di TOMMASO VERGA
LE «ATTIVITA’ INTEGRATE e complementari di tipo sportivo (golf) e ricettivo in località Tor Mastorta, Loc. Colle Rosa e Loc. La Botte in Comune di Guidonia Montecelio» non sono compatibili con le caratteristiche dell’area. La Via (valutazione di impatto ambientale) all’interno della conferenza dei servizi conterrà quindi il «parere negativo» della sovrintendenza. Archeologica e paesaggistica. Si vuole intervenire su quell’area? Possibile, ma «soltanto ai fini del miglioramento delle attività agricole». Pertanto, «il cambio di destinazione d’uso da agricolo a sportivo – proposto dalla «Agricola cornicolana srl», la ex “Agricola Lieta”, ndr –, appare del tutto incompatibile con tale finalità».
Una «bocciatura pesante» per il sindaco Michel Barbet e per Chiara Amati, assessora all’Urbanistica, sostenitori del progetto. Non ha convinto il ministero dei Beni culturali la possibilità che questo tipo di sviluppo si concili con l’ambiente. E neppure la possibilità, ventilata dal «gruppo Gianni», di rendere disponibili dai 150 ai 200 posti di lavoro. Autrice del piano, l’«Agricola cornicola srl», società della «famiglia Gianni» appunto, proprietaria di poco meno 300 ettari ai confini del Parco regionale archeologico-naturalistico dell’Inviolata. Il progetto prevedeva la realizzazione delle 18 buche regolamentari di un campo da golf in competizione con il «Marco Simone Golf & Country Club» di Lavinia Cigna Biagiotti, erede di Laura. Limitrofe, le strutture destinate ad accogliere i partecipanti ai tornei, dagli antichi casali divenuti foresterie alle nuove edificazioni.
Quanto al resort, si sarebbe trattato di un grande ed elegante complesso turistico che offre ogni genere di servizi (
L’avvio del «procedimento Tor Mastorta» risale al febbraio del 2014 con la firma di un protocollo d’intesa – che definiva il «Polo direzionale» – tra l’amministrazione comunale di Guidonia Montecelio guidata da Eligio Rubeis e l‘“Agricola Lieta Spa” del «gruppo Gianni». In virtù dell’atto si adottò una variante urbanistica. Soluzione finale, la convenzione tra le parti. Negli accordi, si leggeva che «nell’area destinata allo sviluppo del Polo direzionale, di poco superiore a 100 ettari, sarà possibile attrarre investimenti di tipo tematico compatibile dal punto di vista ambientale. Il modello in questo caso è quello dei distretti americani, sviluppati con attività integrate intorno ad un tema principale. Ad esempio lo sport. Nella parte rimanente, il soggetto attuatore, la Agricola Lieta, s’impegna a realizzare una viabilità che non incida con il Parco dell’Inviolata (buona parte dell’area acquisita al patrimonio pubblico ricade all’interno della Riserva), una riqualificazione del patrimonio culturale presente, il riutilizzo del Casale di Tor Mastorta. Nel dettaglio, le cessioni al Comune saranno pari a 86 ettari, di cui 50 ricadenti all’interno della Riserva dell’Inviolata con le strutture preesistenti (casali rurali) per quattromila metri cubi, 6 ettari interesseranno la relativa integrazione dell’infrastruttura viaria, 22 ettari la realizzazione del Parco pubblico della Selciatella e di Tor Mastorta».
Dopo i fatti giudiziari venne la revoca del finanziamento europeo relativo alla mobilità del sistema viario Selciatella-Tor Mastorta, stoppato praticamente all’inizio degli scavi dall’intervento nuovamente della soprintendenza (si ricorderanno gli scheletri delle due donne con la collana d’oro al collo), la quale impedì che su quell’area si realizzasse un gravissimo attentato, culturale e ambientale.
Frutto di una intenzione risalente a un’antica data. Come si può leggere nella lunga premessa, per una parte tutto introduceva al progetto odierno. Da Eligio Rubeis a Michel Barbet. Che l’ha «recuperato» nonostante l’opposizione degli ambientalisti, in particolare del Cra (il Comitato di risanamento ambientale). Per la parte del cosiddetto sviluppo, con questa decisione della sovrintendenza, la possibilità di modificare la natura di quel territorio appare definitivamente compromessa.