Non regge la prova un vecchio partito padronale ‘riverniciato’

Premessa: le elezioni sono finite, i sindaci e le assemblee sono stati eletti, il capitolo successivo si intitola ‘governare’. Compito non facile per aspetti oggettivi – crisi economica, ‘tagli’, patto di stabilità e quant’altro –, ma anche per motivi ‘soggettivi’. Che riguardano le coalizioni vincenti (i tramestii interni ai partiti) e le minoranze (quando attratte dalla propaganda più che dalle funzioni di controllo o portatrici di proposte alternative credibili). A entrambi va rammentato che in lista d’attesa ci sono cittadini che comunque attendono indicazioni e risposte dai loro Comuni. Che non sempre vengono. Spesso proprio per le ragioni indicate.

Di seguito, le valutazioni dei risultati a Tivoli e a Guidonia Montecelio del Partito democratico. A seguire, da domani, Forza Italia e centrodestra; quindi, il Movimento 5stelle.

 

L’ASPETTATIVA TRADITA PER UN PD ‘RENZIANO’

Elezioni amministrative e ballottaggi. Un risultato che – al netto di ogni altra successiva e distinta considerazione politica – segna la sconfitta inappellabile dei due ‘padroni’ del Pd locale: Marco Vincenzi a Tivoli, Domenico De Vincenzi a Guidonia Montecelio. ‘Padroni’ del Pd perché la concezione della politica li trova assolutamente equivalenti: tutto si compendia nel ricavato personale e della loro cerchia.

L’esito va oltre i numeri. ‘Renziani’ entrambi, cadono in un precipizio proprio nel momento in cui il leader del loro partito arriva al massimo dei consensi (inciso: fino ad ora). A dimostrazione che fregiarsi di un’etichetta, assumere atteggiamenti spregiudicati, contraddire quanto sino ad allora propalato, spendere fiumi di parole per indicare traguardi mirabolanti non ‘incanta’ più.

Non l’opinione pubblica, non in particolare la ‘borghesia riflessiva’ ossatura del centrosinistra. Avrà un senso se il Pd vince ampiamente le Europee a Guidonia (ma con uno scarto di otto punti rispetto al dato nazionale) e a Tivoli, ma perde ampiamente le amministrative, a Guidonia e a Tivoli. Effetti di un voto ‘disgiunto’, giudizio di un elettorato che si riconosce nel leader maximo ma si tiene a debita distanza dai disinvolti e incredibili leaderini minimi.

 

A Tivoli il capolavoro di un Pd che ha voluto evitare le ‘primarie’

Qualche osservazione. A Tivoli, durante un meeting elettorale Marco Vincenzi annuncia la candidatura a sindaco di Manuela Chioccia. Non un grande servizio perché, oltre a sminuire la statura della persona – che nell’agone elettorale non risulterà un cappello poggiato sullo scranno del ‘capo’ –, crea le premesse dell’8 giugno, visto che il Pd decide ogni candidatura attraverso le primarie. Le primarie? Accuratamente e attivamente evitate. Risultato-capolavoro: tre candidati di centrosinistra (Proietti, Chioccia e Iannilli) in competizione fra loro. Una contesa che allarga il ‘partito dei controvincenzi’, e che trova riscontro sia nell’esito ‘parziale’ (l’oltre 7% di Massimiliano Iannilli) che in quello finale (Giuseppe Proietti sindaco; soltanto due i ‘vincenziani’ eletti in Consiglio comunale). Con le ‘primarie’, Chioccia e Iannilli sarebbero stati nella medesima lista, il risultato conseguente.

 

Proietti sindaco di una città con enormi problemi

In molti si chiedono ora come sarà possibile governare Tivoli. Per due versi. Come riuscirà Giuseppe Proietti a tenere insieme Sinistra, Casa Pound, Verdi, la miriade di liste locali che lo hanno sostenuto; a risolvere i problemi enormi che la città ha di fronte, dal ciclo dei rifiuti a Tivoli Forma, dalla privatizzazione delle Terme alla questione dei ‘derivati’ fino alla ‘Nathan’ (a proposito: Manuela Chioccia ha detto e ribadito che la sua famiglia non ha più interessi nella lottizzazione; vero; ma se parlassimo di indotto…). Per non dire del bilancio, della evasione altissima nella fiscalità locale, delle risorse allo stremo. A chi, nei partiti di minoranza, scaramanticamente (Renzi direbbe ‘gufa’) auspica il flop del nuovo eletto, va suggerito il silenzio, la pausa, la riflessione, l’esame di coscienza. Potrebbe scoprire che non si chiama Proietti l’autore (e nemmeno il partecipe) di questa drammatica condizione…

Nella partita elettorale, Marco Vincenzi ha scelto di indossare gli abiti del capogruppo Pd che aiuta Tivoli attraverso l’apporto della Regione Lazio. Ora che i tiburtini lo hanno ‘tradito’, si vedrà. Interrogativo indirizzato anche a Nicola Zingaretti, alle prese con una sconfitta nelle tre (Civitavecchia inclusa) delle città più importanti e strategiche della pianificazione regionale.

