di TOMMASO VERGA
LA NOTIZIA RISALE A fine marzo: mezza tonnellata di cocaina e 24 chilogrammi di marijuana (foto sopra) dissepolti in un agrumeto appartenente al clan Molè, la potente famiglia di ‘ndrangheta di Gioia Tauro. Arrestato Rocco, 25 anni, figlio dell’ergastolano Girolamo “Mommo”, 59 anni, il capo dell’omonima ‘ndrina, tra le più influenti della regione. Per memoria, i Molè erano alleati con gli Strangio, i ‘ndranghetisti di San Luca protagonisti della strage di ferragosto del 2007 a Duisburg, in Germania.
L’inevitabile obiezione: si tratta di fatti accaduti in Calabria, a 650 chilometri da Roma. L’unico motivo al quale dare ragione. Al quale però si contrappone la replica che l’incipit è volutamente strumentale, utile a riannodare le gesta di un’organizzazione criminale della quale nell’area tiburtina si conoscono ampiamente le gesta. Perché quella dei Molè è la ‘ndrina che scelse la provincia a est di Roma – il teatro Tivoli-Guidonia Montecelio – quale base per un progetto di espansione nel mercato romano degli stupefacenti. Qualora necessitasse l’«aiutino», si ricorda in proposito l’operazione coercitiva della Dia (la Direzione distrettuale antimafia), diretta dal (nuovo) procuratore della Repubblica di Roma Michele Prestipino, che passò alle cronache come «Tivoli silentes». Era l’8 marzo del 2018.
Tutto ciò per dire che l’azione delle bande di mafia e/o criminali viene repressa soltanto dalle forze dell’ordine. Ad arrestarla, non servono certo i decreti del presidente del Consiglio. Semmai ne approfittano.

Francesco Menditto, a capo della procura della Repubblica di Tivoli

Come rileva Francesco Menditto, procuratore della Repubblica di Tivoli, in una dichiarazione all’agenzia «Nova», ci troviamo in una «fase storica “anestetizzata” dal coronavirus. Il timore diffuso è che si stiano commettendo sottotraccia reati di cui si saprà solo ad emergenza finita».
Perché «questa fase favorisce il fenomeno dell’usura – sottolinea Menditto –. Il resto delle attività criminali, come tutto, è contenuto dalle difficoltà negli spostamenti ed è evidente che appena ci sarà riapertura riesploderanno. Dallo spaccio al furto, fino alle rapine. Inoltre, la preoccupazione si concentra anche sulla possibile improvvisa recrudescenza di reati non appena le restrizioni termineranno».
Usura derivante dalla crisi di liquidità delle imprese come evidenzia il dipartimento della polizia di Stato: «La crisi attuale è portatrice di un deficit di liquidità, di una profonda rimodulazione del mercato del lavoro, del conseguente afflusso di ingenti finanziamenti pubblici nazionali e comunitari». Di conseguenza, si moltiplicheranno i «tentativi di reclutamento» degli imprenditori, le offerte dei mafiosi di liquidità a tassi di usura: le proposte di finanziamenti illeciti arriveranno a pioggia».
Nell’area est della provincia di Roma, superato il raccordo anulare, a parte la mezza dozzina di grandi fabbriche sulle quali può agire soltanto il capitale d’assalto o perché quotate in Borsa, o per le dimensioni o per la proprietà parapubblica – Alenia, Unicem, Trelleborg, Elettronica, Merck Serono, Vitrociset, i mercati generali, il Grand Hotel Duca d’Este, l’Ihg, il Gruppo Ini –, la realtà più “corposa” è formata da aziende di piccole-medie dimensioni, «mercato» ideale per le operazioni di usura. O distribuite in distretti (è il caso del travertino) o in aree destinate alle attività produttive. Come a Tivoli (Pontelucano e Tivoli Terme) e a Guidonia Montecelio (i due Pip di Tavernelle e Santa Sinforosa). Il tutto accompagnato da una tessuto commerciale che – nonostante i super e gli ipermercati – resiste tuttora, con il negozio di alimentari e/o di abbigliamento.
L’epidemia di Coronavis ha creato sicuramente problemi al limite della sopravvivenza per gran parte delle attività elencate. Qui può «pescare» a mani basse l’imprenditoria mafiosa. Il veicolo preferito, quello, appunto, dell’usura.  Funzionale inoltre per l’acquisto delle stesse attività. Delle minori in specie, di prossimità, di vicinato. Non solo commercio. A finire «sotto scacco» possono essere l’artigianato, le imprese di pulizia, delle manutenzioni, dei trasporti, dell’indotto produttivo. Ai quali si deve aggiungere la ristorazione (decisamente incomprensibile il rinvio delle «riaperture»: stando al buon senso sarebbe stato sufficiente dettare norme stringenti – in particolare sulla distanza sociale degli avventori – affidandone ai titolari il controllo, per fare in modo di riavviare uno dei comparti di maggiore interesse anche per l’economia).

