di TOMMASO VERGA
«OBBLIGO DI DIMOSTRARE, da parte degli enti (locali, pubblici… ndr), le ragioni del mancato ricorso al mercato, dei benefici della forma dell’in house dal punto di vista finanziario e della qualità dei servizi e dei risultati conseguiti nelle pregresse gestioni attraverso tale sistema di auto-produzione». Chi l’ha detto? Interrogativo che, d’acchito, condurrebbe alla rubrica d’una inossidabile Settimana Enigmistica. Affidandosi alla memoria si rischia il tradimento ma stavolta non c’è possibilità d’intralcio. Allora: chi l’ha detto? Risposta: Mario Draghi, a commento della «legge concorrenza» approvata tre giorni fa dal Consiglio dei ministri (che dovrà correggere in base alle osservazioni critiche provenienti da Bruxelles; il testo poi dovrà passare in Parlamento): «Nel recente passato, i governi hanno preso due strade – ha puntualizzato il presidente del Consiglio –. Alcuni hanno proposto misure molto ambiziose senza però cercare il consenso politico. Il risultato è che in larga parte questi provvedimenti non sono stati attuati, anche per l’opposizione di tanti gruppi d’interesse. Altri governi hanno invece ignorato la questione. Noi invece avviamo un’operazione di trasparenza, e mappiamo le concessioni per spiagge, acque minerali e termali, frequenze…».
«Mappe» e (…molti) «gruppi d’interesse», diconsi lobby, una sorta di altro-stato in sostanza. Di qui la scelta di una precisa strategia che recuperi posizioni di una partita che anno dopo anno, rinvio dopo rinvio (l’esempio “esemplare”? i taxi), ha confinato il nostro Paese nella parte bassa della classifica europea. Il “mercato”?, importante senza dubbio, non fosse che anziché benefici ne è risultata una politica che ha puntato a ridurre i diritti. Se quelle di Mario Draghi non saranno solo buone intenzioni, si vedrà se la “legge concorrenza”, seguita dalla «mappa», produrrà la modifica radicale di assetti standardizzati. L’esempio viene restringendo l’ambito all’area est della Capitale. «Mappate» tutte le condizioni, una risorsa assoluta del comprensorio tiburtino risulta l’acqua minerale. Da ricondurre alle condizioni che ne possano nuovamente esaltare e promuovere le peculiarità.
Ragion per cui, esclusi spiagge, frequenze e altro, sono le acque minerali e termali le «concessioni» che investono i governi locali dell’area tiburtina. Abbarbicati nella difesa campanilistica di una risorsa che altri rivendicano appartenente al proprio territorio data la dislocazione delle sorgenti. Una disputa ridicola che ha impedito lo sviluppo d’una «materia prima» del quale avrebbero beneficiato tutti i fattori della crescita e dello sviluppo. Si pensi a tutta la fase della deindustrializzazione al termine degli anni Settanta del secolo scorso. Una crisi “strutturale” che poteva essere compensata appunto dalla realizzazione del Parco termale, dall’attività diretta e da tutte quelle indotte.
Una summa di contraddizioni, la principale costituita dalla firma dell’«Accordo di programma quadro del 30 ottobre 2001» insieme all’approvazione delle relative delibere dei Consigli comunali di Tivoli, Guidonia Montecelio e Roma. L’espace d’un matin, perché gli stessi protagonisti tornarono a impugnare la bandiera della patria cittadina e il patto finì in archivio. Oggi, quell’intesa dev’essere recuperata – con gli opportuni aggiornamenti e modifiche – se non si vuole rischiare d’essere spogliati del bene ad opera del governo centrale. Non va escluso manu militari.
Turismo, buona occupazione, salari, imposte, tasse: il valore di una «città termale» costruita a ridosso della Capitale
Così il testo integrale dell’«”Accordo di programma quadro” avente valore d’intesa concernente il Parco termale metropolitano di Tivoli, Guidonia e Roma, sottoscritto il 30.10.2001 (vent’anni fa esatti, ndr) dalla Provincia di Roma, dalla Regione Lazio e dai Comuni di Tivoli, Guidonia e Roma, finalizzato allo sviluppo dell’economia termale da conseguire tramite la valorizzazione del sistema ambientale, il miglioramento della mobilità, la valorizzazione delle attività produttive (termali ed estrattive), la previsione di un sistema ricettivo ludico ricreativo».
Ne consegue che, sulla gestione delle acque minerali dell’asse tiburtino per tutto questo tempo passato, ci sarebbe molto da obiettare. Ma, prima di tutto, va denunciato l’effetto della “diserzione” visto che, di conseguenza, al comprensorio Villalba di Guidonia Montecelio-Bagni di Tivoli, sono state sottratte opportunità che avrebbero migliorato radicalmente le condizioni di vita dei residenti. Per non parlare della “buona occupazione” in termini numerici e di qualità prodotta da una “città termale” costruita alle porte della Capitale.
