di TOMMASO VERGA
«CHI HA ABOLITO (ABROGATO, CANCELLATO) LO SDO? Come, quando, perché? Il sospetto quasi-certezza sulla persona non manca, però intendi avere un attestato ufficiale. Per iscritto, come valeva un tempo. Quindi, dopo aver circumnavigato per le conoscenze, lo chiedi al Pd regionale, con una email inviata il 5 luglio a Daniele Leodori, il segretario da poco eletto da cinque delle sei correnti in divisa, autorizzate da Elly Schlein a partecipare alle «primarie» del partito al quale è iscritto il sindaco Roberto Gualtieri. Prima di tutto, l’articolo non avrebbe avuto seguito se qualcuno avesse risposto.
Da Leodori (o chi per lui) avremmo voluto sapere cosa ne pensasse di una direzionalità scomparsa, che anziché proporsi assetti territoriali capaci di rispondere in positivo alla domanda di vivibilità dei residenti (l’asse attrezzato, il PRG capitolino di Pietro Samperi, lo SDO): realizza il completo rovesciamento di quell’impostazione. Affidando al mercato le ricette per la guarigione. Si può constatare, è quanto avvenuto nella periferia di Roma, versante est.
Quindi, sicuramente – dopo la domanda sui 13 grattacieli di Virginia Raggi –, il resto si sarebbe soffermato su quanto stanno combinando Roberto Gualtieri e la sua giunta nella periferia orientale di Roma. E cosa intende fare il Pd. Mentre aumentano i problemi con l’eventuale arrivo dell’Expo 2030. Non i soli a essere interessati al tema a quanto pare. Il 20 giugno, il viaggio della Meloni a Parigi, curiosa coincidenza, il 18 giugno l’elezione di Leodori.
Partiamo da Expo. Da un tema sul quale ha recitato la propria parte l’armocromia. Capo d’abbigliamento il gilet. Utilizzato da Giorgia per dissimulare il colore del suo. Si ignora se la girandolona dagli splendidi risultati mancati abbia chiesto preventivi consigli, ma sicuramente ha tenuto conto dell’esperienza targata Di Maio-Di Battista, che già nel tratto Courmayeur-Chamonix, celarono i gilet gialli sotto la mise di ordinanza. Parigi val bene una messa, seppure laica, anche a costo di sostituire la tonaca nera con un fresco rosè. E se Marine Le Pen non ha compreso i motivi del tête a tête con Emmanuel Macron, se (e quando…) andrà lei all’Eliseo se ne farà una ragione. Oggi l’accostamento di Giorgia con la Le Pen sarebbe stato malfunzionale, avrebbe messo a rischio l’obiettivo-base dell’incontro: «Messier Macron soutiendra la candidature de Rome à l’Expo 2030 le 28 novembre?». (Signor Macron, il 28 novembre sosterrà la candidatura di Roma per l’Expo 2030?). Domanda alquanto oziosa visto che sulla localizzazione dell’Esposizione universale il francese ha già detto di voler emulare Ronaldo e Benzema.
D’altronde – anche se a Marine la cosa interessa punto –, la viaggiatrice presidentessa del Consiglio italiana come potrebbe non sottostare, volente o nolente, all’influenza «ecche’ sarà mai?» che largo Chigi esercita sugli ospiti di ogni ordine e grado, provvisori o di lungo corso. Una condizione che non si può descrivere se non si prova. Rende l’idea l’esempio di un comunista più communista del proprio partito (anche all’epoca non è che ci volesse molto), che dopo aver stretto la mano al presidente del Consiglio Giulio Andreotti nel giorno di Pasqua del 1972, a seguito della firma dell’accordo sulla riapertura delle Cartiere Tiburtine a Ponte Lucano, introiettò il clima al punto di non lavarsi più la mano blasfema.
Giorgia, nel suo peregrinare, non può renderlo pubblico, esplicito, ma è un fatto che una come lei e come gli esponenti del suo fiammante partito, dopo la permanenza a largo Chigi da «manettari-ci vuole-la-pena di morte» si sono convertiti al buonismo, al punto che a un sindaco di comune conoscenza verrebbe oggi riconsegnata l’agibilità nella pubblica amministrazione a suo tempo vietata perché condannato per un «abuso d’ufficio» acquisito e confermato attraverso la registrazione delle intercettazioni telefoniche con il direttore di un supermercato ostile oltretutto a occupare un posto di lavoro.
Se Macron cambiasse idea Giorgia potrebbe fregiarsi della conquista dell’Esposizione universale del 2030. Da tenere a Roma
COME A ROMA? E DOVE? Roberto Gualtieri e consiglieri lo sanno già, tutti strateghi di vaglia. Se la Capitale si fosse aggiudicata l’Expo 2030, già nell’aprile 2021 il sindaco aveva risposto alla bisogna. Si parla di quello stesso Gualtieri che in nome di una strategia da illuminato urbanista (aspetto secondario e addirittura ininfluente se d’accordo il suo partito, il PD) a suo tempo chiuse sotto chiave la “roba vecchia dello SDO; è molto più importante un campo di calcio” . D’altronde, si parla di un sindaco che sentenziò: «A Pietralata va Tecnopolo, c’è spazio anche per lo stadio». E – a suo parere – per Expo 2030.
