Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ai microfoni di Rainews a margine dell’inaugurazione di una mostra a Matelica dedicata a Enrico Mattei ha commentato la contestazione al direttore di Repubblica Maurizio Molinari da parte di alcuni studenti all’università Federico II di Napoli: «La tolleranza delle proteste ha portato alle Brigate rosse»
di GIANNI CIPRIANI
Il consulente della Commissione stragi ed esperto di Guerra psicologica e propaganda contesta le bizzarre affermazioni del ministro
PER DIRE CERTE BESTIALITA’ E CASTRONERIE, bisogna essere davvero ignoranti. E quindi ignorare la storia della prima repubblica e della cosiddetta strategia della tensione e degli anni di piombo, anche se nelle loro bizzarre ricostruzioni post-missine questa storiografia al contrario ha radici lontane, visto che è dal 1994 in poi che i post fascisti portano avanti un tentativo revisionista che si scontra però con la pochezza dei loro argomenti soprattutto di fronte alla forza di montagne di documenti processuali e non.
Non saranno i post missini a riscrivere la storia degli anni di piombo. Ma qui siamo di fronte a propaganda e strumentalizzazione spicciola che può evocare qualche suggestione fuorviante tra chi non sa nemmeno chi sia Aldo Moro (in alto, l’agguato di via Fani a Roma) e può credere a tali bizzarrie.
Ma veniamo alla questione: mettere strumentalmente in relazione la contestazione di un gruppo di studenti di Napoli al rapimento Moro è come dire che dagli starnuti di un raffreddore possa scaturire il terremoto di Messina.
Gli studiosi di Guerra Psicologica (e io sono tra questi) materia che comprende sia la disinformazione che la propaganda, sanno bene che tra le tante tecniche per deformare la realtà come l’ipersemplificazione o le distorsioni logiche, la stereotipizzazione o le banalità scintillanti c’è ne è una non raramente usata, ossia quella che si chiama la tecnica dei falsi predittivi o delle previsioni arbitrarie. E agitare lo spettro del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro di fronte a una contestazione studentesca è un falso predittivo bello e buono.
Siamo ai livelli di un falso predittivo (o previsione arbitraria) che fece epoca: ossia quando Fanfani per opporsi al divorzio disse che se ciò fosse accaduto le mogli sarebbero fuggite con le cameriere evocando la paura di famiglie disintegrate e perfino lo scandalosissimo (per l’epoca) amore saffico addirittura di massa.
C’è da dire che dopo l’approvazione del divorzio non ci sono state code ai caselli con macchine piene di divorziate e cameriere in fuga.
Ma al di là dei mezzucci propagandistici, mettere in relazione una contestazione (non un’azione terroristica) al rapimento Moro da parte delle Brigate Rosse dimostra anche una scarsa conoscenza della storia. Nel 1978 il mondo era ancora nel pieno della guerra fredda e nel mezzo di uno scontro capitalismo/comunismo sovietico che oggi non c’è più. Ma soprattutto il partito armato si solidificò negli anni attraverso la sedimentazione di un programma politico che si basava – semplifico – su una rigida, distorta e fondamentalista interpretazione di alcune categorie del marxismo-leninismo (alcuni gruppi ma non tutti aggiunsero anche il maoismo) attraverso le quali dare vita ad una struttura militare che nulla aveva a che fare con la ‘protesta’ dove pure ci furono aree di consenso e di fiancheggiamento.
Nel 2024 le proteste hanno tutt’altra connotazione. E se anche volessimo per assurdo – ripeto per assurdo – ipotizzare un sbocco armato organizzato in grado di colpire il ‘cuore dello Stato’, l’impianto ideologico o ideale che dir si voglia nulla avrebbe a che fare con le Brigate Rosse.
In terzo luogo il nostro dice che solo dopo il sequestro Moro (1978) scattò un allarme democratico sui rischi dell’eversione. Falso. L’allarme democratico era scattato nel 1964 all’epoca del ‘piano Solo’ quando dopo aver sentito il ‘tintinnar di sciabole’ (come disse Nenni) il Pci convocò una enorme manifestazione di vigilanza democratica per far capire ad eventuali golpisti che non era aria.
