di TOMMASO VERGA
UNA RELAZIONE INTRODUTTIVA, una platea numerosa (posti in piedi; nella lingua d’importazione si sarebbe detto sold out), una presidenza «titolata», il dibattito, a volte spigoloso: tutto come usava una volta. Così l’incontro promosso dalla Cgil all’hotel «Imperatore Adriano» di Villanova di Guidonia, il 7 novembre. Un appuntamento fondato sul binario “caratteristiche del «nuovo ospedale tiburtino» coniugate con il «senso politico» dell’opera”, paradigma della possibilità di un ritorno all’elaborazione di proposte e di soluzioni per la crescita dell’area a est della capitale, un tempo appellata «Tiburtina Valley». Il tutto sostenuto da valutazioni e riferimenti puntuali.
Chi ha partecipato ha così evitato la stima «a occhio&croce» dei contenuti del progetto (e degli impegni assunti ai diversi livelli, a cominciare dalla Regione Lazio). Gli assenti hanno ripiegato sulla sommarietà, sfociata inevitabilmente sulla prevalenza di «quel che presumo» su «quel che dev’essere».
Perché, per la prima volta dopo un tempo non breve, di calendari senza annotazioni né soggetti, sfogliati e cessati, un incontro ha proposto la «bella copia» di un argomento, il futuro ospedale tiburtino, includendo le proprietà «dimensionali» e «fisiche». Contenute, come sottolineato, nella relazione introduttiva. Di Luigi Cocumazzo, segretario della Cgil Roma Est e Valle dell’Aniene. Il quale, appunto, non ha lesinato dettagli sulle particolarità del disegno né osservazioni critiche intese ad evitare errori di valutazione quantitativa sin dalla progettazione. Che, secondo il sindacato, dovrebbe puntare su un nosocomio dalle capacità di 300-350 posti contro i 250 previsti dalla Regione Lazio.
LA FATTIBILITA’ E IL FINANZIAMENTO – «L’area localizzata per il nuovo ospedale – ha esordito Luigi Cocumazzo – è compresa tra via Cesurni e la strada Martellona ai confini dei comuni di Tivoli, Guidonia Montecelio e Roma, è attraversata dalla A1, dista pochi metri dalla stazione ferroviaria di Tivoli Terme, è distante circa 3 km dai caselli autostradali di Tivoli e di Guidonia». Sul terreno – circa 22 ettari, di proprietà dell’Asl Roma 5 (quindi non soggetto alle procedure di esproprio), privo di vincoli, libero da edificazioni – è stata effettuata la verifica così come risulta già in corso lo studio di fattibilità della stessa Azienda sanitaria. Quanto al finanziamento, la Regione Lazio ha reso disponibili 76 milioni di euro, già inscritti tra le opere pubbliche disciplinate dall’assessorato regionale alla Sanità. Come dire, le premesse giocano tutte a favore del progetto. Non solo «rose e fiori», perché preoccupa la scarsa funzionalità delle condizioni (attuali) del comprensorio messe in relazione con il nuovo ospedale tiburtino.
A gennaio di quest’anno – riporta la relazione di Cocumazzo – la porzione della città metropolitana «bacino teorico di riferimento» del servizio era pari a 350.000 unità. Che potrebbero crescere, perché si parla di «un ospedale di eccellenza, tecnologicamente innovativo, che sarà quindi molto più attrattivo». Il quesito: come l’indispensabile facilità di accesso potrà trovare corrispondenza con il sistema stradale e circolatorio?
Si consideri che il versante est della città metropolitana capitolina è «cliente fisso» dei resoconti sul traffico delle all news televisive; né l’A24 costituisce un’alternativa al «normale» sistema viario; d’altronde, uno dei principali gap dell’ospedale di Tivoli è dovuto proprio alla difficoltà di raggiungerlo, il che rende preferibile dirigersi verso Roma, con gli effetti negativi che inoltre ricadono sul bilancio della Rm5 in termini di mobilità passiva. Di qui, l’elencazione delle «note dolenti», relative «alla mobilità e all’assetto del territorio circostante».
