di TOMMASO VERGA
COSA C’ENTRA Teresa Maria Zotta con la Città metropolitana? C’entra, c’entra. Non tanto per essere la prescelta per l’adempimento di un atto previsto dalla legge, quanto per il «segnale», aver inteso rappresentare una «linea politica». Risalente a Virginia Raggi, la sindaca di Roma, anche sindaca (non eletta) della Città metropolitana, prima cittadina tra i cittadini che lavorano, risiedono, vivono, in quella che si definiva provincia.
Amministrazione periferica d’un tempo, che aveva un proprio Consiglio eletto (e non, com’è ora, nominato dalla riffa tra loro dei consiglieri comunali), il quale a sua volta esprimeva giunta e presidente (tutti e tre aboliti in omaggio alla demagogia grillinrenziana sui costi della politica). Non solo una istituzione. Perché la Provincia è stata iniziale palestra di aspiranti pubblici amministratori, scuola di conoscenza e approfondimento di temi e problemi.
Innervata su un metodo: il rapporto dialettico con il capoluogo. Inteso a salvaguardare la natura e la qualità dei luoghi ma contemporaneamente individuare e trovare rimedio ai disequilibri dovuti a «mutamenti naturali» – si pensi ai fenomeni migratori: sud-nord, città-campagna, monti-pianura – e alle pratiche speculative, dallo sfruttamento dei latifondi agricoli all’edilizia abusiva. Un curriculum consegnato ai libri di Storia. La Provincia dal 31 dicembre 2014 non c’è più, sostituita appunto dalla Città metropolitana.

Teresa Maria Zotta, vice della Raggi nella Città metropolitana

In quella di Roma dal 25 giugno scorso è stata ripristinata la fisionomia fissata dalla normativa. Virginia Raggi ha nominato la sua vice, Teresa Maria Zotta, la quale dovrebbe ricondurre l’azione dell’ente alle strategie politiche volute dalla titolare. Parola d’ordine: ricomporre la frattura.
Perché da quando Virginia Raggi siede al vertice del Campidoglio, le divergenze tra Roma e hinterland si sono tramutate in «organiche», strutturali. Esclusivamente per responsabilità della stessa sindaca. Nei tre anni di Campidoglio, la Raggi non solo non ha prestato la dovuta attenzione al territorio metropolitano, ma ha teorizzato una contraria direzione di marcia: si rammenta, a pochi metri dall’ascensione, per liquidare l’incombenza, quel «città metropolitana? io sono sindaca di Roma» (almeno così riportarono le cronache).
Tutto confermato dalla qualità del Raggi-governo dopo la defenestrazione di Fabio Fucci, il sindaco grillino di Pomezia, nominato vice all’indomani della sua elezione. Revocato per beghe interne al movimento 5stelle il 3 gennaio 2018, solo il 25 giugno 2019 viene sostituito dalla Zotta, un anno e mezzo dopo. Una vacatio mai spiegata, giustificata, come se ai cittadini della provincia non fosse dovuto nulla. Con l’aggiunta della silenziosa correità del quadro dirigente dei 5stelle (romano, laziale, provinciale), il suo partito. Mutismo indispensabile per coprire la rilevante gravità dello sgarbo politico all’istituzione.
OBIETTIVO, LE ELEZIONI. Ora, con la nomina della Zotta, Virginia Raggi ha inteso sanare il vulnus. In apparenza. Perché, nella pratica, l’intenzione è quella di (ri)annettere al Campidoglio la rappresentanza extracapitolina. Fa fede la novità totale: la vice non proviene da un Comune della provincia, ossia dell’area che dovrebbe amministrare, come sempre in precedenza. Il primo fu Mauro Alessandri (attuale assessore ai Lavori pubblici della Regione Lazio), sindaco di Monterotondo, vice di Ignazio Marino; poi, come detto, Fabio Fucci, sindaco di Pomezia.
Motivo? Le elezioni tra meno di due anni. Da affrontare con l’ausilio di una squadra di fedelissimi. Perché, a «bocce ferme», Virginia Raggi non può certamente presentare ai romani un rendiconto positivo. A cominciare dall’Atac (dopo gli autobus in fiamme e le scale (im)mobili delle metro ora s’è aperto anche il procedimento «mense»), per proseguire con i giardini, gli alberi pericolanti, la raccolta della immondizia, i bilanci delle «partecipate», la «storiaccia» dello stadio dei giallorossi (ma non vanno dimenticati né sottovalutati gli sgomberi degli immobili occupati e le persone cacciate in mezzo alla strada).
Trasferita l’elencazione nell’hinterland, la Raggi può annovevare la sconfitta che ha concluso la durissima vertenza con l’Acea sulle captazioni dell’acqua del lago di Bracciano, e quella subita sui rifiuti, colpita e affondata in particolare dal voto contrario al suo orientamento espresso dal Consiglio metropolitano compresi gli stessi 5 stelle (con l’aggiunta del ministro Costa).
Di qui l’effetto sperato con la nomina di Teresa Maria Zotta, a Roma consigliera comunale, presidente della commissione Scuola, oltre al nuovo incarico, «manterrà le sue deleghe al Bilancio, Partecipate, Edilizia Scolastica, Formazione Professionale, Politiche turistiche, culturali, sport e giovanili». Lo scrive la Raggi ed è quantoo si legge su Facebook, augurio vergato dalla sindaca, una sorta di «vai, sei dei nostri». Chissà quando troverà il tempo per transitare in provincia.
Come detto, nel dossier «relazioni territoriali», la Città metropolitana dev’essere riportata a succursale del Campidoglio. Un ambito, come in passato, necessario per «scaricare» pesi ritenuti impropri per una capitale.

