di TOMMASO VERGA
CON LA MORTE DI PIERLUIGI CONCUTELLI, IL 15 MARZO, si è conclusa per gli storici disattenti la del tutto dimenticata (anche per questo evento) stagione degli «anni di piombo» a Tivoli e nelle borgate decentrate di Guidonia Montecelio. Il dettaglio a una prossima puntata. Mentre l’attualità obbliga alla rievocazione della formazione iniziale d’una sezione del «terrorismo nero» della Tiburtina. Un circolo di fascisti, con sedi a Tivoli nel quartiere Braschi e nel bar «Garden», nel centro-città. La “filiale” di Guidonia Montecelio aveva sede in un sottoscala nascosto dalla pineta difronte all’aeroporto.
«La Rochelle» il nome, un’associazione espressione di Ordine nuovo, MPON in sigla (Movimento politico Ordine nuovo), fondata dallo stesso Pierluigi Concutelli, altresì capo militare. Così come, inevitabilmente, la guida “teorica” era di spettanza del professor Paolo Signorelli.
Insieme, i due, nel 1975, con l’adesione di Stefano Delle Chiaie, tentarono (fallendo), di fondare un soggetto politico “ultranero” risultante dalla fusione di Ordine nuovo con Avanguardia nazionale.
L’addestramento “teorico-pratico” degli aderenti giovani del circolo «La Rochelle» – alternativo alla forma del «circolo culturale» prevalente in quegli anni – si svolgeva nel campo paramilitare di Pian del Rascino. A proposito del quale non mancò chi sottolineò la stretta relazione tra le attività che si svolgevano in quella località, come il campo-scuola dei fascioterroristi, con la strage di Brescia del 28 maggio 1974.
Come si comprende la «scuola» del circolo «La Rochelle» andava ben oltre l’esaltazione del «mussolinismo», materia di competenza dei soci del MSI, il movimento sociale italiano di Michelini e Almirante. All’esame, il bilancio delle cronache di quegli anni, non può non constatare che l’indottrinamento di Sergio Calore (nato a Tivoli, il 1º ottobre 1952, assassinato a Guidonia Montecelio il 6 ottobre 2010; secondo il giudice Guido Salvini «il pentito più importante dell’estrema destra, colui che ha aiutato a chiarire le posizioni di primo piano dell’organizzazione politica e militare di Ordine nuovo negli Anni di piombo») e di Aldo Stefano Tisei (nato a Tivoli, il 2 settembre 1957, morto a Milano, per overdose, il 26 novembre 1988), i più noti “seguaci” del “sistema”, certamente non scevri da personali responsabilità in molte circostanze delittuose, condusse entrambi a diventare comprimari dei fatti di sangue della stagione.
«Seguaci». Perché l’esordio movimentista dei due giovani tiburtini si dovette proprio alla frequentazione dei «cattivi maestri» del circolo «La Rochelle», fondato nel 1971-’72 da Paolo Signorelli, professore di matematica del liceo “Spallanzani» di Tivoli, estinto il 1° dicembre 2010, ordinovista come Concutelli.
Quasi dieci anni di carcerazione preventiva per Signorelli (aberrazione dei tempi, che si intendeva giustificare quale risposta adeguata allo straordinario periodo dovuto al terrorismo), tre condanne all’ergastolo per omicidio (dei giudici Occorsio e Amato e del giovane Antonio Leandri, “freddato” il 17 dicembre del 1979 a Roma, a piazza Dalmazia, per errore – scambio di persona – da Sergio Calore).
Nei molteplici «coccodrilli» su Pierluigi Concutelli, neppure un rigo che rammentasse le gesta delittuose compiute a Tivoli e nelle periferie di Guidonia Montecelio. Eppure, in quella stagione (la memoria corre alla metà degli anni ’70 e all’inizio dei successivi) furono molteplici le azioni che videro i soci tiburtini del circolo «La Rochelle», eseguire gli ordini del “Comandante Concutelli”. Fatti che portarono Città d’arte e Città dell’aria alla permanente citazione nei resoconti quotidiani delle imprese del terrorismo neofascista.
Né fatterelli marginali, men che meno occasionali, bensì storie di aggressioni mortali e attentati, «da conservare negli archivi della “cronaca nazionale”» secondo il linguaggio delle redazioni.
Contro l’alleanza neofascisti-‘ndrangheta, la sola risposta venne da Alessandro Filabozzi, segretario del PCI a fine anni ’80: “Contro racket e fascisti, pubblichiamo un giornale”. Che chiamammo «tendenze». A mancare persino le forze in divisa. La sottovalutazione cessò con l’arrivo di Antonio Mignacca alla direzione della polizia di Stato di Tivoli-Guidonia
CON ALESSANDRO FILABOZZI, SEGRETARIO DI ZONA DEL PCI, ci incontrammo nella sede di Tivoli, in via Colsereno. Sandro mi aveva preannunciato telefonicamente che il colloquio avrebbe riguardato la proposta di pubblicare un periodico. Lui voleva sapere se fossi d’accordo e me la sentissi di dirigerlo. Avevo già obiettato che l’invito non mi riguardava. La «professione va bene» ma il PCI non era il mio partito. Poi, conoscendo a sufficienza il settore, un ostacolo insormontabile: chi avrebbe letto un bollettino di partito?