Una «Consulta sullo stato dell’economia» Tivoli-Guidonia Montecelio
La prospettiva dell’area a est della Capitale successivamente al Covid-19

A fronte di una elencazione che illustra numeri elevatissimi quanto a prodotto, reddito e occupazione, non si può non registrare la totale assenza degli enti locali: a Tivoli manca addirittura un assessore alle Attività produttive (però c’è un assessorato: sulla targa); a Guidonia Montecelio della materia è incaricato l’assessore al Personale. Il che sta a indicare che i sindaci, Giuseppe Proietti e Michel Barbet – due senza partito; nessun errore: semplice traduzione –, intendono l’imprenditoria a livello di mero assolvimento di pratiche burocratiche, mentre, specie in questo momento, quel che necessita è la «politica».
Che dovrebbe immediatamente impegnarsi nella formazione di una «Consulta sullo stato dell’economia», organismo intercomunale nel quale far convergere rappresentanti delle categorie – artigianato, produzione, commercio, turismo –. Una sorta di “confederazione interprofessionale locale”, in grado di intervenire nell’immediato onde evitare la chiusura di tante aziende come recitano le previsioni. E di evitare la compravendita delle attività proprio attraverso il ricorso ai «cravattari» e all’usura.
Si ricorderà, a inizio novembre del 2018, poco più d’un anno fa, l’arresto di Antonio Di Silvio da parte dei carabinieri di Tivoli Terme. I quali salvarono inoltre dal suicidio il commerciante strozzato dagli interessi d’usura prossimi al 90 per cento addebitati dal sinti abruzzese imparentato con i Casamonica.

Ad individuare soggetti, modalità, aspetti del passaggio da un’economia di mercato «stremata dall’epidemia Covid-19» all’economia di mafia, può aiutare il vademecum (sotto) messo a punto dal Dipartimento di Pubblica sicurezza, guidato da Franco Gabrielli. Il documento – nato al fine di promuovere un’«attività operativa urgente per le questure» e «diramato ai vertici sul territorio come direttiva della Dac (direzione centrale anticrimine)» –, si presta decisamente a una lettura più vasta.
Nel medio periodo, a quella che è crisi di sistema, l’area a est della capitale deve saper contrapporre un organico «piano dello sviluppo» che indirizzi le scelte e i sostegni, per primi finanziari.

Interlocutore, la Regione Lazio. Anche per evitare una distribuzione a pioggia, fuori da ogni prospettiva di crescita e di durata nel tempo. In relazione alla liquidità sarebbe inoltre necessario andare a un confronto con le banche. Alle quali – nel rispetto del «segreto» – proporre un «di più»: la rilevazione e la segnalazione dei movimenti anomali sui conti correnti.
Nessuno può vantarsi di possedere «la ricetta». Specie di fronte a una crisi di sistema come quella che si sta attraversando. Dalla quale si potrà uscire elaborando e accettando forme e scelte diverse da quanto praticato nel passato.