Il link del sito della Città metropolitana di Roma

A «Roma-centro» – sede della Raggi – non si vuol evidentemente comprendere che i problemi della città sono quotidianamente aggravati dalle centinaia di migliaia di persone provenienti dalla periferia, dalle 300 mila stimate dall’università «La Sapienza» fino alle 500 mila di altri istituti di ricerca, che utilizzano tutte il sistema viario in entrata e in uscita per studio e cultura, lavoro, sanità, tempo libero. Per non dire del ricorso ai servizi che la capitale è obbligata a erogare (e a pagare) come che sia. O si affronta questo problema con serietà o gli «appesantimenti» della capitale rimarranno tali. Hai voglia a dire «elezioni»
A fronte delle ignorate analisi sul «sistema», Virginia Raggi predilige come si vede il «volatone» in vista del rush elettorale finale (aveva detto che non si sarebbe ripresentata). Veicolo, il rimpasto della giunta capitolina. A meno di due anni dal voto, entrano assessori con il marchio «fedelissimi», in parte nuovi. Pietro Calabrese ai Trasporti al posto della Meleo, Veronica Mammì alle Politiche sociali sostituisce la Baldassarre, Valentina Vivarelli alle Politiche abitative e Patrimonio. La delega alla Semplificazione torna alla Raggi che la somma a quella sui rifiuti. Non una scelta lungimirante. Infatti, per la imminente scadenza, per non consegnare il Campidoglio a Salvini o alla Meloni, si immagini il Pd e il M5s accordarsi sul candidato «civico».
I COMUNI SPARITI. Si dirà che l’argomento c’entra come i cavoli a merenda. Ebbene così non è. Anzi, è l’esempio di quanta attenzione viene prestata a cose extra-Giulio-Cesare. Ordinaria amministrazione che nemmeno richiede investimenti, riunioni, delibere, ordinanze. In mostra, in questa pagina, la carta geografica che sovrasta il sito internet della Città metropolitana. La quale, stando all’illustrazione, comprende solamente quattro città della provincia romana. Che però si compone di 121 Comuni. Nella riproduzione c’è Roma (ci mancherebbe!), Civitavecchia con altre località costiere, e Tivoli. Nessuna traccia degli altri 115 enti locali. Commenti? Meglio evitare.