di TOMMASO VERGA
«NON VI SONO MANUFATTI, quindi l’ICI su quelle aree non dev’essere corrisposta» aveva deciso la Commissione tributaria provinciale (CTP) di Roma. Una delle molteplici interpretazioni sul trattamento fiscale delle superfici delle cave di travertino (molti i sostenitori della destinazione agricola). Tesi «bocciata». L’«ordinanza» della Corte di cassazione del 18 maggio (presidente, Antonio Greco; relatore, Giuseppe Lo Sardo, sgombera definitivamente il campo da ogni proposito «riduttivo». La decisione in sintesi: il “valore venale” per definire quello delle imposte locali dev’essere calcolato sull’estensione totale dell’area destinata ad attività estrattiva e non sulle sole parti edificate.
In origine, un avviso di accertamento per l’ICI relativa all’anno 2010 con riguardo appunto ad una cava per l’estrazione di travertino, che la Commissione tributaria provinciale di Roma con il provvedimento n. 17579/47 del 2017 aveva parzialmente accolto. Presupposto, l’ICI doveva gravare, nell’ambito della maggiore consistenza della cava, soltanto sulle aree accessoriate di manufatti, restando escluse quelle sprovviste.
Decisione parzialmente riformata dall’organismo superiore – la CTR (Commissione tributaria regionale del Lazio) – contro la quale è ricorsa in Cassazione la “Li.Fi.” (acronimo di certa traduzione), s.r.l. assistita dagli avvocati Andrea Guarino, Cecilia Martelli, Elisabetta Pistis, che ha perso la causa. Deve quindi versare al Comune di Guidonia Montecelio gli «arretrati» (qualora ve ne siano) per l’ICI e il «corrente» per l’IMU calcolate sull’intera superficie dell’azienda.
L’importo del tributo? Il calcolo, quattro giorni fa, è stato affidato nuovamente dalla Corte di cassazione alla Commissione tributaria regionale («in diversa composizione»). Un incarico “sgradito” ai padroni delle cave che, nonostante la ripetutamente dichiarata illegittimità, hanno chiesto l’applicazione della delibera 174 della giunta Lippiello del 10 settembre 2008 (7,85 € al mq).
La delega della Suprema Corte alla CTR impedisce (dovrebbe impedire…) che i padroni delle cave insistano nel conteggiare la tariffa IMU sulla base della delibera del 2008 come invece continuano a fare. Una insistenza che si riverbera sui conti del Comune di Guidonia Montecelio in maniera pesantissima.
In un’intervista del 27 ottobre 2020, fu proprio l’ex sindaco Filippo Lippiello a sostenere che il debito complessivo delle cave è di 4 milioni di euro. Affermazione totalmente diversa da quella della «Tre Esse Italia», concessionaria per il servizio di accertamento e riscossione per il Comune di Guidonia Montecelio, secondo la quale il debito accumulato verso il Comune tra gli anni dal 2002 al 2019 è di 33 milioni 300.000 euro. Base del calcolo, 54,75 € al mq stabiliti dalla delibera n. 23 del Consiglio comunale di Guidonia Montecelio (sindaco Filippo Lippiello) del 16 maggio 2007.
Sindaco Filippo Lippiello, due tariffe in competizione per Ici/Imu; delibera n. 23 approvata dal Consiglio comunale, 16 maggio 2007, 54,75 € al mq; delibera della giunta n. 174 mai approvata dal Consiglio comunale (e votata dallo stesso Lippiello), 10 settembre 2008, 7,85 € al mq
Da tali divergenti impostazioni è scaturita la decisione della giunta di addivenire alla richiesta di «mediazione», “procedura” il cui inizio risale a qualche mese dopo la cessazione dei «moti estivi» del 2019, precisamente al febbraio 2020. Con l’implorazione «Michel Barbet ferma la Tre Esse». Richiesta dei padroni delle cave accettata dal sindaco di Guidonia Montecelio. Primo cittadino che ora deve fare i conti con le 9 “diffide” inviate dalle aziende affinché entro 30 giorni – a partire dal 13 maggio – si metta fine al contenzioso tributario. Completamente. Un “condono” tombale in sostanza. Che si deve misurare non soltanto con l’inattesa «ordinanza» della Cassazione ma anche con l’opzione contraria, la “diffida” delle due consigliere comunali Anna Checchi e Lorena Roscetti, di AttivaGuidonia, per le quali la delibera 174 del 2008 deve essere revocata in quanto illegittima, perché votata anche dallo stesso Lippiello in evidente conflitto di interessi.
Ci si chiede a questo punto – sempre in ordine all’«ordinanza» della Cassazione – come si regolerà Filippo Lippiello, il numero 1 del fronte-cave, in ragione dell’individuazione della Commissione tributaria regionale quale organo incaricato di stabilire la misura delle imposte locali per le sue aziende. Una decisione della Suprema Corte che, qualunque sarà la cifra che verrà stabilita dalla CTR, cozza con quella richiesta insita nelle altre 8 «diffide» inviate tramite il Centro per la valorizzazione del travertino romano (che, stando agli atti recenti, ha cambiato la «ragione sociale» fissata dalla legge regionale istitutiva n. 47/89 che non prevede l’assistenza fiscale né d’altro tipo per gli associati).
Nelle conclusioni, non può evitarsi un giudizio su Elisa Strani, assessora a Pubblica Istruzione, Cultura, Sport e Turismo… e alle Cave, senza dubbio l’orecchio più attento alle esortazioni dei padroni delle cave. Assessora che non potrà più sostenere le sue tesi disponibili per quella che la città non può che intendere in quanto contribuenti controparte. Una “linea politica”, della Strani, sconfessata dalla Cassazione. Sola reazione adeguata da parte dell’assessora, le dimissioni dall’incarico, per evidenti incompatibilità tra le tesi propugnate e le espressioni della Suprema Corte. Coerenti, a differenza, con le necessità di Guidonia Montecelio.