenti del sistema democratico. Un ossimoro praticamente. Era il 29 settembre 2017.
A prescindere dal colore della camicia, il tizio poteva entrare nella sala? poteva prendere la parola? il presidente poteva concederla? No. Per un doppio motivo. Uno già descritto. L’altro per rispetto delle norme.
Le riunioni del parlamentino cittadino sono disciplinate dal «Regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale». Che a Guidonia Montecelio, all’articolo 14, stabilisce chi e come può intervenire pubblicamente (limitazioni che non riguardano ovviamente gli eletti). Così la norma:
1. Nessuna persona estranea al Consiglio può avere accesso, durante la seduta, nella parte della sala riservata ai Consiglieri. Oltre al Segretario e ai dipendenti comunali addetti al servizio, sono di regola ammessi – a seconda delle esigenze della materia in discussione e limitatamente alla durata della discussione stessa – determinati dirigenti e funzionari, Presidenti e Consiglieri dei quartieri, rappresentanti di aziende municipalizzate, di unità sanitarie locali, di consorzi e di società a partecipazione comunale. Inoltre è ammessa la presenza di qualsiasi altra persona la cui partecipazione sia ritenuta utile in relazione all’argomento da trattarsi, sentito il parere della Conferenza dei Capigruppo.
2. Nessuna persona estranea al Consiglio può prendere la parola se non su specifico invito da parte del Presidente, salvo diversa determinazione del Consiglio.
L’esempio opposto lo fornisce Filippo Lippiello, presidente del CVTR (Centro valorizzazione del travertino romano). Era il 6 settembre 2018 quando il padrone del gruppo STR (Società travertino romano), unitamente ai sindacalisti di categoria di Cgil, Cisl e Uil, prendeva la parola in aula per illustrare le motivazioni che avevano provocato gli scioperi e la crisi delle relazioni tra il sindaco, l’amministrazione comunale e i lavoratori delle cave.
Nella riunione non mancò l’evocazione dell’«Accordo di programma» che l’assessore regionale Gianpaolo Manzella avrebbe firmato il 28 di quel mese. Firma che, si disse e si ridisse, ripetutamente, venne dichiarata decisiva per le sorti del distretto del travertino. Propaganda. Siamo nell’anno 2021, i sindaci di Tivoli e di Guidonia assomigliano a statue di sale. Mentre Flaminia Tosini, concentrando i doppi poteri di dirigente degli assessorati all’Ambiente e alle Attività produttive, ha promosso l’autorizzazione per l’apertura o il rinnovo dei permessi per 5 cave di travertino.
A fronte di entrambe le rappresentazioni, quello che ora si vorrebbe sapere è perché la presidente attuale del Consiglio, Loredana Terzulli, ha risposto picche ad Anna Checchi e Lorena Roscetti quando, a fine marzo 2021, chiesero l’audizione in Consiglio della “Tre Esse Italia”, la concessionaria dei tributi cittadini, appellandosi al su-dettagliato articolo 14. Dov’è l’«irrituale formulazione» con le regole dell’Assemblea, come si legge nella risposta? Che risale alla riunione dei capigruppo consiliari oppure alla personale “interpretazione” della presidente?
Perché nessun capogruppo ha protestato per l’«irrituale» comportamento della presidente? Per non dire che l’applicazione del «Regolamento» dipende dalle sue simpatie? Oppure, più confacente, non si vuole rendere ufficialmente pubblico l’ammontare del debito dei padroni delle cave, per l’importo che risulta al concessionario. Una “zona d’ombra” necessaria a velare il rinvio obbligato della chiusura delle trattative Comune-padroni delle cave sulla mediazione dei tributi non versati da decenni. Negoziati, che da mesi hanno superato il «penultimatum di 18 pagine» a firma Filippo Lippiello del 15 febbraio.
Più mesi passano più si consolida la sensazione che Elisa Strani, Michel Barbet e Nicola Sciarra ben difficilmente riusciranno a trovare chi si assumerà la responsabilità di apporre una firma. Che finirà giocoforza sui tavoli della magistratura civile, penale e amministrativa. Oltre che alla Corte dei conti. Con tanto di corredo delle notifiche ai protagonisti.
Di qui il sospetto sull’ostracismo all’audizione della «Tre Esse Italia». Come dire che si agisce così allo scopo di evitare rendere pubblico, esplicito, l’ammontare del credito del Comune, con la narrazione degli ostacoli frapposti dalla stessa amministrazione cittadina nell’applicare i provvedimenti esecutivi a carico dei padroni inadempienti. Eppure sarebbe quello il momento della massima chiarezza. Poter chiedere a quanto ammonta la somma d’ogni padrone delle cave. Sentirsi dire qual è la classifica dei debitori.
Compito al quale Anna Checchi e Lorena Roscetti non intendono sottrarsi. A dimostrazione la lettera del 16 aprile alla presidente, alla segretaria generale del Comune, al prefetto di Roma: «Richiesta di inserimento come punto all’ordine del giorno del prossimo Consiglio comunale, audizione dell’Amministratore della società Tre Esse Italia srl riguardo il contenzioso fiscale tra il Comune e le diverse categorie di contribuenti» l’oggetto.
Una necessità per la città. Perché scrivere su hinterland che il debito dei padroni delle cave ammonta a decine di milioni di euro per imposte arretrate dal 2002 fino al 2019 non ha lo stesso effetto dal sentirlo dichiarare dall’esattore in uno specifico Consiglio comunale. Del quale resta la registrazione audio-video, la prova che sindaco e «cerchio magico» vogliono evidentemente evitare. Così come le molte orecchie indisponibili a sentire. Perché, in quell’assise, oltre al supporto del monocolore grillino, non manca quello dell’“opposizione” di destra e di altrove. Tutti sensibili, anelano di rimpinguare i profitti dei padroni delle cave. Senza nulla in cambio, dal versamento delle imposte all’occupazione alla salvaguardia dell’ambiente e delle acque.
Chissà se tanti «salvatori» hanno riflettuto sul significato dello stanziamento della Regione Lazio di 500mila euro all’Arpa (l’agenzia per l’ambiente) perché – si scrive nella nota che accompagna la decisione – utilizzando i droni controlli due aree, essenzialmente due: il bacino del travertino e Coreno Ausonio. Molto più di un “segnale”.