di TOMMASO VERGA
QUAL E’ IL GIUDIZIO ADERENTE? Che effetto ne discenderà sulla procedura di rinnovo dell’autorizzazione a scavare richiesta dalla «Str spa», la cava di travertino di Filippo Lippiello, in conseguenza del sopralluogo del 21 febbraio? Come mai l’evento, nonostante le «coccole» che l’hanno preceduto e la commistione di interessi che l’hanno vertebrato, non ha espresso un orientamento univoco? Cosa fare visto che ora di sintesi ne risultano due – ufficialmente, per iscritto –, opposte, una in competizione con l’altra? Il 18 marzo, all’indomani della sentenza del Tar, avevamo scritto Non finisce qui. Ora, dopo l’ispezione del 21 febbraio, c’è il suggello.
LA CRONACA. Il 21 febbraio, guidata da Egidio Santamaria, dirigente del settore cave nel Comune di Guidonia Montecelio, la delegazione composta da vertici e funzionari della Regione Lazio e dello stesso Comune, presenti gli imprenditori titolari, si accosta alla «Str spa». La necessità è dovuta al mancato nulla osta della Pisana alla domanda di rinnovare per 10 anni l’autorizzazione a scavare. La decisione è stata pubblicata sul Burl (il Bollettino ufficiale della Pisana) del 16 ottobre 2018. Su quelle colonne, l’ingegner Flaminia Tosini, direttrice delle Politiche ambientali e del ciclo dei rifiuti della Regione Lazio, motivava la risposta «con il mancato superamento a motivo della omessa presentazione da parte della società odierna ricorrente della precedente autorizzazione paesaggistica».
Allora? Allora si decide di riesaminare il tutto. Il 21 febbraio. Ne va di mezzo la continuità produttiva e qualche decina di posti di lavoro. Motivi che sostengono la nuova ispezione dello scavo. L’appuntamento è promosso dall’«Area valorizzazione georisorse» della Regione Lazio, su richiesta avanzata il 5 febbraio dal settore cave del Comune di Guidonia Montecelio. Si torna a Egidio Santamaria.
Precisazione: le modalità dell’ispezione obbediscono alla «regola» del «si è sempre fatto così»: i presenti danno un’occhiata e si stila il verbale. Tutte le parti convengono. Fanno fede le firme. Strumenti? Neanche a parlarne. A meno che per tali non si intenda la presentazione quello stesso giorno della tavola «Confronto stato dei luoghi e stato attuale dicembre 2019», autore Nicola Martino, e «sottoscritta dal rappresentante legale di “Str”». Ai partecipanti va bene, non risultano eccezioni (semmai la critica del metodo si ritrova in un vecchio verbale del 2018 stilato da Paola Piseddu, all’epoca dirigente del settore cave del Comune: successivamente impedita a eseguire il sopralluogo strumentale come avrebbe voluto, perché trasferita al Commercio).
Per dirla tutta. Ad alcuni cronisti non dovrebbe sfuggire la possibilità di suggerire al Comune di Guidonia Montecelio l’utilizzo del sopralluogo del 21 febbraio qualora volesse ricorrere contro la sentenza del Tar resa nota il 17 marzo. Un’azione «fatta con i piedi» non cambia se cambiano i piedi.
E se l’ingegner Flaminia Tosini fosse in «conflitto di interessi»?
Oggetto del sopralluogo: «(…) Lavori di coltivazione e di recupero ambientale della cava di travertino (…) “Str spa»”. Nel merito, il «verbale» consta di tre paginette prive di intestazione, da considerare comunque ufficiali viste le firme (ampia la giuria: Filippo Lattanzi, Valentino Di Giovanni, Nicola Martino, Vanda Martelli, Andrea Guarino per la «Str spa»; Egidio Santamaria e Paolo Sperandio per il Comune di Guidonia Montecelio; Alberto Orazi, Vincenzo Manzo, Flaminia Tosini per la Regione Lazio).
Una lista, che, sostanzialmente, trova distinzioni (nemmeno così distanti) soltanto sul ritombamento della cava. Nell’istanza di rinnovo dell’autorizzazione a scavare – si legge –, la «Str spa» ha valutato «in 1.800.000 mc il materiale necessario da reperire all’esterno»; il Comune di Guidonia fa presente che «allo stato non ha univoca evidenza della possibilità di reperire il materiale occorrente per il recupero»; la Regione infine, la quale «fa presente che trattasi di verifica parziale (…) e pertanto il recupero ambientale dovrebbe avvenire a fine coltivazione o contestualmente, laddove la coltivazione sia conclusa». Schermaglie. Concluse dalla comune constatazione che «i lavori estrattivi eseguiti (…) sono risultati conformi a quelle previste negli atti autorizzatori nonché alle previsioni progettuali di cui all’atto di autorizzazione».
Ma come di solito, specie nelle carte ufficiali, in cauda venenum («il veleno sta in coda»): «Viene rammentato – a chi? trattandosi di ultraesperti dell’argomento si direbbe più che altro l’invio di un «segnale» – che è in corso un procedimento di Valutazione di impatto ambientale per il rinnovo dell’autorizzazione della cava in questione. Tale procedimento è attualmente sospeso, tra l’altro anche per le verifiche di cui al presente verbale». Ancora: «In tale procedimento dovrà essere chiarito e definito l’aspetto relativo ai materiali di recupero».