L’ALLARME DOPO PIAZZA FONTANA. L’allarme democratico scattò dopo la strage fascista di Piazza Fontana (1969) con l’enorme partecipazione ai funerali delle vittime mentre servizi segreti e non solo cercavano di attribuire la colpa agli anarchici.
L’allarme democratico era scattato nel 1974 quando i fascisti furono responsabili della strage di piazza della Loggia a Brescia nel corso di una manifestazione sindacale convocata per protestare – guarda caso – contro le continue provocazioni fasciste.
E al netto della vulgata farlocca della sottovalutazione del nascente terrorismo brigatista definito opera solo di ‘compagni che sbagliano’ va detto che al di là di sottovalutazioni e perfino di connivenze da parte di di alcuni settori della sinistra il Pci – e scusate se il Pci di Berlinguer e Pecchioli era vagamente più rappresentativo della sinistra di qualche gruppuscolo – già dalla fine degli anni Sessanta e nei primissimi anni Settanta quando le suggestioni di Feltrinelli che invocava le armi dando per imminente un golpe fascista si diffondevano fece un ‘repulisti’ allontanando dal partito tutti coloro che sembravano invaghiti dalle prospettive rivoluzionarie. E continuò su quella linea con coerenza fino all’ultimo come la morte di Guido Rossa e non solo ha testimoniato.
I MISSINI AUTORI DELLA STRAGE DEI CARABINIERI A PETEANO. Tutto questo mentre negli stessi anni – era il 1972 – tre iscritti al Msi organizzarono l’attentato di Peteano in cui morirono tre carabinieri e fecero perdere le loro tracce protetti dalla connivenza di tanti ‘camerati’ fascisti mentre le indagini e i depistaggi portarono a dare la colpa alla ‘sinistra’ almeno fino a quando uno degli autori della strage, Vincenzo Vinciguerra, fece saltare il muro di menzogne raccontando tutto.
Falso parlare anche di ‘tolleranza nel passato’ nel paese dove le proteste sono state represse nel sangue (le stragi di Avola, Modena, Reggio Emilia) dove la Celere dell’epoca di Scelba caricava selvaggiamente. L’Italia della legga Reale e della morte di Giorgiana Masi o di Fabrizio Ceruso. Repressione e non tolleranza.
LA PROTESTA DEGLI STUDENTI MOVIMENTA I MANGANELLI. In altri termini associare la protesta di alcuni studenti di oggi alle Brigate Rosse del 1978 risponde alle logiche propagandistiche del falso predittivo ed è un mezzuccio per evocare paure o magari legittimare i manganelli di oggi.
Dire che solo dopo il caso Moro sia scattato l’allarme democratico contro eversione e terrorismo, dunque, è un falso storico.
Ma tanta faciloneria e tanti sfondoni non devono meravigliare. Siamo pur sempre di fronte al cognato di una premier che dal palco della Cgil non molto tempo fa disse che gli anarchici di oggi si ‘rifanno alle Brigate Rosse’, affermazione che se fatta in un esame universitario avrebbe determinato la bocciatura immediata.
La nostra aveva confuso la solidarietà ‘contro la repressione’ (dove c’è sempre stato una sorta di fronte comune tra anime diverse) con una contiguità operativa. Che è un’altra cosa. Anzi, tutt’altra cosa. Gli anarchici non si rifanno e non si sono mai rifatti alle Brigate Rosse.
Mi fermo qui perché di fronte a coloro le cui categorie interpretative sembrano essere ferme a ‘dire, fare, baciare, lettera, testamento’ spiegare concettualmente l’incompatibilità tra insurrezionalismo anarchico e Brigate Rosse sarebbe non solo complicato ma soprattutto inutile.
Chiedo solo a costoro la cortesia di astenersi in futuro da sfondoni storici e politici nel nome della spicciola propaganda da bar. Il revisionismo storico non passerà.
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