Neanche da mediano la vita già ora praticata da chi risiede lì, figurarsi quando verranno occupati i 65.000 posti dello stadio della Roma, inclusi indotto e connessi.
Un’ammucchiata tutta da raccontare ai posteri (tanto il tempo sulla Tiburtina o sulla Nomentana non mancherà di certo, tutti in fila), storia alla quale non potrà sicuramente mancare la descrizione del pollaio di grattacieli, 13, tanti quanti ne ha sentenziati la delibera sul «Polo Est» del 21 agosto 2021, copyright Virginia Raggi, movimento 5Stelle. Tutti ingombri estranei al Sistema direzionale orientale. Appunto, ci si chiede, c’è un atto ufficiale del Campidoglio che descrive che fine abbia fatto? Non risponderà nessuno. Figurarsi l’appena eletto segretario regionale Daniele Leodori. Diserzione che interessa principalmente la riflessione a seguire: mai si sarebbe immaginato che l’amministrazione comunale, figlia della storia del riformismo e della sinistra capitolina fosse impegnata nel progetto «aboliamo lo SDO», dopo aver neanche prefigurato quali i mutamenti interessanti le aree territoriali coinvolte.
Rispetto alle attese, raffigurarsi invece l’effetto provocato dalla beatificazione venuta dall’assessore all’Urbanistica capitolino, il piddino Maurizio Veloccia, che s’è in proposito esercitato con l’Agenzia Dire: «L’Area Tiburtina diventerà la Defense romana» il suo personale parere. Possibile che dalle parti della Tiburtina ci sia qualcuno che non avverta la suggestione della Defense?
Non saranno per caso quei brontoloni annidati nella “Roma oltre le mura” e/o nella «prima cintura» (Tivoli, Guidonia Montecelio, Fonte Nuova, Sabina, Settecamini, Prenestino)? Quelli che utilizzano la Capitale per lavoro, sanità, studi, tempo libero, eccetera, problemi che avrebbe dovuto risolvere Roberto Gualtieri portando a compimento il Sistema direzionale orientale, ma che il sindaco di Roma ha invece risolto dotando Pietralata di un campo di calcio. Anzi, più consono e adeguato alle effettive ambizioni: di uno stadio. Puro riformismo
L’opera impedirà le permanenti recriminazioni di quegli sfigati che lamentano il consumo quotidiano di almeno 3 ore della propria esistenza sulle antiche consolari (quando va bene). Tiburtina, Nomentana, Prenestina le maggiori. Argomento che, c’è da scommettere, ha dominato il dibattito nel congresso regionale del PD (quello delle 5 «correnti» che hanno eletto Daniele Leodori segretario) ma non ha nemmeno sfiorato – in termini per carità moderatamente critici – le scelte di Roberto Gualtieri (e poi ci si chiede perché quel partito non viene più votato).
Figurarsi se fosse passata l’indicazione formulata attorno al 20 aprile 2021 sull’Expo 2030 a Pietralata. Fortunatamente, qualcuno ha invitato Gualtieri a ripensarci. Cosicché, il sindaco ha rivolto le sue preferenze su Tor Vergata. Come noto, si tratta della Romanina, area di assoluta e piena libertà, su una superficie di 210 ettari si dice. In sostanza, il SDSE (Sistema direzionale sud est) ne risulterebbe un tutt’uno compreso nel «recinto» stazioni Tiburtina-Quintiliani-Vele di Calatrava. Un nuovo piano regolatore fondato sul versante sud-est della Capitale.
Luigi Piccinato, Kenzo Tange, il PRG di Piero Samperi, unitamente alle condizioni di vita dei residenti-utenti, verrebbero confinati nei testi di architettura. Ovviamente fuori corso.
L’«ideologia» di Roberto Gualtieri: il Campidoglio è il vertice delle «colonie dell’Impero». Tutte le “correnti” del PD applaudono
PRIMA ANCORA della totale mancanza di soluzioni, va annotata l’assenza di qualsiasi dialogo tra centro e periferia. Il che conferma l’«ideologia» che manifesta il cosiddetto sindaco della Città metropolitana. Lui provvede alle scelte. La più clamorosa, i rifiuti di Roma trasferiti altrove, nel territorio provinciale. Pomezia, Guidonia Montecelio. La contraddizione davvero enorme? Roberto Gualtieri (e i suoi consiglieri) stanno esaminando il divieto di transito dei veicoli a motore sull’Appia Antica, la Regina Viarum.
Decisione, comunque in ritardo quando verrà, più che condivisibile. Ma allora perché via dell’Inviolata e i relativi vincoli posti a difesa del parco archeologico non vengono rispettati?
Rispondano Gualtieri e il suo partito. Magari diranno che il confronto nemmeno si pone: perché via dell’Inviolata è dislocata in una colonia dell’Impero. © RIPRODUZIONE RISERVATA – info@hinterlandweb.it