Ora l’affermazione di Mario Draghi sgombra il campo da ogni ambiguità ed equivoco. Per il presidente del Consiglio si direbbe che la “legge concorrenza” non rappresenti tanto l’adempimento d’un obbligo burocratico ma principalmente uno dei nodi costituenti l’esame sullo stato di salute del Paese da parte della Commissione europea.
Alla quale, volente o nolente Palazzo San Bernardino, verrà comunque sottoposto il «dossier Acque Albule». Accompagnato dalla richiesta di finanziamento del progetto Parco termale metropolitano mediante il Next Generation Eu o il Recovery Plan. Se le formule non dovessero risultare compatibili con gli obiettivi (il Parco è un investimento produttivo oppure un provvedimento urbanistico?), si troveranno altri interlocutori, pubblici e/o privati, interessati a investire nella pianura dell’Aniene (non va escluso destare l’attenzione della Cassa depositi e prestiti). Per essere espliciti: o chi governa le città del comprensorio, Tivoli in particolare, provvede alle incombenze richiamate nell’«Accordo quadro» del 2001, oppure l’applicazione di quel patto verrà rivendicata da altri, in primis associazioni di semplici cittadini.
Quello che non si potrà assolutamente accettare è la ripetizione di quanto avvenuto in passato. Il riepilogo riporta al comunista Ezio Cerqua preceduto dal democristiano Umberto Ferrucci, il quale, smessa la fascia tricolore, accantonò l’obiettivo Parco termale per esercitarsi su quello di far superare i 100mila abitanti a Guidonia in quanto dirigente dell’Urbanistica di fiducia dei sindaci Lippiello (Margherita) e Rubeis (Berlusconi).
Fu impossibile per Cerqua e Ferrucci superare il muro eretto dalla «Superba» a “difesa” del monopolio della concessione dell’acqua e della distribuzione alla «spa Acque Albule» (ultimo step precedente la semiprivatizzazione: 53 lavoratori dipendenti, retribuiti per 14 mensilità) società che passò alla gestione mista a inizio dicembre 2001, mantenendo comunque i monopoli. Va detto che il Consiglio comunale di Tivoli paradossalmente approvò la delibera che inseriva il «Parco termale metropolitano» nel Prusst dell’Asse tiburtino.
Sul «Parco termale metropolitano», ultimo a dirsi favorevole fu Eligio Rubeis, berlusconiano candidato sindaco di Guidonia Montecelio della coalizione Forza Italia-ex Msi-Nuovo centro destra-liste civiche di Aldo Cerroni eccetera. Ne parlò il 2 aprile 2014, illustrando il programma elettorale della destra in via Francesco Baracca a Guidonia Montecelio. Se ne dimenticò il giorno precedente o successivo all’elezione: fa lo stesso. Chi gli impedì di assolvere all’impegno assunto (ugualmente per tutti gli altri punti del programma) con i cittadini di Guidonia Montecelio? (ci si tornerà a tempo debito).
L’escavazione del travertino consuma l’altra risorsa: si pompa l’acqua minerale di falda che viene poi rigettata extra-falda annullando la possibilità del Parco termale metropolitano
Lo stato del territorio: un obiettivo che dovrebbero assumere anche i titolari dell’altra “risorsa locale”, il travertino, che però viene gestita da un ceto imprenditoriale dall’impronta decisamente «antica» (nell’assoluta complicità oggettiva del ceto politico-amministrativo). Basti pensare alla voragine del debito coltivato con il Comune di Guidonia Montecelio. Che ha ricadute non lievi sulle sorti del territorio e delle sue eccellenze. Il fiume Aniene, nel quale i padroni delle cave scaricano i residui liquidi della lavorazione, costituisce la cartina di tornasole dell’insieme.
Le cave di travertino – secondo il professor Maurizio Marcelloni, autore del Piano d’area per il Parco termale metropolitano Tivoli-Guidonia Montecelio-Roma – «appaiono come una sorta di area autonoma che malgrado interferisca da tutti i punti di vista con la realizzazione del parco termale, ne risulta del tutto estranea. La presenza dell’attività estrattiva infatti sembra entrare allo stato attuale in rotta di collisione con il pieno e organico sviluppo dell’attività termale». Concordare una soluzione? Impossibile. E’ sufficiente rammentare come le cave pompano perennemente l’acqua di falda per poi scaricarla all’esterno della falda stessa (si pensi al Fosso delle Prata, terminale il fiume Aniene).