Non tanto la inusuale partecipazione ma principalmente la firma provoca perplessità sulla opportunità della presenza di Flaminia Tosini. Perché dovrà essere lei a reimpostare la Via (la valutazione di impatto ambientale) e di conseguenza decidere se rilasciare o meno l’autorizzazione a proseguire l’attività della «Str spa».
Il «colpo di scena» del verbale («riservato?») di Egidio Santamaria
Ammesso non si intenda considerare inconciliabili con le funzioni di Flaminia Tosini gli aspetti descritti dal verbale (come mostrerebbero, unanimi, le firme dei presenti), ecco che avanza il secondo rendiconto, distinto e diverso dal primo, a firma Egidio Santamaria e Paolo Sperandio – i rappresentanti del Comune di Guidonia Montecelio nella «giuria» –, atto che per le osservazioni richiede un giudizio di merito estraneo all’atmosfera che si è creata attorno alla cava.
Tre i punti particolarmente evidenziati dal dirigente il «settore cave» del municipio:
1) La cava attualmente viene coltivata in regime di prorogatio in assenza della polizza fideiussoria. Il Comune ha concesso 60 gg per ottenere le garanzie di legge, in mancanza si procederà alla sospensione dell’attività e della relativa autorizzazione;
2) Con riferimento al rinnovo, giusta istanza del 5 agosto 2016, depositato al protocollo dell’Ente al n. 72450, quest’ultimo risulta senza il nulla osta della soprintendenza e della debita autorizzazione paesaggistica, in violazione dell’art. 146 del d.lgs 42/2004;
3) allo stato attuale, come si evince dal verbale del 21 gennaio 2020 (ossia del giorno stesso, ndr), non vi è la terra necessaria per il tombamento, per probabili 1.800.000 mc così come dichiarato dal cavatore.
Tutti e tre capitoli del “processo autorizzativo”, solo in parte affrontati nel sopralluogo. Del materiale necessario al tombamento s’è detto. Ma soltanto per la quantità; rinviati i quesiti sulle «qualità» (terra?; travertino di scarto?; residui di lavorazioni edilizie?; di movimenti tellurici?). Sulla fideiussione, in sede di verbale, la Regione aveva dichiarato di non «dover intervenire, in quanto l’art. 16 è unicamente riferito alla verifica delle opere realizzate rispetto a quelle previste». Sarà pur vero, ma ci si chiede a quale formula avrebbe fatto ricorso la Tosini – vertice delle politiche ambientali della Pisana – se si fosse trovata in presenza di qualche intervento, qualche sbrego non esattamente coerente con la difesa dell’ambiente. Per evitare equivoci, non si parla di «danno ambientale».
Da ultimo, il «nulla osta della soprintendenza e della debita autorizzazione paesaggistica», argomento del quale non si rinviene traccia nell’ispezione all’«Str spa». Eppure si tratta del motivo – dell’unico motivo – che il 16 ottobre 2018 ha cancellato dall’agenda della Regione la procedura di Via-valutazione di impatto ambientale, così decidendo per il definitivo «no» all’autorizzazione.
Tombamento, fideiussioni, ambiente: Michel Barbet da che parte sta?
Dopo le polizze assicurative e il tipo di materiale utilizzabile per il ritombamento, si tratta del terzo «non dire» su tre argomenti. Sarà pur vero che le procedure debbono obbedire a pastoie burocratiche – tipo: l’art. 16 non lo prevede –, ma è un fatto che un iter come quello dell’«autorizzazione Str spa», iniziato nel 2016, non può prolungarsi sine die, senza limiti, ininfluenti le necessità produttive o/e la salvaguardia dei luoghi.
Non interessa qui approfondire le ragioni per cui il sindaco e la giunta rispondenti alla «lista civica» del Comune di Guidonia Montecelio hanno inteso pubblicamente riformulare la loro totale inaffidabilità (non solo verso il settore delle cave e l’ingegner Lippiello). Ritombamento, fideiussioni, ambiente: sono argomenti sui quali necessita che Michel Barbet rassicuri l’apparato produttivo e i cittadini amministrati. Ne va di mezzo la tenuta della città. Ecco: il sindaco da che parte sta? Qual è il «suo» sopralluogo? La sua firma è nel verbale ufficiale oppure nel «non verbale» (riservato) di Egidio Santamaria?
Al termine del quale (come si legge), se necessario, si chiede di fornirne copia all’avvocato Luigi Leoncilli, difensore ripudiato dal Comune nella causa davanti al Tar. Sappiamo come è andata, non sarebbe servito. Perché la presidente ha rifiutato di ammettere alla discussione del 26 febbraio il verbale ufficiale come richiesto dall’avvocato Andrea Guarini, difensore della «Str spa». Peccato. Ci si è persi il confronto all’insegna del «verbale mio è più verbale del tuo». Naturalmente, si sarebbe trattato di uno scontro a colpi di pezzi di carta. Che però ci avrebbe evitato i pressapochismi del momento…
Ps.: Una richiesta: Michel Barbet può chiarire che fine ha fatto il sopralluogo sul travertivo affidato in outsourcing e del quale sarebbe importante (e opportuno…) conoscere il risultato?