di TOMMASO VERGA
Liquidato questo aspetto, conviene soffermarsi sul secondo, che al momento risulta prevalente, almeno nell’interesse: la distribuzione del peso-dirigenti funzionale ai nuovi o ai futuri (per il momento presunti) assessori. I quali, per come appare, si direbbe abbiano annotato nel brogliaccio detenuto nella scarsella i nomi dei personali preferiti vertici amministrativi. Si direbbe che dei burocrati attuali di alcuni si fidano, di altri no.
Intanto, gli “intoccabili”, quelli del sindaco: Rosa Mariani, Angelo De Paolis e Umberto Ferrucci. Restano ai loro posti. Per quest’ultimo, per non dar seguito all’inevitabile allontanamento temporaneo dal Palazzo, il sindaco s’è avventurato più in là d’ogni limite. Oltre che risultare ormai fuori tempo massimo – seppure non vincolante, la durata di procedure analoghe è di un mese –, in tutte le repliche e/o richieste di chiarimenti il testo appare formulato e redatto non da un architetto ma da un avvocato. Difensore. Del soggetto. (A proposito: Umberto Ferrucci è assente in questo periodo per decisione propria e non per decreto sindacale, nessuno lo ha “cacciato”. Per questa parte le informazioni sono state completamente fuorvianti. Paradossale poi quanto scrive il Pd in un manifesto, rivendicando a sé il “merito” di un allontanamento aldilà da venire. Una brutta propaganda, priva d’ogni minimo fondamento: sulla vicenda i democrat non hanno speso un minuto del loro tempo istituzionale. Se e quando Ferrucci lascerà il posto dipenderà sì da Rubeis, ma perché costretto alla decisione dal solo Movimento 5Stelle).
Tornando ai burocrati, sulla decisione della nuova “macrostruttura” dirigenziale, che conserva tutte le anomalie del passato quanto a compiti e deleghe multiple, il sindaco ribadisce una logica che, così perpetuando, diventa “di sistema”: a Guidonia Montecelio i dirigenti, formalmente dipendenti pubblici, non sono al servizio dei cittadini del Comune ma degli assessori. Va sottolineato che la teoria e la pratica del “bureau in franchising” precede Rubeis, ma non si può non rimarcare quanto lo stesso la esasperi. Ancor più insopportabile che ciò venga ammantato con il dogma “rotazione dirigenti”, per tutti obbligatoria, ma discussa in giunta soprattutto sul come evitarla per alcuni. In sostanza, come ripararsi da défaillance, dai possibili cedimenti dell’architrave in determinati settori. Il “caso Ferrucci” insegna. Un gattopardesco giro di valzer. Con il risultato qualificato, il perché è evidente, “macrostruttura”.