NEL PUCG DI TIVOLI IL PARCO METROPOLITANO DIVENTA BOTTEGA DELL’ACQUA
Per concludere, sotto, sulla sinistra, un elenco delle questioni aperte che richiedono un intervento organico delle amministrazioni comunali (per le specifiche competenze). A parte, il Parco termale secondo l’interpretazione che ne dà il Comune di Tivoli. Per il quale – a dirla tutta – il nuovo ente neppure esiste. Infatti, a leggere le tre didascalie che accompagnano la voce «Parco termale» nel Pucg (come si definisce oggi il Prg di una volta), “metropolitano” non è esiste, non è mai citato. Per ora basta così, resta inteso che sarà necessario tornarci su.
1. DECRETO DI DECLASSAMENTO della qualità delle acque della «spa Acque Albule» risalente al 1984 a firma della Regione Lazio (in calce par di leggere quella di Violenzio Ziantoni, assessore alla Sanità). Conseguenza: i controlli delle acque che alimentano le piscine vengono eseguiti in conformità di quanto previsto dal DPR 470/82 per le comuni acque destinate alla balneazione.
2. DIRETTIVA DEL PARLAMENTO e del Consiglio europeo 2006/123/CE – meglio conosciuta come Direttiva Bolkestein –, attuata in Italia con decreto legislativo 26.03.2010 n. 59, per la tutela della libera concorrenza nei servizi, assolutamente incompatibile con l’esclusiva monopolistica dell’utilizzazione delle acque minerali concessa al Comune di Tivoli e da questo alla «spa Acque Albule».
3. LEGGE CONCORRENZA. Approvata ieri l’altro dal governo italiano deve ora passare al voto del Parlamento (dopo aver sistemato le cose in rapporto alle critiche solevate dall’Unione europea). La legge deve essere applicata anche nel comprensorio a est della Capitale.
4. SEGUE la richiesta di applicare un divieto: i padroni delle cave debbono cercare e trovare soluzioni alternative all’inquinamento delle falde del sottosuolo e dell’Aniene. Al settore, il Comune di Guidonia Montecelio ha destinato Elisa Strani, vicesindaca-assessora con deleghe alle Attività estrattive e al Rischio idrogeologico. C’è chi lo intende come funzione ottimale per l’innaffio delle margheritine ma non dovrebbe essere così. Comunque, osservando i trascorsi, delle due responsabilità assegnate alla vicesindaca di Guidonia l’impressione che si ricava è che prevalga l’attenzione per la prima delega.
Il richiamo riguarda la necessità di far funzionare la seconda, che deve invece intendersi prioritaria rispetto all’altra dato che investe le condizioni di vita delle persone. A proposito: nell’omnicomprensività dei compiti, Elisa Strani dovrebbe cancellare il ritombamento (prenda esempio da Tivoli), una finzione rispetto alla salvaguardia dell’ambiente, visto che si traduce nell’inquinare le acque di falda e dell’Aniene, oltre che preparare le ex-buche del travertino all’inseminazione edilizia, ai centri commerciali, ai campi di calcio – immaginarsi uno stadio sulla via Tiburtina, nei pressi di Pontelucano. Tappare le buche-voragini con scarti e rifiuti (come si leggeva sull’ex periodico ufficiale del Comune di Guidonia Montecelio) arreca danni gravissimi all’ambiente e alla salute. Ma l’assessora-vicesindaca lo sa perfettamente. La osserveremo all’opera. Tutto dipenderà da lei, è lei che dovrà decidere se e come contribuire alla realizzazione del Parco termale (obbligando i padroni delle cave a diventare «ecologisti») oppure scegliere di passare alla memoria per i motivi opposti. Siamo certi sarà coerente.
5. NECESSITA VENDERE «ACQUE ALBULE spa». Lo stabilimento deve collocarsi alla pari con le altre attività del Parco termale. Altro atto urgente liberalizzare l’acqua solfa. Anche se, transitoriamente, il Comune può ancora temporaneamente gestire il commercio del prodotto.
6. INFINE, L’ACQUA. Va risanata la produzione della minerale (si chiede se è possibile mantenere senza regole e limiti – ad esempio, impedire di fare il bagno nei laghetti della Regina (Palmira) e Colonnelle – i nomadi accampati da anni in un luogo denso di significati e di storia. Oltreché del liquido che alimenta le terme attuali. Possibile che nell’amministrazione di Tivoli non ci sia nessun contrario? (i razzisti non si propongano, i loro vizi li conosciamo).
Non v’è dubbio che Tivoli non può continuare a schivare la liberalizzazione dell’acqua sulfurea. Assieme alla Direttiva Bolkestein ora c’è la «legge concorrenza» che sottolinea come il «mercato» deve occuparsi anche delle acque minerali. Con tanti requiem per le rendite di posizione.