di TOMMASO VERGA
LO SCORSO 25 FEBBRAIO LA ROMA5 delibera la richiesta di finanziamento: occorrono 16milioni 932mila €, «per procedere al successivo bando e presa d’atto dello studio di fattibilità per il nuovo ospedale tiburtino». La Asl di Tivoli chiama, la Regione Lazio risponde. Ora, con la pubblicazione del “bando per la progettazione del nuovo ospedale tiburtino, procedura che vale 9.369.583,21 euro”. E’ quanto annuncia un comunicato di ieri l’altro. Con il quale si conferma che “Il costo complessivo per la realizzazione dell’intera struttura ammonta a 159 milioni e 380 mila euro, finanziamento già previsto nella programmazione dell’edilizia sanitaria dalla Regione”.
Una precisazione quanto mai importante. Perché il ricorso ai fondi europei del Next Generation Eu (NGEU) – possibilità ventilata nell’incontro promosso dalla Cgil il 7 novembre 2019 che annunciava la creazione del policlinico tiburtino –, avrebbe obbligato la stazione appaltante (la Asl appunto) non solo a terminare la struttura ma a renderla utilizzabile entro cinque anni dall’approvazione del progetto. In sostanza, ammesso il licenziamento del piano dell’ospedale a fine anno, per Bruxelles le sale operatorie sarebbero dovute entrare in funzione dal gennaio 2026. Un problema che avrebbe reso incompatibile l’erogazione dei fondi dato che lo “studio di fattibilità” prodotto per conto della Roma5 da «Ingegneria naturale» dell’ingegner Ferdinando Ferone di Valmontone, prevede, per completare la realizzazione, otto anni di «lavori in corso». Un vincolo, come si vede, che proibirebbe, per il policlinico tiburtino, l’accesso ai fondi europei.
Quindi, con ciò, si passa dalle operazioni preliminari di ogni progettazione alla fase della costruzione propriamente detta. Il che costituisce anche una risposta a certi cronisti no-clinix i quali, forti di conoscenze segrete e dei corridoi della Pisana, ripetutamente hanno negato l’investimento della Regione Lazio (in base ad affermazioni del tipo: “creduloni, non si costruirà nessun ospedale, si tratta d’una bufala”).
Invece, come illustra il rendering (in alto) allegato allo “studio di fattibilità”, il nuovo ospedale sarà composto da 5 piani fuori terra, che ospiteranno 347 posti letto, 100 in più del «San Giovanni Evangelista» di Tivoli (che comunque non chiuderà). Prevista altresì la costruzione di un eliporto. Per le necessità quotidiane, saranno a disposizione 44.000 mq per la sosta di circa 1.500 automezzi. “L’intero parcheggio sarà dotato di copertura realizzata con pannelli fotovoltaici – si legge nel comunicato –. Un progetto avveniristico, che unisce alla modernità il rispetto dell’ambiente e del verde degli spazi circostanti. La struttura sarà dotata di cinque ingressi/percorsi cui accedere”.
VIABILITA’, MOBILITA’ E FL2. Ingressi che dovranno essere raggiunti. Non mancano interrogativi, infatti, sugli interventi necessari innanzitutto a rendere funzionale l’area scelta per la realizzazione del nosocomio (il comunicato della Regione Lazio si sofferma, non a caso, anche su «sviluppo e riqualificazione del territorio»). Infatti, non sembrano di facile soluzione i problemi preesistenti. Per dire: le finestre dell’ospedale si affacceranno sulla “bretella Fiano-Valmontone”: quanto è compatibile? Ancora: è un fatto che il nosocomio  sorgerà in via Cesurni, a Tivoli Terme, sui 20 ettari di terreno ancora miracolosamente libero dell’ex Pio istituto di Santo Spirito (gran parte del resto di 258 ettari è in continuazione abusivamente occupato), stessa strada sede di un ragguardevole servizio di logistica. Che produce, quotidianamente, lo stop&go di migliaia di mezzi pesanti funzionali all’attività. Ci si domanda se tutto ciò rimarrà operativo. Non solo in relazione all’inquinamento acustico ma all’unico sbocco, ovvero la via Tiburtina, al via-vai dei i mezzi di soccorso, il denso traffico ordinario, i Tir raccordati con i capannoni di Cesurni.
Considerando che la stazione di Tivoli Terme del treno metropolitano Fl2 sarà distante quattro passi dal nuovo ospedale, è facile prevedere che la domanda di prestazioni “coprirà” un’area territoriale decisamente più ampia di quella locale. Facile arguire che saranno alti i flussi da Roma Est, per la prima volta nella sua storia, anziché il contrario come d’abitudine, la Asl di Tivoli potrà contabilizzare i proventi della «mobilità attiva» proveniente dal territorio capitolino.
Il che però richiede urgentissimi interventi sulla struttura della linea ferroviaria se non si vuole, di contro, regolamentare una limitazione all’erogazione dei servizi.

La stazione Collefiorito di Guidonia Montecelio, da anni in paziente attesa del treno metropolitano Fl2

Perché, nonostante gli impegni-annunci in proposito risalgano a 4 anni fa – e si continuano a ripetere pur sapendo che (al momento) non si intravvedono soluzioni – non si riesce a portare a termine la conclusione del percorso della Fl2 al capolinea di Collefiorito nel comune di Guidonia Montecelio. Non soltanto un problema di costi in aumento per lo sforamento della «tabella dei lavori», ma la previsione di non poter accogliere la mobilità privata e pubblica nella nuova stazione di Tivoli Terme, una prevista enorme quantità di affluenze verso un nodo di scambio gomma-rotaia assolutamente non in condizioni di soddisfare la domanda a causa dell’assenza di spazi indispensabili alla funzione (un tema che oltretutto non sembra più di tanto appassionare la «brillante» per la sua assenza amministrazione comunale di Tivoli).