IL RADDOPPIO DELLA TIBURTINA PER 3 KM – Mentre da una parte la Cgil offriva una piattaforma per analizzare conmpiutamente la «qualità dello sviluppo», per altra non mancano paradossi. Nel mese di agosto sono iniziati i lavori per il raddoppio della Tiburtina nel tratto «extraurbano», dal Car – i mercati generali di Setteville – ad Albuccione. 3 chilometri e 200 metri, con il termine distante un chilometro dal futuro ospedale così come dalla stazione del treno metropolitano di Tivoli Terme. Tutto dovuto a una programmazione inqualificabile (nessuno ha pensato alla revisione sin dalle fondamenta delle modalità d’approccio d’un piano risalente alla delibera 1520/49 della Provincia di Roma del 31 dicembre 2009, confluito nel Prusst, superato abbondantemente dalle radicali trasformazioni avvenute nel territorio attraversato dalla ex statale in questi dieci anni).
Tanto che l’opera viaria, per il lato est, si direbbe costruita su misura per il centro commerciale e per la «lottizzazione Santarelli» (5mila nuovi residenti a Guidonia Montecelio, sulla collina dell’ex Pista d’oro), mentre per l’altro risponde all’auspicato piano di espansione dello stesso Car, un investimento di 200 milioni nel triennio 2010-2022 già deliberato. Si realizzerebbe così l’atteso da decenni trasferimento di carne e fiori da Quarticciolo e Trionfale, insieme all’avvio di altre attività (la cottura). Però sono necessari altri 60.000 metri quadrati a ridosso dell’attuale struttura. Nuovo terreno, richiesto alla Asl, ma del quale si ignora se la vendita sia andata o meno a buon fine. Nei corridoi del Campidoglio (azionista del Car) si parla di un esito non soddisfacente.
IL CAR INVESTE 200 MILIONI – Nonostante si tratti di un piano di grandissimo rilievo, Giuseppe Quintavalle, il commissario straordinario della Rm5 da quasi due anni, non ha speso parola nel suo intervento nell’assemblea promossa dalla Cgil. Va detto che, a disegno compiuto, il polo agroalimentare di Guidonia Montecelio si allineerà ai principali player internazionali.
Una questione apparentemente distante dal disegno «ospedale tiburtino». Mentre invece si integra perfettamente con il pensiero della Cgil sul comprensorio. Al punto che, nelle conclusioni, Cocumazzo non a caso si è richiamato «al patto per lo sviluppo sottoscritto nel gennaio 2018 da Comuni, sindacati, Regione e associazioni di impresa. Qui dovremo riprendere il confronto, ci sono molte parti ancora non attuate.
«Quel patto ha tracciato le direttrici di una idea coerente di crescita di questo territorio. Non solo una proposta di sviluppo, ma anche di migliore vivibilità: nel patto viene richiamato il diritto alla salute con proposte di integrazione dell’assistenza domiciliare, con l’implementazione degli interventi sanitari e socio-sanitari, con la tele-medicina e la creazione dell’elisoccorso, come pure la creazione delle case della salute. Impegni che dovranno essere mantenuti» ha concluso il segretario della Cgil.
Secondo il quale, necessita «un grande impegno, non solo economico, ma anche progettuale, realizzativo e dal forte impatto territoriale. Per questo sarà importante coinvolgere le università, i centri di ricerca e tutti i soggetti che possono dare un contributo». Un’«apertura», quella del segretario della Cgil, che ha introdotto ragioni di approfondimento su altri due piani interdipendenti dal tema-ospedale: l’incremento delle attività di manutenzione e di servizio con i benefici che ne verranno per il territorio; le opportunità di crescita professionale per gli addetti, in particolare i medici specialisti, «categoria» numericamente insufficiente non appena usciti da Roma.
A chiusura dell’introduzione, Luigi Cocumazzo ha proposto che il nuovo ospedale tiburtino venga intitolato a Enrico Berlinguer: «Sul ‘limite’ della Tiburtina c’è il “Sandro Pertini”: significherebbe accostare un grande italiano a un altro grande italiano». L’unanimità degli applausi ha suggellato il favorevole accoglimento della proposta.
LO SFRATTO PER GLI “ABUSIVI” DI ALBUCCIONE? Senza soffermarsi sull’ospedale tiburtino, Giuseppe Quintavalle, commissario straordinario della Rm5, ha scelto di illustrare i contenuti della sua presenza a Tivoli, un riepilogo dovuto all’uscita definitiva dall’incarico. Narrazione che ha evitato non soltanto il «caso Car» ma anche quale futuro attende le famiglie che hanno perduto la causa civile (nel processo per usucapione) e quindi condannate a rilasciare i beni dell’ex Pio istituto Santo Spirito: se l’appello confermerà il primo grado, verranno sfrattate?