La mafia «reinvestirà flussi significativi di capitale in diversi segmenti del flusso economico e finanziario»: il «manuale» del Dipartimento della pubblica sicurezza

Franco Gabrielli, capo della polizia; sopra, il Pip di «Tavernelle»

Per Franco Gabrielli, capo della polizia, la mafia e le organizzazioni criminali si muovono sulle tracce e le analisi indicate da analisti ben pagati. In questo momento, già al lavoro per individuare le grandi occasioni di profitto conseguenti all’emergenza Covid19.
«PREFIGURARE» LE EVOLUZIONI DI COSA NOSTRA
È diventato necessario «un mirato e specifico sostegno informativo e investigativo» sui «futuri scenari evolutivi della criminalità organizzata». Le mafie sono «solite operare nelle pieghe delle criticità sociali». Lo stanno già facendo intravedere le conseguenze del coronavirus. Del resto il contesto «economico finanziario risulta appetibile». L’obiettivo, «reinvestire flussi significativi di capitali in diversi segmenti del tessuto produttivo e finanziario». Strumento privilegiato, l’usura.
LE FILIERE DELL’APPROVVIGIONAMENTO
I questori devono prestare «particolare attenzione ai settori della filiera agro-alimentare, delle infrastrutture sanitarie, della conseguente gestione di approvigionamenti specie di materiale medico: comparti economici che non hanno mai interrotto la propria operatività». E ancora: nella trappola economico-finanziaria criminale rischiano di cadere «il comparto turistico alberghiero e della ristorazione» ma anche «il controllo dei settori della distribuzione al dettaglio e della piccola e media impresa».
LA «VOCAZIONE ECONOMICA» DEI MAFIOSI
Lo scenario prossimo, dunque, è terreno fertile per l’azione delle associazioni criminali. «La crisi attuale», osserva il dipartimento P.S., sarà «portatrice di un deficit di liquidità, di una profonda rimodulazione del mercato del lavoro, del conseguente afflusso di ingenti finanziamenti pubblici nazionali e comunitari». Di conseguenza i «tentativi di reclutamento» degli imprenditori, avanzati dai mafiosi, si moltiplicheranno. E le proposte di finanziamenti illeciti – leggi: usura – arriveranno a pioggia.
LA MAPPA DELLA CRITICITA’ DEI TERRITORI
Diventa così «opportuno che le squadre mobili» delle questure «si attivino e concorrano subito alla ricerca e l’acquisizione di un patrimonio informativo» mirato a rappresentare «l’attuale realtà economica» ma soprattutto «le sue eventuali imminenti criticità». Serve una mappa per ogni provincia. Scandagliata palmo a palmo. Dove le «zone rosse» sono quelle a più alta densità di contagio mafioso economico finanziario. L’aspetto operativo finale della circolare diventa strategico: definire «modelli investigativi e operativi condivisi con le Autorità giudiziarie».
LE MAFIE FINANZIARIE DEL DARK WEB
La mafia ha saputo «adeguarsi puntualmente» a ogni trasformazione sociale, economia, «geo-politica». Si è adattata «alle nuove piattaforme tecnologiche e comunicative» così come alla «new economy» e ai «diversi scenari finanziari». Sempre sapendo ben «dissimulare la propria natura criminale». E alimentare «sistemi corruttivi-cooptativi » con gli «esponenti della P.a. e amministratori locali».
Tra le attività emergenti la criminalità informatica, che «costituisce un settore che non conosce flessioni e continuano a verificarsi tentativi di furti di identità e di truffa, talvolta anche legati alle esigenze connesse alla situazione emergenziale in atto, così come adescamenti on line e casi di pedofilia. Se registriamo, dunque, una diminuzione dei fenomeni illeciti “di strada”, le autostrade del dark web sono diventate, ancor più, vie privilegiate dalle mafie finanziarie, legate principalmente ai traffici di droga, di armi e di esseri umani. La criminalità organizzata 2.0 investe moltissimo nelle nuove tecnologie, dimostrando di essersi organizzata in anticipo con grande flessibilità per approfittare illecitamente delle nuove opportunità di profitto».