 

A Guidonia Montecelio il Pd ricorre a ‘insert coin’

Veniamo a Guidonia Montecelio. Dove gli elettori hanno confermato Eligio Rubeis. E’ la prima volta che un sindaco riesce nell’intento di raddoppiare il mandato. Non fu così neanche per Ezio Cerqua (e i protagonisti ora Pd dell’8 giugno conoscono tutti i retroscena di una consiliatura-Vietnam). Oltretutto, sino ad oggi, nessun sindaco di centrodestra aveva portato a compimento la consiliatura, nemmeno a Tivoli.

L’investitura di Domenico De Vincenzi è passata per le ‘primarie’. Alle quali ha preso parte l’Udc. Tutti immemori della mediocrità dell’accordo di 5 anni fa, e della sconfessione della coalizione da parte di Michele Pagano, allora candidato sindaco del centrosinistra, che all’esordio su un provvedimento urbanistico si schierò con il centrodestra. L’Udc ci ha riprovato, alle primarie ha proposto Valelli, con il silenzio-assenso del Partito democratico e degli altri. Mentre in tutto il Paese la buona politica contrasta l’invadenza delle slot mangiasoldi-distruggifamiglie, Guidonia segna un punto a favore: il centrosinistra non è riuscito a far eleggere sindaco né consigliere comunale un gestore di mega-sale da gioco (nelle quali svolge il congresso Antonio Di Pietro).

Univoche le sfaccettature della campagna elettorale di De Vincenzi. Annunci su annunci. L’esordio nei panni del ‘rottamatore’ (dopo circa 40 anni passati in Consiglio comunale, vicesindaco, assessore, eccetera: chissà se ha qualche responsabilità per le condizioni di Guidonia) seguito dal reddito di cittadinanza, in un crescendo comprendente l’inverosimile e parodistico ‘Smonto il Tmb’ (“ma che s’inventa? e che è suo?”: ascoltata in un bar), concluso con l’sos richiesto al Movimento 5stelle di sostegno al ballottaggio.

In un soprassalto di dignità – e per il bene della città – la storia dovrebbe concludersi qui. La personale assieme a quella di un partito mai nato, inesistente già nella forma, autoreferenziale, la cui preoccupazione unica è stata quella di litigare tra ‘correnti’. Che non ha espresso disagio, qualche forma di disgusto, un sussulto, una valutazione almeno, neppure all’esplodere della ‘parentopoli Atac’. Ne hanno parlato e scritto tutti, giornali nazionali e tv, ma dall’interno non un volantino, un’assemblea, un comunicato stampa… nulla di nulla. Eppure, sedevano nello stesso Consiglio comunale ristoratori e clientes della maggioranza partecipanti all’abboffata bertucciana della municipalizzata romana.

Un partito che, ‘correnti’ tutte d’accordo, si convoca a congresso dalle 9 alle 12 d’una domenica mattina, il 3 novembre 2013, omettendo di annunciarlo. Un sopravvenuto rimpianto per i congressi del Pci clandestino forse (ma allora dovevano invitare gli Stormy Six). Un partito che non ha mai svolto un’assemblea pubblica, ripiegato su un gruppo consiliare che nella passata consiliatura ha cambiato tre-quattro volte capogruppo. E non per la rotazione copyright 5stelle.

Last but not least, l’appalto per la raccolta differenziata aggiudicato all’Aimeri dei fratelli Biancamano (con sede a Cipro): nessun interrogativo su quali relazioni passassero tra costoro e Marcello Dell’Utri. In una città da tempo immemore sottoposta al giogo mafioso.

 

Contro il Tmb; evviva il Tmb

In campagna elettorale tra Vincenzi e De Vincenzi c’è stato anche qualche sgambetto. All’insegna del ‘ne resterà uno solo’. Un mese fa, proprio mentre il candidato sindaco affiggeva manifesti multilingue contro il Tmb (anche in siriano, per mostrare l’avvenuta conversione), il capogruppo regionale lanciava un comunicato-stampa plaudente: “Con l’avvio del Tmb all’Inviolata si mette finalmente un punto fermo alla gestione dei rifiuti”. Ingessato nel blazer istituzionale di ‘presidente del Cral della Asl’ l’altro non ha replicato. Occasione persa: “Bene, plaudo anch’io al Tmb – avrebbe potuto dire –, purché, in ossequio al principio della comune responsabilità, la discarica di servizio venga realizzata a Tivoli, a 5 minuti di distanza, casello-casello, dall’Inviolata”.

Infine, l’aspetto più macroscopico, strutturale, che salda organicamente i due ex alfieri del Pd. Non ci si aspettava un’analisi, ma nei loro programmi si evita accuratamente qualsiasi cenno ai ‘poteri forti’, al ‘partito trasversale’ (in realtà sono più, ma uno è dominante) che a Tivoli e a Guidonia dirigono le scelte (persino interne ai partiti) e, di conseguenza, condizionano la vita dei cittadini.

Ignorati i patrimoni spuntati dal nulla, gli arricchiti dalle rendite finanziarie, i palazzinari manipolatori delle ‘varianti’, i beneficiati dal rapporto subordinato della sanità pubblica con la privata. Omissione totale su quanto – ancora – determina la mafia (che non ha abbandonato l’osso. Se ne continuerà a scrivere). Chissà cos’è un ‘codice’ degli appalti…

Libro dei sogni? Non proprio. Anzi. Si può fare, il tempo c’è, servono coraggio e la voglia. Una nuova sfida che chiama a raccolta i cittadini. Solo i cittadini. Quelli che il primo passo l’hanno compiuto: la zona è ‘devincenzializzata’.