Tra Quintavalle e Marco Vincenzi, ex sindaco di Tivoli e presidente della commissione Bilancio della Regione Lazio, non sono mancati punzecchiature e toni polemici. Non sui beni dell’ex Pio istituto Santo Spirito. Marco Vincenzi è firmatario delle norme specifiche per Albuccione che permettono alla Asl di alienare i 258 (e non, come s’è detto, 500) ettari di terreno tra libero e occupato. Una deliberazione regionale risalente al 2014 e ignorata. Da tutti i «capi» della Asl di Tivoli. La polemica ha fatto perno sulla gestione propriamente detta della sanità da parte del commissario, in particolare dell’attuale ospedale di Tivoli: il pronto soccorso, la «rotazione dei medici», le tecnologie perennemente annunciate e mancanti.
«Occorre una risonanza magnetica? un’ambulanza con tanto di infermiere ti trasporta dall’ospedale di Tivoli a Guidonia, presso un ambulatorio privato… terminato l’esame, l’automezzo ti riporta a Tivoli» ha detto Vincenzi, citando un fatto personalmente vissuto (altrettanto è accaduto a chi scrive). Episodio francamente sconcertante.
Che non ha modificato lo stato delle cose. Visto che nel testamento di uscita, lo psichiatra Giuseppe Quintavalle lancia un bando di concorso per 17 dirigenti psicologi e due psichiatri, pari alla metà del numero richiesto dall’avviso interessante tutte le aziende sanitarie del Lazio e pubblicato sul Bur del 23 maggio scorso. 19 assunzioni per la Asl Rm5. Nella quale, contemporaneamente, si è deciso che Ortopedia di Colleferro sarà «operativa» mezza giornata a settimana. Lasciti per Giorgio Santonocito, il nuovo direttore generale in carica dal prossimo 18 novembre (accolto con soddisfazione il suo intervento nell’assemblea; apprezzata in particolare la disponibilità mostrata).
GLI SPAZI DEL «VECCHIO» A RECUPERO DELLE LOCAZIONI. A sua volta, Marco Vincenzi ha formulato proposte sul riutilizzo degli spazi lasciati liberi dai servizi che il nuovo ospedale tiburtino sottrarrà al San Giovanni Evangelista («che non verrà chiuso» ha detto). Compresa la sede centrale di via Acquaregna. Soltanto nel perimetro di Tivoli, la Asl costa alle finanze pubbliche 876.574 euro annui di locazioni passive (la somma è relativa al 31 dicembre 2017; mancano aggiornamenti successivi). Ciò per dire che il «vecchio» ospedale potrebbe ospitare tutte le attività «sparse» su Tivoli senza ricadute sull’erario.
Alessio D’Amato, l’assessore regionale alla Sanità, ha principalmente approfondito la vexata quaestio dell’uscita del Lazio dal regime commissariale (ma perché non dire che la sceneggiatura del film «Lazio nell’inferno dei conti» risale ai «buffi» lasciati da Francesco Storace e Renata Polverini, presidenti ex missini della giunta regionale del Lazio?). Mentre Marta Bonafoni, alla Pisana capogruppo della Lista civica per Zingaretti, ha sviluppato i temi introdotti dalla relazione di Luigi Cocumazzo. A sentire, è riecheggiata nel suo dire la tematica centro-periferia, attualizzazione della mai superata a Roma contraddizione città-campagna. Un disequilibrio dimostrato dal fatto che sono dichiarati a rischio estinzione gran parte dei 31 comuni della Valle dell’Aniene. Antinomie che hanno conosciuto un loro particolare incrudelimento dall’avvento del sinora ente inutile «città metropolitana». Argomento per uno specifico, successivo, confronto.
PS.: La polemica Giuseppe Quintavalle-Marco Vincenzi è proseguita questa mattina. Da parte del commissario straordinario della Asl Rm5. Il quale ha pubblicato un post dal titolo «ASLRoma5, inversione di tendenza: da gennaio 2018 ad oggi 589 assunzioni». Nessun confronto con il numero degli «usciti»: turn over, aumento organici, nuovi servizi?
https://www.facebook.com/204772986255210/posts/2679665228765961/