Non un giornale di partito ma d’«area», della sinistra, la replica Sandro. Che poi esibisce l’atout vincente: «Hai presente cosa stanno facendo i fascisti del Circolo La Rochelle a Tivoli? oltretutto alleati nel racket con quelli inviati al soggiorno obbligato dalla Calabria? ogni notte salta una saracinesca, occorre risvegliare la coscienza di questa città, di questa zona, di chi vive qui. E’ per ciò che ti chiedo di organizzare la pubblicazione di un giornale, è il tuo mestiere». Va detto che di quella terribile stagione, soltanto Paese sera, quotidianamente, mostrava di «essere sul pezzo».
Il primo numero di tendenze raggiunse l’edicola il 28 aprile 1981. Nell’ottobre dello stesso anno, una “retata” tra Tivoli-Villalba-Villanova, diretta da un commissario «estraneo» per Tivoli, Nicola Cavaliere, interrompeva temporaneamente le gesta della banda che aveva dato vita – come titolavano i giornali – al «triangolo maledetto».
Anche se i conseguenti procedimenti giudiziari non dettero l’esito immaginato. In quello a carico di Antonio Mazzitelli (una querela nei miei confronti) + 7, tutti facenti parte del gruppo degli arrestati a Tivoli dal commissario Cavaliere, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, il tribunale della libertà di Roma, con ordinanza del 24 gennaio 1984 respingeva l’appello del pm contro il giudice istruttore che aveva ordinato la scarcerazione per insufficienza di indizi degli imputati. Motivo, «mancavano riscontri alle dichiarazioni accusatorie mosse da persona non nominata, la cui parola appariva priva del requisito della univocità e della concretezza».
Al compimento dei 7 anni, la redazione di tendenze prese atto che i rapporti con l’editore non erano più «quelli di una volta». Sandro Filabozzi se n’era andato da Tivoli, impegnato altrove, in altri incarichi, non di partito. Che, nel frattempo, aveva trasformato l’organizzazione territoriale, da “zona” a “federazione”. Che si dotò di un proprio bollettino, Nuove tendenze. Esattamente l’opposto di quanto intendevamo e praticato con tendenze.
Fu così che i reduci diedero vita a hinterland, il figlio legittimo di tendenze. Non tanti come in passato, ma in numero comunque significativo. Degli “assenti” c’è chi aveva terminato la scuola di giornalismo costituita da tendenze, riuscendo non solo a fare il giornalista da grande (una dozzina), ma arrivando a dirigere un quotidiano nazionale.
La “svolta” degli avvenimenti si verificò con il ricambio al vertice della Pubblica sicurezza, l’arrivo di Antonio Mignacca, nuovo commissario di Tivoli-Guidonia Montecelio. Che, tra le prime cose, mi convocò per rimproverarmi (garbatamente) sul contenuto di una vignetta apparsa su tendenze. Ma principalmente per sapere cosa pensassi dell’assenza di reazioni della città e degli stessi commercianti ai ricatti del racket.
Un lungo colloquio, nel quale presi nota che il commissario aveva piena cognizione dei cambiamenti strutturali nel Paese e nella Regione Lazio. Al punto di argomentare sul tentativo della mafia di «mafiosizzare» l’ente, disegno confermato dall’avvenuto arresto di Natale Rimi, figlio del boss trapanese Vincenzo. Prima del saluto, in fondo, la sorpresa.
Perché, a differenza della sensazione precedente l’incontro, Antonio Mignacca in realtà conosceva molto più di quanto intendesse ascoltare. E me lo comunicò nella conclusione (lasciandomi decisamente sorpreso; sorpresa che venne meno dopo una sera a cena: al prossimo articolo): «Non posso assegnarle una scorta, non ho il personale sufficiente – esordì il commissario (fu così che dal colloqio-esposizione capii che non tirava un’aria salubre per la mia persona; che invece lui ben conosceva) –. Per cui, la notte, al suo ritorno dal lavoro (leggi: dal giornale “vero”, ndr) sotto casa troverà ad attenderla i miei agenti. Controlleranno non ci siano problemi di nessun tipo. Così potrà andare tranquillamente a dormire».
Per un periodo non proprio breve, quotidianamente, non mancava il reciproco «buonanotte» con i due poliziotti che mi attendevano sotto casa, aspettando che varcassi il portone. © RIPRODUZIONE RISERVATA info@hinterlandweb.it. (1. Continua: “Gli omicidi”)